Cap. 3 L'origine.




 

                         3)    L’origine

 

Dopo un periodo di tempo che sembrava non dovesse finire mai ci siamo presi una vacanza.

Siamo arrivati in astronave su un pianeta vergine mai esplorato prima da nessuno. Abbiamo subito cercato un posto tranquillo dove piantare il nido tra la giungla e delle immense scogliere che precipitano verso un mare dall’orizzonte infinito.

Nascosta l’astronave  ci siamo sistemati un piccolo castello molto carino e solido dotato di ogni confort piazzando un telescopio alla finestra della torre più alta per guardare le stelle e un microscopio sul tavolo dello studio.

Con le ali è facile, possiamo buttarci dalla scogliera per tuffarci dove il mare è più profondo, cavalcare le balene, giocare coi delfini e poi risalire ad una cascata d’acqua pura sulla montagna per lavarci, asciugarci al vento ed al sole volando a quattromila metri di quota per rituffarci al castello.

La giungla è popolata da ogni sorta di bestie si possa immaginare ma quelle  più interessanti sono delle strane scimmie che grugniscono e abbaiano ed hanno una pelle simile a quella dei maiali completamente incrostata di terra.

Abbiamo catturato una femmina giovane della specie da studiare con calma e possibilmente addomesticare per avere un po’ di compagnia.

Ripulirla dal fango è stata un’impresa, subito strillava e guaiva e graffiava e mordeva ed abbiamo dovuto tenerla chiusa in una gabbia per qualche giorno poi, visto che non le facevamo del male e mangiava tutti i giorni, si è calmata e adesso è diventata docile e leccosa.

Nelle notti serene ci divertiamo a guardare le stelle con il telescopio, un attrezzo potente che può arrivare dappertutto ed ingrandire quanto si vuole, abbiamo scoperto un pianetino lontano lontano super popolato da scoppiare da una strana specie di bestie divisi in due partiti, una destra che tifa per la madonna cagna ed una sinistra che tifa per la madonna maiala.

Sono tutti ricoperti da una particolare rogna chiamata scienza del bene e del male e per curiosità l’abbiamo astratta per osservarla al microscopio.

Le forbici del canone dividono nettamente il bene dal male mettendoci uno zero in mezzo poi invertono la metà del male e lo portano nel bene e la metà del bene e lo portano nel male raddoppiando in modo che si possa vedere il bene che c’è nel male ed il male che c’è nel bene. La logica canonica non dà nulla per assoluto, non esistono certezze ma mezze certezze, non c’è dritto che non abbia storto e non c’è storto che non abbia dritto.

Una relatività al cinquanta per cento che può essere e può  non essere, dipende dall’evoluzione della figura.

 

Campo d’azione, personaggi, motore, brum brum, ciac! si gira.

Bianca, nera, gialla, rossa, di che colore la facciamo? Osservando l’oggi ed andando indietro nel tempo seguendo il trenino della catena  effetti causa per arrivare fin laggiù potremmo probabilizzare la stessa cosa in punti diversi del pianeta e poi cercare un modo  semplice e pratico per iniziare a istruire un vivaio da seminare ovunque.

La questione è  complessa. Ad esempio la Sfinge, come ogni enigmista sa la Sfinge è sinonimo di enigma, la Sfinge è un enigma, le versioni ufficiali addomesticate dagli interessi del potere possono essere ma possono anche non essere.

Come hanno fatto uomini appena usciti dalle caverne con strumenti primitivi e la sola forza animale a sollevare pesi che neppure con le tecnologie attuali si potrebbero sollevare? L’enigma è degno del miglior Edipo.

La risposta, come quel brigante di Conan Doyle, in linea con Hegel, fa dire a Sherlock Holmes: “Eliminate tutte le probabilità che non possono essere quella che rimane, per assurda che sia,  è la verità.” La Sfinge non l’hanno costruita gli uomini, quindi chi? In che modo? Perchè?

Si delinea un campo d’azione dove formare i personaggi per iniziare la storia.

Così il discorso fila e si può continuare.
 

                        La grande madre. 


Per la sua vaga somiglianza con una bertuccia l’abbiamo chiamata Berta.

La storia dal passato si muove in avanti, non deve essere  stato facile...è alta poco più di un metro e mezzo, di un bel colore rosa senape, la pelle cuoiosa è ricoperta da una  peluria rada più folta nei genitali e sulla testa.

