Ritorno.
Il temporale continua, la pioggia scroscia tamburellando
monotona sulle assi del ponte e sul fiume, di tanto in tanto si sente un tuono
brontolare a grancassa rullando vicino e lontano.
È l’alba, dalla giungla e dal fiume continuano a sollevarsi
vapori, la nebbia si sta infittendo oscurandone la luce, a tratti il bagliore
di un fulmine penetra nella coltre
facendo luccicare le casse piene di monete e lingotti d’oro, pietre preziose,
gioielli ammucchiate sul ponte.
Sdraiati a braccia aperte ci beiamo della pioggia che ci
scorre addosso, una doccia di vita, l’acqua ha sciolto le incrostazioni di
cacca d’elefante e dall’abito si sprigiona un intenso odore di merda che
sentiamo appena.
Un gemito di Africa ci fa alzare. Ha ripreso conoscenza e si
lamenta debolmente con la bocca spalancata leccando la pioggia che le bagna le
labbra.
Sentiamo Fu imprecare: “Non si vede un accidenti, come faccio
a pilotare?”
Dalla nebbia compare Sci: “Sei qui! pensavo ti fossi perso.
Vieni al timone, è riparato da una tettoia.”
Afferriamo Africa sotto le ascelle e la trasciniamo al
riparo, nel mentre geme in delirio: “Basta, non mordetemi, non ho più sangue…”
“Stai tranquilla, ” le diciamo, “L’incubo è finito...hai solo sognato,
svegliati.”
Lei alza una mano e ci tocca il viso tastandolo con i
polpastrelli. Geme: “Questa voce... un sogno… dove sono?”
La distendiamo sotto la tettoia del timone.
“Ce n’è ancora te?” chiediamo a Sci.
“Credo di sì, nello zaino.”
“Dagliene un po’, una goccia per volta, dev’essere
disidratata, le farà bene.”
Sci prende la borraccia e le fa scorrere qualche goccia tra
le labbra. Africa le beve avidamente strofinandole con la lingua.
Sci dice: “Qui è troppo umido, rischia una polmonite,
bisognerebbe portarla sotto coperta.”
“Non mi fido, potrebbero esserci delle trappole... lasciala
lì, se si ammala e muore pazienza.”
La nera semicosciente deve sentire le parole, ha un tremito
di reazione che si propaga a tutto il corpo e apre gli occhi per qualche
secondo guardando intorno con aria di sfida.
La nebbia si è ulteriormente infittita, le sponde del fiume
non si vedono più.
Fu al timone, con gli occhi fissi oltre la prua dice:
"Questa nebbia è diventata impenetrabile, rischiamo di incagliarci. Da
qualche parte ci deve essere l’interruttore per accendere le luci. Qualcuno lo
cerchi.”
“Nessuna luce!” ribattiamo,
“I preti ed i neri faranno a gara per arrivare alla missione per primi,
potrebbero essere già sul fiume.”
“Non mi dirai che anche questa nebbia è opera della spada?”
chiede Sci.
“Probabilmente sì, forse ho ricordato, è un gioco tra la
natura universale e l’uno, lei manda le situazioni appropriate per ogni
evenienza, bisogna saperne approfittare e si trova sempre il modo di cavarsela,
anche in casi estremi.”
“Non mi sembra un gioco tanto facile.” sbotta Fu, “La natura universale è grande, è tutto il
mondo, è…” non trova la parola e continua: “Per fortuna sono affari tuoi…adesso
non si vede nulla, la nebbia è troppo fitta e la corrente è aumentata.”
“Bene, approfittiamone.”
“E come?”
“Ti faccio vedere.”
La feluca è lunga una ventina di metri con la prua affusolata e la poppa stretta
leggermente rialzata. Ci affacciamo sul fiume e facciamo emettere un debole
chiarore alla spada.
Quattro grossi ippopotami arrivano veloci e si appoggiano
contro le chiglie due per parte, con
delle spintarelle mettono la prua in direzione al centro del fiume e continuano
a stare affiancati mantenendo la rotta col loro istinto. Altri ippopotami si
aggiungono nuotando vicini pronti a dare il cambio mentre davanti una squadra
di coccodrilli disposti a cuneo fa da apripista mantenendo le distanze tra le
rive.
Il temporale ha ingrossato il fiume e la corrente ci sta
trascinando rapida. Qualche lampo, seguito dai soliti brontolii di tuono riesce
ancora a penetrare la nebbia ma si fanno sempre più radi.
Torniamo sotto la tettoia e diciamo: “Fu, mantieni il timone
diritto e non preoccuparti della direzione. Ho messo una squadra di ippopotami
a pilotare la feluca, penseranno loro al resto. Adesso scendo sotto coperta a
dare un’occhiata, se vedi delle luci chiamami.”
Fu ribatte: “Non credo che si metteranno in mare con questo
tempo.”
“Meglio essere prudenti, tieni gli occhi aperti.”
“Anche tu... potrebbe essercene rimasto qualcuno nascosto là
sotto, fa attenzione.”
A pochi metri dal timone c’è un boccaporto aperto. Facciamo
uscire una lingua acuminata di fuoco dalla spada ed entriamo.
Una scaletta scende ad un corridoio che percorre la nave
nella sua lunghezza, sulle pareti delle porte quasi tutte aperte, ovunque i
segni della lotta.
