cap. 2 L'andata.





         2)       L’andata. 


La strada è lunga, difficile, spietata, non esiste ritorno e unica resa è la morte.

Per cercare l’inclassificabile bisogna trovare il classificabile e per capire il classificabile bisogna rispolverare lo Stagirita. Aristotele è a torto considerato il filosofo ufficiale della teologia ebreo islamico cristiana, è stato negato da quei pacchisti di Giordano Bruno e Galileo, in realtà la sua logica è esattamente l’opposto. Va riletto esclusivamente dal  sillogismo eliminando ogni interpretazione che viene data dai libri. 

 

                                            Logica pura.


Il sillogismo di Aristotele contempla una proposizione universale o formale come ad esempio: “Tutti gIi uomini ragionano.“ una proposizione singolare o nominale: “Piero ragiona.“ e una proposizione finale: “La forma di Piero è un uomo.”

La finale comprende il nome e la forma e rappresenta la sostanza.

Aristotele usa il sillogismo come strumento di logica per classificare la natura e l‘uomo. Esempio di applicazione: “Se ragiona è umano se non ragiona è bestia.”

Per classificare o nominare abbiamo bisogno di una forma universale da comparare all’inclassificato.

Questo nome è una parola e guardando vediamo che il nome nasce da una convenzione universale, inizialmente tutti gli uomini si mettono d’accordo nel chiamare un tavolo tavolo, una sedia sedia, un bicchiere bicchiere e via di seguito,  un nome alle cose, alle azioni, agli aggettivi ecc.

Dal nome singolare siamo risaliti alla nominalità universale cioè il linguaggio e guardando si vede che questo linguaggio ci è stato tramandato e insegnato da bambini dall’universale che avevamo intorno, in pratica è come se fossimo stati specchiati  a sua immagine esattamente come fece Dio con Adamo nella trasmissione della parola, Dio inteso come universale maggiore, cioè l’umanità.

Questa immagine universale che ci ha specchiati ha riflesso in noi tutti i pregiudizi e le superstizioni che l’umanità si tramanda di generazione in generazione creandoci quello che siamo.

Il processo inverso è già iniziato, sorvoliamo i dettagli, un bel taglio di forbici e ficchiamo il naso sulla disputa degli universali dei teologi medievali continuando con una storiella.

 

 Il bello di stare in cima al trespolo è che si può cagare senza curarsi di chi sta sotto... da quassù si può vedere l’orizzonte estendersi all’alba di domani rimanendo oggi, un voletto, il deserto infocato, la nave di stelle sul mare di scintille, la Sfinge...l’idea è un serpentello tentatore e per dargli corpo passando per una narice entriamo dentro la testa della Sfinge e non veduti guardiamo.

Potremmo dipingere, tanto che importa? un ambiente come la nostra stanzetta,  semplicità comoda ed essenziale e non un angolo trascurato all’arte...dentro ci vive...o ci vivono due mostri, chiamarli mostri è generico, la definizione esatta esiste solo nello yiddish, la lingua ebraica dell’Europa centrale, un dibbuk.

Non è facile descriverlo, sono la parte superiore e quella inferiore di un corpo umano diviso all’addome. Uno, il sopra, cammina con le braccia facendo dondolare il torace e la pancia e con le spalle appuntite sorregge la testa tenendola puntellata alle orecchie. La faccia è mutabile, proteiforme, cambia nome e forma continuamente e in testa ha un cappellino rigido tipo una papalina con sopra un’elica che gira vorticosa. Il naso ha la vaga somiglianza di un cazzetto floscio.

L’altro, il sotto, è praticamente solo gambe ed ha un grosso cazzo con le balle che fanno da pappagorgia al posto della testa.

Usiamo la metafora con molta ironia ma la complessità non scherza.

Non essendoci una forma universale da comparare l’oggetto è inclassificabile, un non essere della forma e quindi va nominato con logica.

Nella disputa degli universali i teologi medievali divisero il sillogismo della logica aristotelica in forma che nega il nome ed in nome che nega la forma.

