Cap.8 Le iene,





                       8   Le iene. 


                                             PIÙ VELOCE DELLA LUCE
                                             HO VISTO L’ERBA CRESCERE
                                             ADESSO VEDO LA LUCE
                                             NELL’ERBA CHE CRESCE.                                

Il gruppetto si impietrisce alla notizia.

Fu ci stringe un braccio e sbotta: “Come fai a dirlo? Drago non si fa catturare!”

Zip scuote la testa: “Impossibile! Erano armati e tutte cinture nere, non possono averli sorpresi.”

“Possono eccome se a quell’albero c’era una trappola…li vedete quegli avvoltoi  che ci girano sopra? Ci sono anche tre cannibali che sono appena usciti dalla giungla e stanno correndo alla missione probabilmente per avvertirli e poi i tam tam segnalavano proprio la loro posizione, non vi basta?”

Tazza interviene: “È  vero, dovrebbero essere tornati già da un’ora. Non li lasceremo certo in mano ai cannibali. Chiamiamo la nave, verranno tutti,  metteremo la giungla a ferro e fuoco!”

“Sarebbe inutile…” diciamo,  “ci vorrebbe troppo tempo e fra sette ore farà notte, i cannibali non sappiamo dove sono e neppure quanti sono, rischieremmo di perdere Drago e la nave, dobbiamo giocare d’astuzia.”

“Intendi forse abbandonarli?” domandano Tazza e Zip insieme.”

“No fin quando ci sarà una probabilità che siano vivi... siete disposti ad aiutarli anche se ci fosse da andare in mezzo ai cannibali.”

“Certo!” rispondono tutti.

Guardiamo i due marinai chiedendogli: “Dove avete nascosto le canoe?”

Zip risponde: “Più giù sulla riva, siamo risaliti a piedi cancellando le tracce.”

“Se li hanno catturati è probabile che i cannibali seguano a ritroso le loro orme, hanno il fiuto dei cani e potremmo trovarceli addosso da un momento all’altro. Voi due ci aspetterete qui. Lasciate le vostre canoe dove sono, prendete la nostra e spostatevi sull’altra sponda del fiume.

“Dobbiamo abbandonarle? Abbiamo un sacco di roba sopra.”

“Quando le troveranno saranno meno guardinghi nel cercare noi. Nascondetevi,  se entro domattina non saremo tornati rientrate alla nave e partite.”

“Senza di voi? Non vi lasceremo andare, siete solo dei ragazzi.”

“Non discutete. In quattro daremo meno nell’occhio e qualcuno deve rimanere per avvertire la nave, quando si gioca d’astuzia il numero superiore dell’avversario è un elemento a favore. Se tutto va bene saremo di ritorno per sera, con Drago o almeno con notizie certe su quello che gli è successo.”   

“Se non saremo nelle pance dei cannibali…” aggiunge Li ò sospirando.

“Se vuoi puoi rimanere con loro ed anche voi.” diciamo agli altri due.

Li ò, Fu e Scintilla si dondolano sulle gambe senza rispondere.

Tazza dice: “Hai le idee chiare, ti abbiamo visto all’opera e ci fidiamo di te, faremo come dici anche se ci dispiace di lasciarvi andare soli. Abbiamo una radio,  dobbiamo avvertire la nave?”

“No, meglio non creare allarmi prima del tempo. Anche noi abbiamo una radio ma è meglio non usarle, alla missione potrebbero intercettare le chiamate e non devono sapere chi siamo, comunque lasciateci la vostra frequenza, non si sa mai.”

Torniamo al nostro approdo. Per strada Fu ci mette una mano sulla spalla e dice: “Lo so che tutto questo è pazzia, forse stiamo sognando e tra un po’ ci sveglieremo ma ammiro il tuo coraggio, sono pronto a seguirti ovunque.”

“Anche noi!” esclamano Sci e Li ò.

Arrivati  aiutiamo Tazza e Zip a mettere in acqua la canoa.

“Avete mine elettriche?”  gli chiediamo.

“Sì, una bella scorta.”

“Bene, se i cannibali fiutano le vostre tracce e cercheranno di guadare il fiume usatele, quando torneremo sentirete un gallo cantare, a quel punto tornate da questa parte e poi si vedrà. Ora andate e buona fortuna.”

“Buona fortuna anche a voi” ricambiano i due poi salgono sulla canoa e si dirigono versa l’altra sponda.

“Siete pronti?” chiediamo ai rimasti.

I tre ci guardano con aria complice assentendo col capo.

“Cercheremo di raggiungere l’albero dove hanno catturato Drago. Ora allontaniamoci da qui, giriamoci, camminiamo al contrario.”