I corpi di due pirati e di un monaco sono distesi sul
pavimento a pochi metri dalla scala. Il monaco ha la gola squarciata, tra le
braccia di cui una priva di una mano stringe ancora il fucile con il quale ha
sventrato gli altri due. Li scavalchiamo con un salto. Nella prima cabina che
incontriamo c’è la cucina, i tavoli e le sedie sono rovesciati, cocci di piatti
dappertutto, vetri, pentole. Di fronte una cameretta lussuosa, doveva essere
quella del capo dei pirati. Dentro è tutto sottosopra, il letto, le coperte, i
vestiti, steso a terra c’è il corpo di un cannibale con la schiena squarciata
da una pugnalata, tra i denti stringe una mano mezza scarnificata.
Le due cabine successive sono occupate da cuccette a
castello, poi arriviamo alla stiva. È
vuota a parte una grossa cassa nel mezzo, chiusa…meglio non toccarla. il
corridoio continua, le porte rimanenti danno su altre due cabine con cuccette a
castello e su un piccolo arsenale pieno
di armi da fuoco e da taglio. Ci sono due scale che portano fuori, una grande
al centro per la stiva ed una a prua.
Torniamo nella cabina del capitano, carte e mappe stracciate
sparse ovunque, tutti gli stipi ed i bauli sono stati aperti e rovistati. In un
piccolo scrittoio fissato alla parete un cassetto è rimasto chiuso bloccato da
un lucchetto. Lo facciamo saltare con un raggio della spada e apriamo.
Dentro c’è un quaderno con la copertina rigida macchiata in
più punti d’inchiostro, ci sono pagine zeppe di annotazioni scritte in una
calligrafia indecifrabile tutta aste, punti e linee più o meno curve,
dev’essere il diario di bordo.
Sotto il quaderno c’è un astuccio con una collana a più giri
di perle e piccoli diamanti lavorati. La prendiamo insieme al diario e
risaliamo sul ponte.
Un tuono sta rimbombando lungo allontanandosi in direzione
del mare, la pioggia continua a cadere monotona e fitta, la nebbia è
impenetrabile.
“Com’è sotto?” chiede
Fu.
“Tutto all’aria e ci sono dei morti, meglio stare qui. A che
punto siamo?”
“Procediamo, la
corrente è forte, non si vede nulla ma dovremmo già essere nella giungla,
abbiamo deviato da poco. Veramente hai messo degli ippopotami a dirigere la
barca? Mi piacerebbe andare a vedere, hai voglia di tenere il timone?”
“Un attimo e arrivo.”
Africa è sveglia e si lamenta debolmente.
Sci le sta massaggiando le tempie, con l’acqua che scende
dalla grondaia le ha lavato le ferite, ci sono segni di morsi, di tagli, di
colpi. Ci guarda e dice: “È proprio malridotta, chissà da quanto tempo era
rinchiusa in quel buco.”
Prendiamo dallo zainetto di Li ò la crema usata per curare
Drago e gliela porgiamo: “Sai come si usa?”
“Sì, al bordello ho fatto il corso di pronto soccorso, vuoi
che gliela spalmi sulle ferite?”
“Se ti va... Fu mi ha chiesto di sostituirlo al timone.”
“Servirà a poco, le ferite più gravi le deve avere dentro…ha
un corpo bellissimo, la muscolatura da ballerina, doveva essere molto brava.”
“Non pensarci... la crema le allevierà il bruciore poi sulla
nave la cureremo meglio.”
“Manca ancora molto?”
“Se continua così fra un’ora saremo arrivati.”
Riponiamo il diario e
la collana nello zainetto e andiamo al timone.
“Come funziona?”
“È solo da tenerlo fermo così.” risponde Fu.
“Ok...fai in fretta, se arrivasse qualcuno non saprei come
fare, non ho mai pilotato una barca come questa.”
“Vado e torno!”
Fu si allontana scomparendo nella nebbia. Dopo qualche
minuto ritorna. “Incredibile!” esclama,
“quando lo racconterò non ci crederà nessuno, come hai fatto?”
“Non ho fatto nulla, stan facendo tutto loro.”
“Ho capito, il potere della spada, è fantastico! Le casse
sono piene d’oro, una ricchezza incalcolabile, siamo ricchi!”
“Aspetta a cantare, non l’abbiamo ancora spartito.”
“Una parte mi tocca di diritto, credo di essermela
guadagnata... sono mesi che Drago non
paga gli stipendi, sono proprio al verde.”
“Stai tranquillo, la tua parte non mancherà. Una volta sulla
nave faremo l’inventario e vedremo come spartirlo. Abbiamo un lungo viaggio da
fare... adesso vieni al timone.”
Fu prende la barra e continua: “I pirati dovevano usare la
missione come deposito delle loro razzie...chi sarebbe mai andato a controllare
in un posto cosi? Sono stati
gentili, ce l’hanno anche
caricato, che fortuna!”
“In quelle casse non ci devono essere solo i bottini dei
pirati, è probabile che i preti in previsione dello sconvolgimento dell’Africa
vi tenessero in deposito anche i frutti delle loro rapine, quelle ricchezze
dovevano servire a finanziare la guerra, ora dovranno cambiare i loro piani.”