La bestia dimostra un’intelligenza notevole ed un forte spirito di emulazione. Gli arti sono tozzi, le mani ed i piedi hanno  le dita  corte con unghie lunghe e affilate che naturalmente le abbiamo subito tagliato. La faccia ha il naso schiacciato, la bocca le labbra spesse e grossi denti coi canini pronunciati ed appuntiti, gli occhi tondi e ravvicinati, un piccolo mostro ma è simpatica.

Quando andiamo a passeggio ci segue come un cagnolino, procede camminando eretta oppure saltella a quattro zampe sbuffando con la lingua fuori, il difficile è stato farla volare, quando apriamo le ali per salire sopra le nuvole all’inizio dovevamo chiuderle gli occhi ma adesso ci ha preso gusto e vorrebbe volare sempre. La sera, dopo cena, se indugiamo troppo a guardare le stelle lei si spazientisce ed inizia degli sproloqui vocali in un linguaggio tutto suo fatto di grugniti, guaiti, rutti, soffi, fischi e poi emette un curioso mormorio disarticolato come i fanno i neonati umani.

Quanto vuole richiamare l’attenzione improvvisa una danza di salti, capriole,  giravolte e strilla acuto, si piega mostrando il culo bene aperto e se lo batte con le mani scoreggiando, sopra le natiche ha ancora un piccolo ricciolo di coda che con l’evoluzione sparirà.

La crosta di fango muffito che la ricopriva doveva farle da abito, nuda non faceva che tremare dalla paura e cercava di rivestirsi spalmandosi sul corpo la propria merda, le abbiamo confezionato un vestitino tutto fiorito, ci ha fatto subito l’abitudine, ne ha già un armadio pieno e passa molto tempo a cambiarsi ed a guardarsi allo specchio.

Per mangiare andiamo a caccia o a pesca o raccogliamo i frutti dove li troviamo. Siccome ci piace il vino buono e sapevamo che qui non l’avremmo trovato abbiamo portato delle piantine di vite e piantato una piccola vigna vicino a casa che curiamo nei momenti d’ozio.

Ai margini della giungla ci sono spesso gruppetti di ominidi ad osservarci,  guardano soprattutto Berta, si fermano pochi minuti poi spariscono nella boscaglia.
 

                                        Il segno

Probabilità, non si possono capire le probabilità senza introdurre il segno, che cos’è?

Il nome non è forma, il segno non è codice, il certo non è incerto.

Il segno è nome e certo, il codice è forma e incerto. 

Il nome è parola, il segno è parola.

Il nome è convenzione, il segno è convenzione.
 
Il segno è certo solo nel momento che lo posso nominare diversamente è incerto, cioè codice. Esempio: il cartello “divieto di sosta” è certo perché si conosce e lo si può chiamare per nome, se non lo si conoscesse si vedrebbe un segnale su un palo piantato per terra, un codice minore, la forma del segno.

Il segno è solo nella parola, un nome che esprime un significato.

Il segno a sua volta è parte di un codice maggiore, nel caso del cartello citato il codice stradale. La parola “codice stradale” è segno, cioè il nome della forma maggiore ed anche questo è certo solo se lo posso nominare, altrimenti è un codice di incertezza.

Chiamare il codice segno può causare confusione, la logica è movimento, nel momento che nominiamo il codice non è più codice, è stato significato ed ora è segno (figura del pendolo) di un codice maggiore, l’universale di tutti i codici che nominato diventa il segno. Qui bisogna fermarsi, il limite è tempo, oltre c’è domani e di domani non c’è certezza, come diceva quel pacchista di Lorenzo il Magnifico.

Il segno è certo se si conosce, se non lo si conosce va calcolato attraverso un pacchetto di probabilità più e meno, cioè il codice che lo forma o di cui è parte che danno un risultato sempre più e meno, certo e incerto.

Il segno  è sempre certo, il codice sempre incerto, si e no.

A cosa serve? Il segno si osserva,  il codice universale che ordina la società, un linguaggio codificato per chi sa leggere a vari livelli. Chi controlla il segno e sa calcolare le probabilità controlla il mondo.

Prendiamo come esempio un segno a caso, un fatto che crea notizia, Io stesso segno viene riportato da tre significanti, un giornale cattolico, uno capitalista ed uno materialista, i significati che il segno prende sono diversi per tutti e tre i giornali che lo addomesticano ai loro interessi.

Il nome del fatto è certo, il codice di significati incerto.