“Come i gamberi?” chiede Sci e Fu: “A che serve?”

Una precauzione, così penseranno che ce ne siamo andati anche noi.”

Ripercorriamo a ritroso il sentiero fatto prima ed arriviamo al bordo della giungla. Col binocolo guardiamo la savana. I tre cannibali sono quasi arrivati alla missione, tra le capanne ci sono degli ominidi simili ma più piccoli e meno muscolosi vestiti con gonnellini di tela grezza che gesticolano verso di loro.

“Seguitemi!” diciamo,  “Fu, rimani in coda, ogni tanto controlla che nessuno ci segua, restiamo al riparo degli alberi, di corsa!”

Iniziamo a correre a piccoli balzi costeggiando la savana. Il terreno è erboso solcato da peste e fatte di numerosi animali, per strada incontriamo le due giraffe di prima che brucano le foglie di un albero, alla nostra vista si rimettono in marcia  scrutando i dintorni dall’alto quasi come se ci volessero fare da apripista.

Le seguiamo in silenzio per un paio di chilometri senza incontrare ostacoli poi le giraffe si voltano sghignazzando, sbruffano con le froge e si lanciano correndo verso la savana.

Siamo in vista dell’albero. Percorriamo l’ultimo tratto camminando spediti e ci fermiamo ad una decina di metri da quello al riparo dei cespugli.

“State qui!” diciamo ai tre poi strisciamo fino all’albero.

Sul sentiero che ci passa accanto ci sono ossa insanguinate sparse, le più grosse spezzate col midollo succhiato. Numerosi avvoltoi le stanno rotolando alla ricerca di pezzetti avanzati, stridono e si azzuffano sollevando polvere, qua e là si vedono brandelli di una tuta mimetica insanguinati.

Fu, Sci e Li ò ci hanno raggiunti silenziosamente e stanno guardando alle nostre spalle. “Quello era uno dei nostri!” bisbiglia inorridito Fu.

“Cacciamo quelle bestiacce!” dice Sci.

“Zitti!” sbuffiamo,  “Volete mettere in allarme i cannibali? ce ne devono essere a frotte qui intorno. State fermi, non muovetevi, tanto quelle ossa non sentono più niente.”

Camminando quatti al riparo dei cespugli aggiriamo gli avvoltoi e ci avviciniamo all’albero. Sul terreno a fianco c’è una profonda buca semi coperta da frasche completamente avvolta da una rete metallica macchiata di sangue.

“Li hanno messi nel sacco e poi tramortiti a sassate!” mormoriamo osservando le numerose pietre tra le maglie della rete,  “questa trappola viene dalla missione, non possono averla messa i cannibali... l’albero serviva da esca per i curiosi e Drago ci è cascato in pieno.”

Raccogliamo un grosso sterpo da terra e lo gettiamo contro l’albero per assicurarci che non ci siano altre reti tese poi saliamo sui primi rami.

Col binocolo guardiamo la missione. Dalla palizzata si apre il portone, escono prima i tre cannibali poi un grosso carro col pianale scoperto trainato da due cavalli, a cassetta ci sono due uomini vestiti con un saio scuro ed il volto celato da un cranio di coccodrillo con le fauci spalancate verso l‘alto, dietro  seguono una dozzina di ominidi col gonnellino. I tre davanti aprono la strada correndo ed hanno imboccato il sentiero che porta qui. 

Scendiamo dall’albero. Sulla strada ci sono numerose peste di cannibali mischiate alle  suole del gruppo di Drago, strisciate di corpi trascinati e grumi polverosi di sangue, brandelli di stoffa… dopo averli tramortiti li hanno trasportati al villaggio…se sono andati a chiamare i monaci qualcuno deve essere ancora vivo. Col binocolo guardiamo ancora verso il gruppo che si  avvicina, che vorranno fare con quel carro? Un carro serve a trasportare quindi...

Torniamo dalla banda, ci stanno aspettando coricati a terra ansiosi, dopo aver visto le ossa sono diventati seri e attenti.

“Che cosa hai visto?” domanda Fu.

 Stanno arrivando, tenetevi pronti.”

“Arrivano i cannibali? devo suonare la tromba?” chiede Li ò.

Stiamo calmi, son solo un gruppetto e arrivano dalla missione. Drago e gli altri devono essere prigionieri ed i missionari li stanno andando a prendere con un carro. Seguiremo le loro orme, ci porteranno fino al villaggio dei cannibali e poi decideremo cosa fare.

Sci ha un brivido: “Che emozione…” 

“Chiamala pure fifa.” dice Li ò.”

“Li faremo tutti secchi!” aggiunge Fu.

“Senza fretta, arriveranno fra un po’... Sci, c’è ancora qualche panino?”