“La guerra, che seccatura, si vive così bene in pace…”
brontola Fu.
Ci sediamo vicino a Sci che ha terminato di spalmare la
crema sulle ferite di Africa e le sta nuovamente massaggiando le tempie.
“Come va?” le chiediamo. “Non ti facevo così premurosa.”
Sci con l’aria seria
risponde: “Noi del Bordello non abbiamo nazionalità, ovunque ci troviamo
abbiamo il dovere di assisterci in caso di bisogno. Adesso è sveglia, continua
a chiedere chi siamo e dove siamo.”
“Si riprenderà.”
Ci avviciniamo ad
Africa e le sussurriamo: "Rilassati...hai sognato, non è mai successo
nulla…”
Africa ripete con voce piagnucolosa: “Nulla, nulla…”
Continuiamo in silenzio ascoltando la pioggia scrosciare
sulle assi del ponte fin quando la prua devia nel secondo tratto della esse. La
corrente è forte e stiamo filando veloci. L’oscurità si è diradata ma permane
una penombra incupita dalla nebbia per i nuvoloni che devono ricoprire il
cielo. Sci fatica a tenere gli occhi aperti per la stanchezza. Anche Fu, lo
vediamo ciondolare con la testa.
Ci alziamo dandogli una bella pacca sulla spalla: “Stai su, siamo quasi arrivati.”
La barca va da sola... ci sono gli ippopotami.” Risponde Fu
sollevando la testa e stropicciando gli occhi. “Tu non sei stanco?”
“Certo che lo sono ma non ci penso. Potremmo incontrare una
nave…resisti, vuoi forse perdere tutto quell’oro?”
“Non sia mai detto!" esclama raddrizzando la schiena e
spalancando gli occhi.
“A proposito dell’oro, che parte conti di darmi?”
“Non so ancora... c’è anche l’equipaggio, se voi siete
d’accordo metà andrà alla nave per le spese comuni e l’altra metà lo spartiremo
tutti insieme, era il metodo che usavo con la banda nell‘Aia.
“Intendi divedere il bottino con l’equipaggio?” sbotta Fu
sorpreso, “Loro non hanno fatto niente.”
“Cosa credi che diranno quando lo vedranno?”
Fu rimane qualche secondo pensieroso e risponde: “Sì, forse
hai ragione, sono mesi che tiriamo la cinghia, se non lo facessimo noi se lo
spartirebbero loro…così non resterà molto, contavo di comperarmi una bella
fattoria in Cina ed allevare cavalli, sono stufo del mare.”
“Una fattoria dove? Siamo ricchi e tu pensi a lavorare? Di
bottini così chissà quanti ne faremo ancora, c’è bisogno di tutto
l’equipaggio... quando avremo finito avremo tanti di quei soldi che ci potremo
comprare il mondo!”
“Il mondo…e cosa ce ne faremo?”
“Che ne so... tutto quello che ci pare.”
“Il mondo, che bello…” balbetta Fu con gli occhi sognanti.
Rimane qualche secondo in silenzio e riprende: “L’equipaggio non vorrà più
saperne di Drago, vorranno te come capitano.”
“A questo penseremo poi.”
Continuiamo a fare progetti per il futuro fin quando
svoltiamo nell’ultimo tratto della esse.
La pioggia è aumentata, i fulmini hanno ripreso a
picchiettare la nebbia di riflessi elettrici ed i tuoni a brontolare.
Sci si è addormentata con la testa ciondoloni su quella di
Africa. Nell’aria la tensione è fitta come la nebbia, sentiamo gli ippopotami
ed i coccodrilli affiancati alla feluca grugnire nervosi.
Stringiamo un braccio a Fu dicendo: “Ci siamo, se li
dobbiamo incontrare questo è il momento. Spegni il motore, vado a mettermi a
prua, se la vedi deviare assecondane il movimento con il timone. Non ti
addormentare.”
I sospetti erano fondati. Non facciamo in tempo a
raggiungere la prua che vediamo delle luci indistinte affiorare dalla nebbia
sulla sponda alla nostra destra. Una grande nave è immobile incagliata alla
riva. Le luci sono tutte puntate sul fiume sotto le fiancate eccetto un grande
faro che illumina sulla sponda opposta un po’ più in giù dove c’è una seconda
nave, anche questa incagliata con un faro puntato contro la prima. Si devono
essere spintonate nella corsa per arrivare prime, si vedono a malapena,
probabilmente una è dei neri e l’altra della marina egizia mandata dai preti.
Tra le due navi c’è uno spazio libero di un centinaio di
metri, la nebbia è fitta e non possono vederci ma è meglio non correre rischi.
Lasciamo andare la feluca al centro del fiume e imbracciamo
l’arco.
Mentre passiamo tra le due navi sentiamo qualcuno gridare sulla
prima:
“C’è qualcosa in mezzo al fiume.”
L’istante successivo
una freccia colpisce il loro faro facendolo esplodere, l’attimo dopo una
freccia raggiunge il faro dell’altra nave ed esplode anche quello.
Un cannoncino della prima nave inizia a sparare sul fiume
fortunatamente a vuoto perchè noi siamo già qualche centinaio di metri avanti.