Il dibbuk è il nome negato e la forma negata, due non esseri, una noforma ed un nonome, per semplificare li chiamiamo l’alto ed il basso e continuiamo a guardare. Nella trasposizione del tempo si azzuffavano ferocemente ma adesso sono tranquilli, l’alto cammina sulle braccia ed il basso lo segue dondolando il cazzone, probabilmente si sentono osservati, inscenano delle figure, il basso solleva il cazzone verticale e l’alto ci sale sopra e se l’infila dal sotto della pancia fino in gola incastrandosi perfettamente al sotto, ora sembrano un corpo solo,  si dividono nuovamente e questa volta è il basso che salta con i piedi sulla testa dell’alto, le braccia faticano a sostenere il peso e le spalle appuntite gli penetrano nelle orecchie facendole fischiare dolorosamente, la faccia paonazza solleva il naso cazzetto come un fischietto di carnevale.

Adesso si vede bene, il o i dibbuk, seduto alla macchina da scrivere, anche loro ci guardano. Siamo quel mostro?…non è così brutto come ci siamo dipinti  o forse è peggio, che importa? continuiamo con logica.

Il dybbuk è una non forma ed un non nome  contemporaneamente, un doppio non essere, il non essere è copertura, un abito, il vestitino con cui l’universale ci vestì da bambini e che con gli anni è cresciuto insieme a noi, quel mostro è il peccato originale.

Dividendo la sostanza aristotelica i teologi formarono due partiti che vivono ancor oggi, la destra e la sinistra. I nominalisti negavano l’universale, esiste la formica ma non esiste il formicaio dicevano in pratica, senza forma l’umanità si frammentò nei nomi, classi e sottoclassi  come oggi è nel sistema occidentale, un universale di nomi la cui forma trascende il corpo negato per trasferirsi ad un ideale esistente solo nella credenza a priori.

I formalisti negavano il nome, cioè esiste il formicaio ma non esiste la formica, senza nome la forma trascende ad un ideale fisico esistente solo nell’immaginario collettivo, un totem. 

In pratica è la stessa cosa.

Con Hegel la storia si ripete. Il sillogismo  uomo(idea) tra l’universale minore(forma dell’uomo) e l’universale maggiore (umanità) viene diviso nel super uomo di quel secchione di Nietzsche e nella super classe sociale di quell’altro secchione di Marx  evolvendosi nella guerra fredda tra il super proletariato russo ed il Superman americano, la sinistra e la destra,  che dopo l’ultima guerra mondiale si spartirono il mondo.

 

Parole parole parole...cos’è la logica? Un passatempo, un gioco per pochi, una lingua tagliente, un esercizio mentale, un volo nel nulla, è e non è ed è tutto e niente...

Il sillogismo di Aristotele e quello di Hegel sono i massimi strumenti di logica della ragione umana e sono identici.

Il sillogismo è una regola logica naturale come l’addizione o la sottrazione, per evitare confusioni tra i termini usati dai due filosofi è necessario unificarli.

Il nome di Aristotele corrisponde all’idea di Hegel, il nome è parola, l’idea è parola.

L’universale maggiore(tesi) è la forma a cui il nome appartiene ed il minore(antitesi) è la forma del nome. Si può sintetizzare con l’enunciato: il nome non è forma, l’uno non è universale, il nome è uno, la forma è universale. (prima quello che non è e poi quello che è.)

 

            Esempio di schema informatico:

       

Esiste un altro sillogismo, il Canone o l’Arte.

Questo sillogismo si vede aprire nello sviluppo di un canone musicale tra due scale cromatiche, una ascendente ed una discendente, collegate “punctum contra punctum”.

In scala di do al centro dove si toccano il fa diesis della scala ascendente entra nella discendente ed il fa diesis della discendente entra nella ascendente, il minore nel maggiore ed il maggiore nel minore.

Il canone completa gli strumenti del sapere e li assume in sé rigettandone la logica con una funzione del tutto autonoma alla ragione,  infatti è solo per pazzi, come scriveva quel secchione di Hermann Hesse nel Gioco delle perle.

Ventiquattro semitoni musicali che si aprono e si sparpagliano a formare delle figure disposte ad “Arte” che poi vengono interpretate. Musica e immagine, il musicista ed il pittore ed un poeta all’esterno per ispirare.

L’Arte è solo per chi ha il dono.

Ci sono analogie marginali con l’l ching cinese dove la posizione casuale dei bastoncini dà forma al pittogramma che poi viene interpretato, nell’enigmistica della domenica e nella cabala ebraica e per estensione in tutte le arti divinatorie come l’astrologia e la cartomanzia, la lettura dei visceri ecc.