“Sì... li ho messi nello zaino di Fu con quel che resta del te.”

“Bene, facciamo merenda.”

 La posizione del sole segna le quattro del pomeriggio, il caldo è afoso mitigato da una brezza profumata d’erba, fiori e sterco che arriva dalla savana. Gli schiamazzi degli avvoltoi coprono ogni rumore.

 

“Sniff sniff!”

Scintilla si gira verso la siepe: “Chi è che annusa?”

Nell’intrigo delle foglie ci sono due occhi giallastri che la fissano, un ringhio sottile,  le foglie strusciano.

Un attimo dopo la lancia aghi di Sci scatta,  si sente: “Plop! Svisssh! Paff!” ed un guaito di dolore: “Caì.”

Un corpo cade a terra. Balziamo in piedi. Dietro la siepe c’è una iena addormentata dal veleno dell’ago. La coda muove ancora percorsa da fremiti.

Sulla strada ci sono altre due iene in competizione con gli avvoltoi per le ossa, ci vedono, annusano l’aria e si avvicinano a passi lenti ringhiando.

Fu tira un sasso con la fionda colpendone una al naso. La iena fa un balzo indietro guaendo di dolore poi tutte e due scappano dileguandosi nel folto.

“Hanno sentito il nostro odore…” diciamo,  “sarà meglio prendere qualche precauzione ed adeguarci alle  usanze della giungla.”

In uno spiazzo tra gli alberi poco distante, fresche di giornata, ci sono delle grosse fatte di elefante. Le raggiungiamo, ne prendiamo una manata e ce la strofiniamo sulla giacca, un’altra e la passiamo sui pantaloni e sulle scarpe, un’altra e ci strofiniamo i capelli ed il volto.

“Dobbiamo farlo anche noi?” chiede Li ò arricciando il naso.

“Certo, sbrigatevi!”

I tre si avvicinano alle fatte ed iniziano a spalmarsele sul corpo inizialmente con repulsione poi ridendo e gettandosele addosso.

“Qualcuno mi aiuti a spalmarla sulla schiena.” diciamo sfregando quella di Li ò.

Scintilla raccoglie una manata e ce la stende.

“Ed io che sognavo di spalmarti di baci…” sussurra sottovoce,  “cos’hai sotto la giacca?” Tenta di impugnare il tubo  e ritrae subito la mano con uno strillo di dolore: “Ahi! M’ha dato la scossa. Che cos’è?”

“Non lo so ancora ma forse ci verrà utile.” rispondiamo estraendo il tubo dal fodero.

“Che male.” geme Sci agitando la mano e soffiandoci sopra.

“Evidentemente non vuole essere toccato.” Lo rimettiamo a posto e le diciamo:

“Adesso girati che ti passo un po’ di merda.”

Spalmiamo la schiena di Sci e poi tutti insieme quella di Furfante, intanto è passata una mezz’ora, si comincia a sentire il rumore del carro ed il trotto dei cavalli.

“Stanno arrivando, nascondiamoci!”

Ci buttiamo a terra dietro una siepe a qualche metro dalla strada.

Pochi minuti dopo, tra grida e strepiti, gli avvoltoi si alzano in volo. Entrano in scena i tre cannibali con la lingua fuori ansanti per la corsa, poi il carro ed infine la retroguardia, ci passano davanti sollevando un polverone di sabbia. I cavalli sono schiumanti di sudore. Gli ominidi dietro sono scuri, alti e robusti, hanno il viso e le gambe senza incrostazioni di fango, i capelli crespi e collane di ossa che gli ciondolano sul petto. Rispetto ai tre davanti corrono eretti sibilando dalle bocche socchiuse da cui sporgono grossi canini. I due frati a cassetta tengono la testa alta con le fauci di coccodrillo aperte che dondolano mordendo l’aria ai sobbalzi del carro, sono alti sul metro e ottanta, hanno i lineamenti del corpo regolari ed i sai che li vestono sono di stoffa fine.

Uno tiene le redini, l’altro impugna una lunga frusta e la fa schioccare sopra le schiene dei cavalli. Fra le gambe stringono due grossi fucili a trombone con la canna corta.

Lasciamo passare un paio di  minuti e ci buttiamo all’inseguimento, le tracce delle ruote e degli zoccoli dei cavalli spiccano chiare sul terreno, procediamo in fila indiana tenendoci ai bordi del sentiero, ad ogni curva ci fermiamo per controllare mentre il rumore del carro continua a sferragliare in lontananza.

Dopo circa un chilometro sul fondo del rettilineo che segue una svolta la strada si restringe passando sotto un ampio arco formata dal fogliame unito di due grossi alberi che crescono ai lati.