Sull’altra nave credono che i colpi siano diretti a loro ed aprono il fuoco
contro quella avversaria che risponde a cannonate e cannonate comincia a
sparare anche la seconda…dopo qualche secondo i bagliori di due roghi immani
arrossano la nebbia poi non si vede più niente e lo scrosciare della pioggia
copre ogni rumore.
Ritorniamo a poppa. Fu è teso sul timone. Sci e Li ò sono in
piedi accanto a lui svegliati dalle esplosioni.
“Che è successo?” chiedono.
“Affari loro! Fu, puoi rallentare questa bagnarola?”
“Certo, basta accendere il motore e far girare l’elica al
contrario.”
“Allora fallo altrimenti rischiamo di passare la deviazione
e finire in mare.”
In quel momento si sente un'immane esplosione subito dopo
seguita da un’altra.
Fu guarda in direzione e dice: “Pace all’anima l’oro…”
sposta lo sguardo su noi e continua: “Hai trovato un metodo molto pratico per
liberarti dai nemici, li fai distruggere tra loro.”
Ridendo accende il motore e l’elica si mette a girare
vorticosamente rallentando la barca.
Prendiamo la radio di Archimede e proviamo a chiamare. Si
sente un ronzio scoppiettante per le interferenze del temporale. Dopo un po’
qualcuno risponde: “Pronto, sono Archimede, agli ordini!”
“Sono Ji, mi senti?…”
“La linea è disturbata ma ti sento, come va dalle tue
parti?”
“Stiamo tornando, saremo lì tra una decina di minuti. Ho
bisogno che qualcuno si affacci a far luce alla porta, subito!“
“Sei di fretta?... mando immediatamente il maggiordomo
all’angolo con la via.”
“Perfetto, fai preparare i facchini, c’è molto da scaricare
ed ho un amico che sta male.”
“Agli ordini! C’è altro?”
“Sì, vienimi incontro con l’intenditore, ho comprato molta
roba e prima di pagarla voglio essere sicuro che non mi abbiano imbrogliato,
sbrigati!”
“Ok Ji, qui siamo tutti in attesa!”
Chiudiamo.
Fu chiede: “Sei sicuro che non incontreremo altre navi?”
“Improbabile... dopo questo ultimo disastro andranno cauti
ed aspetteranno che se ne vada la nebbia. Ora torno a prua e faccio avvicinare
la barca alla riva, tienti pronto a girare non appena vediamo la luce. Li ò,
vieni con me, in due si vede meglio.”
Arrivati a prua ci sporgiamo dal parapetto e dirigiamo gli
ippopotami verso la sponda sinistra. La nave si accosta e procede lentamente
fin quando sulla riva si vede una luce bucare la nebbia.
“Ci siamo!” gridiamo a Fu,
“Adesso…gira!”
Gli ippopotami ed i coccodrilli si tuffano sott’acqua e
spariscono soffiando sonore scoregge di commiato.
La barca vira di novanta gradi ed entra nel tratto che porta
al lago.
“Chi va là?” grida allarmato il marinaio con la luce da una
canoa.
“Siamo noi! risponde Fu.
“Che cosa ci fate su quella feluca?”
“Te lo racconteremo dopo, adesso andiamo alla nave.” Gli
diciamo.
“Ji! tutto bene?... Sono Tazza, c’è anche Zip con me!”
“Tutto ok, son
contento di rivedervi. Precedeteci alla porta, non vorrei che gli altri si
allarmassero vedendoci arrivare con questa barca. Fate uscire Archimede.”
I due iniziano a pagaiare veloci verso la grotta con noi che
li seguiamo a distanza. Gli diamo il tempo di avvertire e raggiungiamo la
porta.
C’è Archimede ad attenderci sulla riva ad un lato della
cascata insieme ad un gruppo di marinai.
“Urrà! Bentornati!” gridano tutti battendo le mani.
“I festeggiamenti a dopo!” diciamo, “C’è ancora molto da fare e va fatto subito!
Archimede, hai il segnalatore?”
“Certo, il migliore in circolazione, ricerca automatica su
tutte le frequenze, una mia invenzione, quando hai detto dell’intenditore ho capito.”
“C’è una ragazza ferita da portare in infermeria, la barella
è pronta?”
“Sì, è qui.” dicono due marinai mostrandola.
“Ok, salite. Voi fate un ponte di barche, dieci robusti
salgano a bordo, gli altri si preparino a ricevere la merce, sono arrivati gli
stipendi!”
“Viva la tigre!” gridano tutti.
Archimede e i due marinai con la barella salgono a bordo. Di
fronte alle casse piene di tesori spalancano gli occhi e rimangono a bocca
aperta.
“Non ho mai visto una cosa simile!” esclama l’inventore al
colmo della meraviglia. “Non perdiamo tempo, la nebbia potrebbe alzarsi!”
diciamo “Archimede, controlla che le casse non abbiano insidie nascoste, farai
un secondo controllo via via che passano la porta. Voi venite!”
Accompagniamo i due
con la barella da Africa.
“Una nera…è malridotta, dove l’hai trovata?” dice uno
chinandosi a tastarle il polso.
“Racconteremo tutto più tardi, adesso portatela giù, ha
bisogna di cure.”
“Abbiamo un’ infermeria attrezzata.” dice il marinaio, che
in quel momento riconosciamo essere l’infermiere della squadra di Drago.