Le note del canone hanno dato forma al dibbuk ed ora va scoperto, non essere dopo non essere.
Arte si guarda e non si tocca.

 

 

L’ascendente è nominale,  la discendente formale.

 Il fa diesis nominale, entrando nella scala formale nomina una ad una tutte le note della scala discendente.

Il fa diesis formale, entrando nella scala nominale, dà corpo alle note. 

Il nome fa diesis è indicativo ed è relativo alla scala in uso, trattandosi di musica il nome va inteso come suono, il nome fa diesis è il suono del fa diesis la cui forma è un codice di vibrazioni comprendente numero, velocità, frequenza ecc.

Nella figura l’ottava inizia dal do, nel caso del canone si irradia dal fa diesis.

Torniamo a noi. Sullo schermo del canone abbiamo un dibbuk, è un embrione ed il canone lo sta elaborando, potremmo tentare di tracciarne un primo identikit.

Il nome non  è forma, il dibbuk è composto da un alto ed un basso, l’alto non è il basso, l’alto è nome ed il basso è forma.

La disputa degli universali divide il nome e la forma negandoli, se non è nome è forma, il nome negato si inverte in forma e la forma negata in nome, la causa non è effetto, la causa viene nominata effetto e prende forma e l’effetto si inverte automaticamente in causa.

La forma in questione è solo nominale, una parola, come ad esempio dio che non ha corpo nella realtà ma lo prende nella credenza.

Il nome solo formale, un abito come nobile, borghese, zingaro ecc.

L’identikit è solo apparente e si modula nel pensiero come credenza, la logica di nominalisti e formalisti è la stessa, no nome e  no forma non sono logici, nella realtà esiste la formica ed esiste il formicaio e la formica non è il formicaio, no nome e no forma sono enunciati puramente nominali, parole, giudizi a priori a cui bisogna credere per fede, come diceva quel secchione di Kant.

L’identikit è nominale, un giudizio appiccicato, l’uno è uno ma appare come universale e l’universale come uno, sono invertiti e mascherati, cosa ci sarà sotto?

Il pensiero è composto da due non esseri, uno si regola su quel che pensano gli altri, l’opinione universale, ha mille facce a cui si dà del tu e fa da guardiano morale del comportamento, da bambini ci esaminava nell‘esame di coscienza e  poi è cresciuto ed è diventato autonomo, l’altro è personale, intimo ed è sempre in discussione, si scusa, vuole essere perdonato, si ribella, accampa ragioni, ecc

Questi due aspetti del pensiero sono sempre in contrasto, si combattono e spesso si negano in vere e proprie ossessioni che in certi casi sfociano nella pazzia. Certe volte  la noforma  prende il controllo e sale in testa al nonome, altre è il nonome che si ribella e sale in testa alla noforma, eccolo il dibbuk, lo zero più zero che crediamo di essere…

Una credenza, la copertura dell’essere, una disputa degli universali in miniatura con un  pensiero spaccato in due parti che si negano a vicenda.

Una cosa per volta dice il saggio...

 

ln cima ad una montagna lontana sul picco più alto stagliato contro la notte stellata  c'è una figura immobile come una statua, un bel maschietto alato selvaggio e micidiale con il sole sulla fronte e delle belle ali lunghe e variopinte,  le apre e con un tuffo  plana giù dalla montagna in un lungo volo a freccia sopra la città, entra dalla finestra nella stanzetta di una bambina che dorme nel suo lettino.

La bambina ha il diavolo e l’angelo custode che le svolazzano intorno alla testa sussurrandole a turno parole velenose in un orecchio.

Amore senza perdere tempo imbraccia l’arco e scaglia due frecce contemporaneamente, una dritta al cuore dell’angelo che stramazza a terra senza un gemito, l’altra in un occhio del diavolo trapassandogli il cervello ed anche questo cade stecchito.

Le due noforme morte piano piano perdono la loro apparenza e si trasformano in due mostriciattoli orripilanti e disgustosi vestiti come attempati ed eleganti gesuiti poi spariscono anche quelli ed al loro posto rimane una cacchina così piccola che una formichina  maniaca della pulizia raccoglie per buttarla nella spazzatura.