Non si può mai dare per certo un codice perchè chi controlla il segno lo manovra a piacere e allora si introducono le probabilità e si guarda come il segno si evolve dalla causa all’effetto e poi si tirano le somme, essere o non essere? si o no.

Altro esempio: mentre parliamo con una persona vediamo che  agita nervosamente le mani, il segno “agitare le mani”  è certo e può significare che la persona non è padrona di sè ma può anche essere il contrario, la persona finge, simula di essere agitata per dare un’idea  che inganna chi osserva…

Dal telescopio al microscopio, solo per pazzi.

Il segno, spostandosi nel codice, significa gli incerti e l’universale di codici prende il nome di donna, il codice spostandosi nel segno dà forma, corpo, all’uomo.

           

 

L’umanità appare nella forma rappresentata, l’inversione avviene nello zero al centro dove ci sono i due fa diesis.  Il nome non è forma, il fa diesis non è l’ottava, la forma del fa diesis è l’ottava. All’interno dello zero ci sono due ottave che proiettano sugli schermi le forme.

  

 

In questa figura si vede il fa diesis rosso nella scala blu ed il fa diesis blu nella scala rossa, è lo schema di un raggio di luce, la vibrazione di una corda.

L’uomo che prende forma è la ragione, la donna potrebbe anche essere una puttana negra…

La ragione può essere viva o morta, come una natura e deve rappresentare l’universale di tutte le attività umane. La ragione determina il comportamento della specie, in base all’esempio che viene proiettato il formicaio agisce.

Il peccato originale inverte il segno in un codice di totem rappresentanti del comportamento della fascia statistica di universale rappresentata ma di questo parleremo più avanti.

                             La giungla.

 

Mentre gironzolavamo per la giungla abbiamo trovato un ominide morto con la gola squarciata. Il corpo era a terra ricoperto di sangue, senza indugi Berta gli si è gettata sopra affondando i denti nelle ferite e ne ha staccato un boccone che ha subito divorato con una voracità sorprendente.

Abbiamo faticato a staccarla, era in preda ad una vera e propria frenesia alimentare. C’era un laghetto li vicino, l’abbiamo buttata dentro e  cominciato a esaminare il morto. Un maschio adulto non più alto di un metro incrostato di fango con  i lineamenti tumefatti. Sotto il fango la pelle era dura, cuoiosa ed aveva il pene asportato a morsi.

Berta nel frattempo si era tirata fuori dall’acqua, era agitata e tremava azzannando l’aria con i denti, l’abbiamo presa per mano e ci siamo allontanati.

Questi ominidi si incontrano  ovunque nella giungla, vagano raccogliendo tutto quello che trovano di commestibile, hanno una specie di canestro fatto di fango e rami intrecciati dove ripongono la roba, sono solitari ma ogni tanto se ne vedono alcuni fare gruppo per qualche minuto ed allora si annusano iI culo, si grattano, si danno pacche...non sappiamo ancora dove  tengono le loro tane, volando sopra la giungla gli alberi coprono tutto, sotto è una vita sotterranea, buia.

Siamo tornati a casa. Berta era silenziosa come se tenesse il broncio, l'abbiamo lasciata ai suoi mugugni e ci siamo dati intorno nella vigna.

Si notano sempre più ominidi fermarsi ai margini della giungla ad osservare,  guardano, annusano l’aria, qualcuno ulula e poi si dileguano tra gli alberi...stasera vogliamo depilare Berta, è piena di parassiti e si gratta in continuazione, forse senza peli sembrerà più carina.

 

 

Lo schema cresce, un fiume scorre uscendo dalla giungla verso la scogliera  per gettarsi nel mare dall’orizzonte infinito.

Depilata Berta fa tutto un altro effetto, i parassiti sono scomparsi e puzza meno, i peli sulla testa non sono ancora capelli ma con l’evoluzione lo diventeranno,  comunque anche coi vestitini che indossa resta  sempre una bestia.

Le probabilità sviluppano la domanda: come ha fatto la parola ad entrare nel corpo di quelle bestie? Come è avvenuto lo spostamento che ha dato parola alle bestie e  corpo alla parola?

Un accoppiamento sessuale tra i due è improbabile, anche solo per l’incompatibilità genetica di due specie diverse.

Depilandola son venute alla luce le mammelle, piccole e coniche ancora acerbe,  il fiore si apre infatti questa mattina ha avuto  la prima mestruazione,  ha sporcato il pavimento di sangue ed ha subito pulito leccandolo avidamente con la lingua.