“È andato bene il ritorno?” gli chiediamo.
“Sì, gli ippopotami ci hanno spinti fino qui e la luna ha
illuminato la strada, la nebbia si è alzata mezz’ora dopo il nostro arrivo.
Drago è malconcio ma si riprenderà.”
Africa viene coricata sulla barella e sbarcata.
Chiamiamo Fu Sci e Li ò: “Aspettate che Archimede controlli
le casse poi sceglietevi un ricordino, quello che vi pare, prima che salgano
gli altri.”
I tre si avvicinano alle casse e rimangono indecisi a
guardare. Intanto prendo il diario e la collana dallo zainetto di Li ò e li
faccio controllare da Archimede insieme ad un braccialetto che peschiamo a caso
su un mucchio.
“Tutto a posto.” dice l’inventore passandoli al rivelatore.
“Non credo ci siano trappole…” diciamo, “con la fretta che avevano non hanno avuto il
tempo di metterle ma è sempre meglio essere prudenti."
I tre non sanno
decidere. Scintilla dice: “Non sono abituata a queste cose, scegli tu per me.”
“Anche per me!” fa eco Li ò.
Fu, con voce avida, borbotta: “A me piacerebbe riempirmi le
tasche di queste.”
Indica una cassa piena di gettoni d’oro di grosso taglio.
“Ok, riempitele.”
Fu senza esitazione affonda le mani nell’oro.
Prendiamo un anello di platino con un piccolo rubino rosso
luccicante incastonato in uno smeraldo a forma di stella e Io porgiamo a Sci che se lo infila subito
al dito e poi rimane a guardarlo ammirata, ci salta al collo abbracciandoci
forte e ci sussurra all‘orecchio: “Sai che vuol dire dalle mie parti quando un
uomo regala un anello ad una donna? Non ho ancora indetto l’asta ma considerati
il primo e unico concorrente.”
Per Li ò scegliamo una scatolina d’oro tempestata di
brillantini di svariati colori.
“Qui ci potrai conservare le tue poesie.” gli diciamo
porgendola.
“È piccola!”
“Tu scrivile corte così ci stanno.”
“A me piacerebbe
tenere la tromba.”
“La tromba è di Archimede ma se ci sarà da usarla ancora
sarà tua.”
“Va bene, allora prendo la scatola.”
La apre ed il tintinnio di un carillon inizia a spandere la sua musichetta allegra
nella nebbia.
“Che bello!” esclama Li ò.
“Per Saetta niente?”
chiede Sci, “Ci ha aiutati a uscire
dalla grotta, meriterebbe un ricordino.”
“È vero.” Prendiamo
un braccialetto tessuto in maglia d’oro giallo e bianco con un piccolo
diamante incastonato tra due ali di
perle e lo porgiamo a Sci.
“Dalle questo.”
Scintilla lo prende ed esclama: “Sarà contentissima!”
Ci abbraccia ancora dicendo, con una punta di picca civettuola:
“Mi sa che sbancherai a tutte le aste, non so se essere contenta.”
Il ponte di barche è pronto e dieci marinai salgono a bordo. Di fronte ai tesori si
impietriscono di stupore.
“Forza!” li sproniamo,
“Cominciate a scaricare, non perdiamo tempo.”
Archimede ha terminato il controllo.
“Devo guardare anche nella stiva?" ci chiede.
“Sotto c’è solo un grosso baule chiuso, ci vorrebbe troppo
tempo per il controllo, meglio lasciarlo dov’è. C’è anche un’armeria ben
fornita. Ci servono armi?”
“Armi ne abbiamo quante ne vogliamo, le più moderne ma
potremmo sempre venderle.”
“No, lasciamole li... questo tratto della costa sarà
pattugliato dai neri, le troveranno loro...così i preti penseranno che si sono
presi anche i tesori.”
“Che intenzioni hai?”
“Finito di scaricare abbandoneremo la feluca nel fiume.”
“Perché?...deve valere un sacco di soldi.”
“Tu pensa ad inventare, per la guerra lascia fare a me.”
Archimede ci guarda negli occhi. “Agli ordini…” dice
annuendo con il capo.
“Adesso è meglio che scendi, ricontrolla tutto
accuratamente.”
“Agli ordini!” ripete allontanandosi.
Li ò ci accarezza una
spalla e dice: Vorrei stare ancora ma ho gli occhi che si chiudono...posso
andare anch’io?”
“Sì.” Gli diamo l’arco e la faretra, “prima porta questi e lo zaino nella mia
cabina, puoi dormire lì se vuoi. Sci, vai anche tu.”
“Perchè?... sono stanca ma ce la faccio ancora.”
“Ho detto vai anche tu!”
“Ok Ji…” brontola scendendo con Li ò.
“Ed io?” chiede Fu.
“Tu mi hai sfidato e aspetti con me.”
“I marinai finiscono di scaricare. Tutto l’equipaggio si è
radunato alla porta, sentiamo mormorii di avidità giubilante scorrere sulle
bocche di tutti.
“C’è da fidarsi?” chiediamo a Fu.
“Siamo pirati onesti, nessuno toccherà nulla.”
“Staremo a vedere.”