La bambina non si è accorta di nulla, Amore le dà un bacio sul  collo e volando torna sulla montagna.       

                   

                          Impasto


 

Non si può fare una regola di comportamento del dibbuk, tutto dipende dai capovolgimenti di situazione dovuti agli alti e bassi della vita, il dibbuk è altalenante come una clessidra sottosopra e soprasotto e ogni volta cambia idea, si muove avanti ed indietro seguendo i totem a cui crede di assomigliare,  forma laghi di opinione, mari, piccoli stagni, gocce d’acqua, nuvoloni di tempesta e burrasche furiose, capisce solo la paura, è sempre affamato, aprirsi al suo universale

non si finirebbe più di sprecare parole, andiamo al sodo, usiamo la ragione,  ficchiamoci il naso.

Che cos’è la ragione?

La ragione non è la forma maggiore, l’umanità, non è la forma minore, le parti del corpo umano, quindi è nome, il nome è parola, in questo caso la forma minore della parola è la ragione umana  e la maggiore è il linguaggio universale somma di tutti i linguaggi dell’umanità.

Il sillogismo si applica a tutte le manifestazioni della ragione.

Il nome è lo spazio compreso tra la forma minore e la maggiore ed è finito(spazio) tra due limiti (tempo).

Il finito deve essere maggiore di zero perchè se fosse uguale a zero sarebbe nulla e minore di infinito perchè se fosse uguale a infinito non sarebbe più finito.

Uno spazio compreso tra zero più uno  e infinito meno uno.

Esempio: oggi non è  ieri e non è domani, è un giorno più di ieri ed un giorno meno di domani, ieri non esiste più quindi è zero mentre domani un giorno dopo l’altro è infinito.

 

L’Arte è sempre una scoperta…le note del canone si dispongono in un apparente casaccio che sembra uno schifo, l’embrione dell’idea, poi cominciano a crescere.

Anche i bambini quando nascono sono tutti brutti e poi qualcuno diventa bello…

Schifo è il nome di un particolare tipo di barca a vela, la vela del foglio dove scriviamo che si gonfia al soffio della creatività filando sopra le cose, sopra le nuvole, sopra le stelle...l’argomento è delicato e va trattato con pazienza.

La legge si osserva.

 

Guardando a destra del fa diesis la scala discendente in blu è sopra e  l’ascendente rossa è sotto, a sinistra la rossa è sopra e la blu è sotto, la rossa è nominale e la blu è formale. Si vede il dibbuk, l’alto sopra il basso ed il basso sopra l’alto, un nome forma ed una forma nome.      

Il nome ragione è uno e si trova nel fa diesis centrale, il resto della linea rossa è limitato ai do da una forma minore (ragione dell’uomo) e da una forma maggiore (ragione dell’umanità), solo il linguaggio, senza i corpi.

La blu è limitata da una forma minore (le parti dell’uomo) ed una maggiore (tutti gli uomini), solo i corpi, senza il linguaggio.

Il fa diesis formale è occupato da una forma rappresentata dell’umanità, anche questa solo corpo, senza parola.

Il nome nella forma nomina i corpi facendoli parlare e la forma nel nome, nella parola, gli dà un corpo.

L’embrione cresce

 

 

                parola                                                 forma rappresentata

                                           (non è)                      

                Uomo                                                           donna 

 

Continuiamo ad impastare.   

 

           uomo                                                              umanità 

                                                    (non è)                                                                         

  Linguaggio universale                                            donna

Nel canone il fa diesis ascendente entra nel discendente e viceversa,

 

                       

Sopra sotto e sotto sopra come la figura iniziale,  la parola entra nell’umanità diventando linguaggio e l’uomo prende corpo, l’uomo non è donna, è il linguaggio universale a partorire la ragione nell’uomo.

La donna rappresentata è la prima a parlare, seguono le note della scala fino al limite maggiore dove esplode il boato dell’universale.

Lo schema è logico, è quindi è possibile, il peccato originale lo ha invertito, la ragione non è nel linguaggio e la politica non è affare nostro.

Giocare con l’Arte è domanda e risposta, che cos’è il peccato originale?

The answer is blowing in the wind, andiamo a ficcarci il naso.

 

 

 

 

 

 

 

 

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