Allo stato selvaggio per necessità di sopravvivenza la specie preumana doveva svilupparsi precocemente, probabile che abbia meno di dieci anni ma è già adulta.

Dopo pranzo stava  male e l’abbiamo lasciata a mugolare nella sua cuccia per aprire le ali e fare un voletto  di esplorazione  nella giungla. Saltando di ramo in ramo  abbiamo scoperto un villaggio formato da costruzioni piramidali di terra cementata con sterco,  all’interno  si muovevano numerosi ominidi più grossi di quelli  visti nella giungla.

Le piramidi erano disposte tra loro in uno schema a raggiera irregolare intorno ad uno spiazzo sabbioso dove stavano la maggior parte degli ominidi ad azzuffarsi tra ululati e grida bestiali. All’esterno dell’accampamento giravano i castrati, un via vai continuo dalla giungla al centro e viceversa, entravano e scaricavano nell’arena i contenuti delle loro ceste e poi tornavano a cercare, proprio come formiche. Abbiamo assistito ad una scena che merita di essere menzionata, un  gruppo dei più  grossi lottavano tra loro furiosamente intorno ad un cucciolo sui tre anni. Finita la melé il vincitore ha preso il cucciolo e gli ha staccato i coglioni con un morso divorandoli tra gli schiamazzi degli altri che guardavano sbavando.

Ci siamo alzati in volo lanciando per aria dei petardi. Gli scoppi li hanno spaventati ed in un attimo sono scomparsi tutti dentro le piramidi.

 Tornati a casa ci siamo posati su un picco della scogliera per guardare il mare, un’adunata di balene si era riunita nella baia sottostante confusi tra i vapori e gli spruzzi della cascata, soffiavano alti getti d’acqua dagli sfiatatoi, andavano avanti ed indietro ciondolandosi in circoli oziosi...il cielo si stava coprendo di nuvole allineate come rinoceronti alla carica  prima di accorparsi nella tempesta... i fulmini screziavano il cielo mentre calava il sipario della notte.

Abbiamo cenato con un bel cosciotto d’antilope cotto al fuoco del caminetto. Berta sta ancora male e si lamenta nella sua cuccia. Ha pronunciato la sua prima parola.

Quando la chiamiamo per i pasti diciamo: “Berta pappa!"

Era in un dormiveglia dove mugolava  suoni inarticolati, quei suoni  ad un certo punto si sono interrotti, hanno fatto una variazione di tono ed hanno pronunciato: “Beta…pa-pa... pa-pa…”

 

 

C’è sempre un motivo in tutte le cose che motiva e prende forma da quello che motiva come la parola il cui segno significa il codice di lettere che gli dà corpo.

A quanto pare Amore agisce come un ingegnere informatico e sta montando il software base del primo nucleo umano.

L’esplosione che segue la scissione della causa prima in effetti-causa si apre su tutte le probabilità della storia comprendendo l’intero universale di uomini che hanno vissuto da allora ad oggi, si sente la musica dei martelli dei fabbri, le asce dei boscaioli, le falci dei contadini, le macine dei mugnai, i richiami dei pastori, le picche, le spade, i cuori spaccati nei quadri delle battaglie, il correre dei cavalli, i parti delle donne, i gemiti di fame, le risa e l’allegria del vino buono, i roghi degli eretici, le teste dei re sui pali delle rivoluzioni, la musica cresce, i treni, le macchine, gli aerei, i missili, le case, i grattacieli, le città, le nazioni, batti di qui, batti di là, lo scalpello di Michelangelo, il pianoforte di Beethoven e la poesia delle notti stellate, in contrappunto a questo universale sinfonico di tutti i rumori prodotti dall’umanità dal primo giorno ad oggi si alza il frastuono dei denti che masticano, i rutti degli stomaci che digeriscono e le scoregge dei culi che cagano…

L’esplosione delle probabilità va tenuta sotto controllo mantenendo gli effetti nello spazio di un unico oggi in cui si svolge l’azione.

Il nome non è forma, il tempo non è spazio, la forma del tempo è lo spazio.

L’oggi significa lo spazio che gli dà corpo bruciando le date per rinominare la storia e la storia prende forma nella parola, è una cosa viva e parla attraverso gli esempi.