Prima di congedare i marinai sulla feluca gli diciamo: “Fate
passare voce che il bottino verrà diviso fra tutti. Ammucchiatelo sul ponte
sotto l’albero.”
I marinai si illuminano esultando e scendono, il ponte di
barche viene ritirato e la riva torna deserta.
La pioggia è aumentata e scroscia tamburellando le assi del
ponte contrappuntata al fragore della cascata, i boati dei tuoni dal mare si
stanno spostando verso l’interno e rimbombano sempre più vicini, da qualche
minuto ha cominciato a soffiare il vento e la
nebbia sta svanendo sbuffando in vortici di vapore.
“Sbrighiamoci.“
Raggiungiamo la poppa, Fu accende il motore e portiamo la
feluca in mezzo al lago poi sleghiamo la canoa, la posiamo sul fiume e ci
trasferiamo sopra allontanandoci di qualche metro.
Una decina di ippopotami emerge dalla rada ed inizia a
spingere la feluca verso il fiume.
“Andiamo!”
Pagaiando decisi torniamo alla grotta. La nebbia è
scomparsa, ora il vento soffia con raffiche violente e continue, urla come se
sopra corressero torme di lupi ululanti...il cielo è nero di nuvoloni carichi
di tempesta e lampi continui lo scorrono di furore.
Dei marinai sulla riva prendono la canoa e ci aiutano a scendere.
Entrati veniamo accolti da un’ovazione, su tutta la nave si
sentono grida di viva la tigre che si vanno ad ammucchiare sulle volte buie
della grotta rimbombando in echi senza fine.
Questi pirati, basta che vedano una fava luccicare e subito
non capiscono più niente.
Tre fari accesi sistemati a poppa al centro ed a prua
illuminano i ponti della nave, sembra una piazza con in mezzo l’albero della
cuccagna tra casse stracolme di ricchezze.
Le casse sono trenta, venticinque piene di gettoni d’oro, le
altre di gioielli e pietre preziose di ogni tipo e foggia. I brillanti
riflettono la luce in cascate di riflessi abbaglianti. Chissà da quanto tempo i
missionari l’ammucchiavano nei loro sotterranei, quanti saccheggi e rapine ci
son voluti per metterlo insieme, che importa ormai?
L’equipaggio è radunato intorno alle casse. Al nostro arrivo
esultano, ci sollevano e ci fanno fare il giro dell’albero sopra le loro
braccia tra gli hurrà e gli evviva la tigre.
Quando ci calano a terra Fu dice: "Neanche quando ho
cavalcato il rinoceronte mi sono sentito così sbattuto.”
I marinai vorrebbero festeggiare subito ma siamo talmente
stanchi ed inzuppati d’acqua che fatichiamo a stare in piedi. Alziamo le
braccia per ottenere un po’ di silenzio
ma è inutile, l’oro ha messo il pepe a tutti.
Sfoderiamo la spada e facciamo uscire una lingua di fuoco
simile ad una frusta che inizia a sferzare l’aria in tutte le direzioni emettendo schiocchi luminosi che esplodono in
miriadi di scintille.
Al prodigio zittiscono tutti. Diciamo: “Sono ventiquattr’ore
che non chiudiamo occhio e ci meritiamo una bella dormita. Questa sera faremo una grande festa e vi
racconteremo i particolari. Dite al
cuoco di non lesinare col vino.”
Un marinaio si avvicina e chiede: “È vero che dividerai il bottino con tutti noi?”
L’equipaggio ammutolisce in attesa della risposta.
“Certo, dividerò questo e tutti quello che rapineremo in
futuro!”
“Evviva! Urrà! Viva la tigre!”
Fanno per riprenderci sulle braccia ma alla vista della
lingua di fuoco che esce dalla spada si tirano indietro e gli animi si
calmano...
Una bella cinesina vestita in camice bianco con la cuffia arricciata
sopra i capelli a caschetto ci prende in disparte e dice: “L’infermiere chiede
se puoi dargli lo zainetto del pronto soccorso, ne ha bisogno per la nera.”
“Sì, vieni con me, te lo do subito.”
In cabina ci sono Sci e Saetta che dormono abbracciate sul
lettino e Li ò coricato su un materassino con la tromba stretta tra le braccia.
Sono tutti freschi di doccia ed indossano pigiami.
Senza svegliarli prendiamo lo zainetto e dopo aver ritirato
il diario, la collana ed il braccialetto lo porgiamo all’infermiera.
“Come sta Drago?" le chiediamo.
La ragazza, con voce sensuale e civettuola, risponde: “Ha
ripreso conoscenza ma non ha ancora pronunciato parola.”
“Portagli i miei saluti e digli di prepararsi per la festa
di stasera, ora è un uomo ricco.”
L’infermiera ci guarda crucciata e continua: “Non credo
abbia voglia di festeggiare dopo quello che è successo. Lo hai ridicolizzato di
fronte a tutto l’equipaggio, non lo vorranno più come capitano.”
I suoi occhi luccicano e sta per piangere.
“C’è qualcosa che non so?” le domandiamo, “Sembri un po’ troppo dispiaciuta per la sua
sfortuna. Questa nave appartiene al principe, Drago l‘aveva solo in custodia e
farà il suo dovere.”
“Lo so ma io lo amo e
mi dispiace vederlo così, forse avresti fatto meglio a lasciarlo morire nella
giungla, non accetterà mai di farsi soppiantare da un ragazzino.”
Si interrompe ed inizia a piangere.
“Cosa sono queste lacrime? invece di far festa... di’ a
Drago di non pensare a nulla, troverò il modo di far contenti tutti. Fuori da
questa grotta sta per scoppiare una guerra che avrà sviluppi imprevedibili,
nulla di quello che era sarà più, per sopravvivere abbiamo bisogno uno
dell’altro, a me serve la sua esperienza ed a lui... digli che ho trovato la
spada, capirà. Il capitano della nave continua ad essere Drago, comunque, se la
cosa non gli garbasse, potrà sbarcare quando e dove vuole e saprò ripagargli
questi anni da farlo vivere come un nababbo per il resto dei suoi giorni.
Adesso basta parlare di questo. Africa si è ripresa?”
“È ridotta male ma nulla di grave...le rimarrà qualche
segno. Adesso vado, in infermeria mi aspettano.”
“Come ti chiami?”
“Polina.”
Gli occhi della ragazza si sono rasserenati. Ci bacia
velocemente una guancia sfiorandola con le labbra ed esce correndo con lo
zainetto.
Li ò, Sci e Saetta continuano a dormire. Saetta deve essere
stata sveglia tutta la notte in attesa, al polso le brilla il braccialetto.
Prendiamo le nostre cose e torniamo su. Il tesoro è stato
coperto con dei teli e la maggior parte dell’equipaggio è indaffarata sui
ponti, l’aria è fresca ed umida, qualche
grosso gocciolone piove dal tetto della grotta spiaccicandosi sulle assi.
Fuori la bufera imperversa, la serranda è scossa da tremiti
e vibra sferragliando.
Scendiamo nell’officina di Archimede e da lì passiamo nella
camera segreta, posiamo l’arco e la faretra nell’armadio, ci spogliamo degli
abiti inzuppati che odorano ancora di elefante, ci togliamo il fodero,
riponiamo il diario in un cassetto poi prendiamo la collana ed il braccialetto
e vestiti solo dei regali entriamo nell’alcova.
Micia è seduta davanti allo specchio con Zuzù alle spalle
che la pettina. Ambedue indossano
vestaglie di seta semitrasparenti con ricami traforati accentuati nelle zone
erotiche.
Una luce tremolante ed azzurrina che proviene da una lampada
rotante sul soffitto illumina la stanza di onde marine che scivolano nell’ aria
e sulle pareti frangendosi contro i loro corpi.
Non ci hanno sentiti, arriviamo silenziosi, pizzichiamo il
culo di Zuzù e diamo un bacio sul collo
a Micia.
Zuzù strilla fregandosi la parte pizzicata e Micia spalanca
gli occhi di contentezza.
“Sei arrivato finalmente…” dice sospirando, “te ne sei andato senza dir nulla, questa
notte non sono riuscita a dormire, sei ancora un ragazzo, saperti solo nella
giungla con Drago che…”
“È stato un gioco.” mormoriamo mettendole la collana al
collo.
Micia rimane sbalordita dalla sorpresa. Guarda la collana ed
esclama: “Questa è la Luce di Delhi!…dove l’hai trovata?”
“Dove l’ho rubata…che ti importa? Un regalino per
te.”
La collana è magnifica. Pietre preziose e perle dai colori
delicati disegnano sul decolleté la figura di un busto femminile con tre
braccia dalle mani affusolate per parte
avvolte intorno ad un diamante grosso come una noce che brilla di luce propria.
Micia accarezza la collana guardandosi allo specchio.
“Che sorpresa rivederlo, conosco bene questo gioiello, il
principe lo donò alla principessa di Delhi per ringraziarla di averci ospitati
durante i nostri viaggi... e adesso è qui.”
“Ti sta proprio bene.” le diciamo baciandole una spalla.
“Oh!…” sbuffa Micia scrollandosi la spalla tutta percorsa da
tremiti, “Non ho mai dato importanza ai
gioielli... il principe me ne regalava tanti...mi faceva scorrere manciate di
pietre preziose sul corpo, ne avevo un baule pieno, le ho dovute vendere tutte
per pagare gli stipendi all’equipaggio, i bottini di Drago erano così scarsi
che bastavano appena per il te. Ero così gelosa quando la regalò, Delhi voleva
partire con noi ma il principe non volle...non credo sia contenta di averla
persa...chissà che cosa le è successo…”
Rimane qualche secondo silenziosa poi si gira e ci abbraccia:
"Non potevi farmi regalo più gradito...la metterò solo per te!”
Ci annusa la pelle e continua: “Puzzi di cacca, è questo il
modo di presentarti ad una principessa? Sono così contenta che…”
La interrompiamo: “Cacca di elefante e cannibali e iene, poi
incendi esplosioni, pirati, rinoceronti, coccodrilli…sapessi che storia, adesso
ho bisogno di un bagno, un bel massaggio e poi un letto morbido e caldo.”
“Sì…” mormora Micia arrossendo, “tutto quello che vuoi…”
Ci libera dall’abbraccio e dice: “Zuzù, accompagnalo in
bagno...ho preparato dei pasticcini di sfoglia con panna e cioccolato, li
gradisci?”