Le società di animali come le termiti costruiscono piramidi di terra sopra i loro nidi,  scavando  portano su la terra e la ammucchiano ai lati chiudendo il perimetro della base quindi cominciano ad ammucchiarla verso l’alto. Le piramidi non sono regolari, c’è sempre qualcosa di storto nel  dritto ma la forma è rispettata.

Come fanno i ragni a costruire le ragnatele? Ci deve essere un programma base, in informatica si dice Script,  inserito nel corpo di ogni specie animale, quindi è naturale che gli ominidi costruiscano le piramidi, poi le compattano con il loro sterco ed all’interno scavano le celle per le femmine gravide mantenendole per tutto il tempo della gravidanza come fanno api e formiche con le loro regine.

 

Ieri mattina eravamo nascosti tra le foglie di un grosso albero con arco e  frecce alla posta di un cervo quando un gruppetto di cuccioli d’ominide sbucò fuori da una macchia di rovi rincorrendo  un piccolo animale che scappava. Erano in sei, i due davanti che correvano più forte raggiunsero la preda ed in un attimo la lacerarono e divorarono. Gli altri rimasti a bocca asciutta saltavano  battendo le mani e sbavavano di fame.  Erano magri e ossuti,  completamente incrostati di fango e merda rappresi.

Improvvisamente da una buca nel terreno balzarono fuori una dozzina di adulti castrati e si buttarono sui piccoli,  i due più veloci ed un altro svelto riuscirono a scappare e tre vennero presi. Gli ominidi li stordirono con dei bastoni poi se li caricarono sulle spalle e correndo svanirono tra gli alberi in direzione del villaggio.  Probabilità...sono gli stessi castrati a portare i piccoli alla castrazione come fanno gli ebrei per la circoncisione, le madri finito lo svezzamento li abbandonano alla giungla e la selezione naturale fa il resto.

Oggi Berta sta meglio. La laviamo, la nutriamo, la culliamo quando dorme, la serviamo, sappiamo quanto è importante.

Lei è diventata docile come un cagnolino, adesso la parola pa-pa la dice continuamente e sta cominciando ad articolarne un’altra che ripetiamo sovente quando le diamo da bere: acqua.  La scandisce come le oche, fa qu-à qu-à…

Animali geneticamente programmati con corde vocali in grado di articolare e riprodurre suoni percepiti con l’udito.

L’altra mattina stavamo filando i pali nella vigna quando dei latrati di cani inferociti spazzarono l’aria. Berta eccitata con un balzo ci saltò a cavalcioni sulle spalle per guardare, dalla giungla era uscito un gruppo di cuccioli inseguiti da un branco di castrati  e correvano nella pianura. Una buona metà venne presa ed una dozzina riuscì a scappare in direzione del fiume  nascondendosi tra l’erba alta. Oggi verso mezzogiorno mentre scuoiavamo un cinghialetto per il pranzo li abbiamo rivisti. Erano appostati poco distante ed annusavano l’odore del cinghiale. Berta ringhiava ed i piccoli le rispondevano uggiolando, gli occhi iniettati di sangue. Erano dodici, tutti maschi.

Abbiamo fatto a pezzi l’animale e ci siamo allontanati. Dopo pochi minuti i cuccioli si sono avventati sulla carne ed in un attimo l’hanno divorata, ossa ed intestini compresi poi sono scomparsi tra l’erba.

Per pranzo abbiamo cucinato una frittata di uova delle oche che abbiamo catturato tempo fa, a Berta non piaceva ma l’ha mangiata lo stesso.

Nel pomeriggio abbiamo iniziato a spianare il terreno vicino al fiume per costruire il mulino, vogliamo vedere le pale che girano, movimento.

Sul pianeta vergine l’aria all’alba del mondo è frizzante e pura, i colori della natura sono vivi e risplendono, il fiume è tutto un guizzare di pesci dorati luccicanti di sole, il vento una sinfonia di profumi selvaggi, inebrianti.

Dopo cena siamo saliti sulla torre ed acceso il telescopio. Oltre l’immaginazione c’era un piccolo universo, per il momento si vede solo lo schema, una costellazione di ventiquattro stelle disposte nella figura di una nave. Sulla stella di prua lampeggiava un faro all’entrata di un porto, una  lama di fuoco  nella mano alzata di un immensa figura alata dalla bellezza micidiale, oltre il porto si intravvedeva una città vagamente simile a New York tutta luccicante.

 

 

 

 

 

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