“Ho più sonno che fame ma ne assaggerò volentieri qualcuno.”
Nel bagno, mentre Zuzù prepara la vasca, ci sediamo sul
water e facciamo i bisogni, poi ci immergiamo nell’acqua calda e profumata.
Zuzù esce e ritorna poco dopo con un vassoio di pasticcini ed un bricco di
caffè e ce li posa a portata di mano. Ha il broncio e ci guarda crucciata.
“Che ti succede?” le chiediamo.
“A lei regali le collane ed a me i pizzichi... bell’amico
che sei.”
“Ad ognuno il suo, che ti aspetti da me?”
“Nulla, sono solo una zucca, una povera illusa!”
“Dammi la mano.”
“No!”
“Dai...non fare così... dammi la mano.”
“No! Non avrai più niente da me!”
Le prendiamo una mano di scatto e la spingiamo sott’acqua
infilandole il braccialetto.
Zuzù si impunta e libera la mano, fa per inveire poi rimane
a bocca aperta ad osservare il gioiello.
L’abbiamo preso senza guardare ma è stata una buona scelta,
un mosaico di brillantini, diamanti, smeraldi, rubini, topazi che disegnano una
conchiglia tirata da un volo di cigni sopra le onde marine incastonato su una maglia tessuta a fili
d‘oro bianco vaporosa come una nuvola.
Zuzù balbetta incantata: “Questo per me? Non è che poi te lo
riprendi…”
“Uffa!”
“Non ho mai visto una cosa cosi bella...mi hai
ricordata...allora è vero che ti piaccio…”
“Non montarti la testa... l’ho preso a caso, ce n’era una
montagna, non è costato niente.”
“Cosa dici? hai rischiato la vita...sei un tesoro... sono
tutta bagnata, cosa vuoi che faccia?”
“Per iniziare vorrei una bella insaponata morbida
dappertutto.”
“Subito... assaggia un pasticcino, sono deliziosi, li ha
fatti Micia.”
Zuzù inizia ad insaponarci i piedi e poi sale sulle gambe,
si sofferma a lungo e delicatamente sul cazzo facendocelo diventare duro come
un cannone, poi il sedere, sale sul
torace, la schiena e completa l’opera spalmandoci lo shampoo sui capelli.
“Delizioso…“ mormoriamo tutti goduti con la bocca dolce per
i pasticcini, “adesso sciacquami con le
tette.”
“Come faccio?” chiede ritraendosi.
“Ecco, rischio la vita e tu mi rifiuti un piccolo favore... sono
stanco, voglio qualcosa di morbido, le tue tette sembrano fatte apposta.“
“Tu sei matto... dovrei entrare in acqua...mi rovinerò il
trucco...ci ho messo tutta la notte per farlo.”
“Va be‘, allora mi sciacquo da solo.”
“Aspetta!”
Di slancio si toglie
la vestaglia ed entra in acqua abbracciandoci stretti.
“Così va bene?” chiede sfregandoci le tette sul petto.
“Mmm...sì, dappertutto.”
Ci rilassiamo stendendoci per lungo nella vasca, Zuzù fa
abbassare il livello dell’acqua poi apre il getto flessibile e se lo sistema
nell’incavo delle tette iniziando a sciacquarci i piedi. I suoi capezzoli sono
gonfi e trasudano un umore biancastro.
“Tu devi essere proprio speciale, “ dice seguendo il nostro
sguardo, “Mi hai fatto venire il
latte.”
Continua a strofinarci risalendo le gambe, stringe le tette
intorno al cazzo, sale sul petto, ci gira e finisce di sciacquarci fino alla
testa poi ci rigira e scende nuovamente al cazzo, lo stuzzica con la lingua poi
lo stringe tra le tette e inizia a succhiarlo a tutta gola e lingua.”
“Impari in fretta.” Le diciamo accarezzandole i capelli.
“Mi piaci!" mormora lei a bocca piena.
La solleviamo sbaciucchiandole le labbra.
“Continueremo dopo, adesso andiamo a letto.”
“Come vuoi... io non smetterei mai.”
Fuori dalla vasca ci asciughiamo a vicenda. Zuzù dice: “Ho
l’impressione di conoscerti da sempre, mi sento come…se fossimo una cosa sola.”
I trucchi le si sono impiastricciati sul viso, le labbra
sono gonfie sfumate dal rossetto. Fa per ripulirsi allo specchio ma la
fermiamo: “Rimani così, sei molto eccitante.”
Torniamo nell’alcova.
Micia è coricata sul letto, la vestaglia aperta, le gambe
fasciate da sensuali calze nere con giarrettiere luccicanti, tra le labbra
accese di rossetto le brillano i denti.
Guarda Zuzù nuda col braccialetto al polso, alza un
sopracciglio e ride.
Ci tuffiamo sul letto poi stringiamo con le gambe i fianchi
di Micia e sistemiamo Zuzù a cuscino succhiandole un capezzolo. Il sapore
agrodolce del suo latte si mescola alla panna ed al cioccolato…
Micia inizia subito a titillarci il cazzo con la lingua poi
lo ingoia e rimane a masticarlo lentamente.
Abbiamo un orgasmo, una bella sborrata lunga e goduta e ci
addormentiamo continuando a scorrere nel sogno.
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