Ci fermiamo.

“Che succede?” chiede Fu.

“Voglio controllare.”

Tiriamo fuori il binocolo e lo puntiamo. Accucciati sotto gli alberi della strettoia ci sono due dei cannibali che correvano in testa al carro. Aspettiamo qualche minuto e quelli non accennano a muoversi.

Anche gli altri li hanno visti e ci guardano preoccupati.

“Li hanno lasciati a controllare la strada…” diciamo,  “bisogna eliminarli.”

“Aggiriamoli e prendiamoli alle spalle.” dice Fu.

“No, potrebbero sentirci e dare l’allarme, ho un’idea migliore.

Mettiamo una mano sulla spalla di Li ò e gli chiediamo: “Ti senti coraggioso?”

“Così così…”

“Non così così...una tigre!”

“Grrr! Suono la tromba?”

“Non ancora. Ascolta, adesso ti vai a coricare in mezzo alla strada in modo che i cannibali ti vedano bene e fai finta di stare male, gemi, lamentati.”

“Lo faccio subito, quelli mi mangiano!”

“Saremo noi a mangiare loro. Quanto ti vedranno verranno a controllare, ti scambieranno per una facile preda. Noi aspetteremo nascosti ed appena si avvicinano li facciamo secchi. Al mio segnale tu scatti in piedi e suoni la tromba,  al resto penseremo noi.”

“Li ò storce il naso: “Ho un po’ di fi... emozione! E se non ci cascano?”

“Ci cascheranno…un giorno qualcuno scriverà una storia sul tuo coraggio e la racconterà a tutti i bambini del mondo.”

“Davvero? allora  vado.”

“Aspetta prima che ci appostiamo.”

 Spingiamo Sci e Fu in un avvallamento del terreno coperto da un cespuglio vicino al ciglio della curva poi facciamo segno a Li ò di coricarsi sulla strada davanti a noi.”

Li ò esita un attimo, ci guarda con occhioni ansiosi e poi deciso si butta nel luogo indicato e inizia a contorcersi e gemere da attore provetto con la tromba stretta in mano, le dita già pronte sui tasti.

I due cannibali si alzano di scatto ed iniziano a saltellare a quattro zampe annusando l’aria e grugnendo indecisi poi visto che Li ò continua a gemere inerme si avvicinano lentamente strofinandosi la lingua sulle labbra.

Sottovoce diciamo: “Sci, spara un ago a quello a destra e tu Fu tira una fiondata sulla testa dell’altro. Tranquilli, come se giocassimo sul ponte della nave.”

“Ok Ji!" sussurra Sci dandoci un pizzicotto sul sedere.

“Che ti prende?”

“Hai un bel culo, non ho saputo resistere.”

“Ti sembrano discorsi da fare adesso?”

Scintilla ride.

I cannibali sono arrivati a cinque passi da noi, avanzano cauti probabilmente confusi dall’odore di elefante dei nostri abiti, infine si decidono e si lanciano sulla preda.

“Adesso” grido.

Li ò scatta in  piedi e soffia nella tromba. Al posto del ruggito esce un sonoro raglio d’asino ma ottiene comunque l’effetto, i cannibali si immobilizzano per la sorpresa  e svisssh! toc! vengono colpiti dai proiettili di Fu e Sci.

Ora sono a terra immobili.

“Evviva!” strilla Li ò, poi guarda la tromba e con aria crucciata mormora: “hmmm…devo aver sbagliato tasto.”

Fu gira un cannibale spingendolo col piede. “Che brutti che sono, che tanfo… guarda che denti... peggio dei lupi...non possiamo lasciarli vivi, se si svegliano daranno l’allarme.” Sfila un pugnale dalla tuta e ringhia: “Adesso gli taglio la gola.”

Lo fermiamo: “Aspetta.”

Sfioriamo con la mano il torace di uno, ha la pelle rugosa e dura cosparsa di fango rappreso, nei punti scoperti completamente priva di peli. La schiena è curva, gli arti sproporzionatamente lunghi con le gambe arcuate. Su una spalla è marchiato a fuoco la testa di un coccodrillo vista di profilo con le fauci aperte. Odorano fortemente di orina stantia.

Stiamo per lasciarli al coltello di Fu  quanto un rumore alle nostre spalle ci fa girare di colpo. Le due iene che avevamo cacciato hanno chiamato rinforzi e son tornate sulle nostre tracce. Sono una decina, avanzano quatte sbavando con gli occhi famelici che ci fissano feroci.

“Li ò, suona la tromba!” diciamo.

“Si sente un miaoooooo di gatto innamorato.”

“Accidenti!” esclama Li ò,  “Ho di nuovo sbagliato tasto!”

Riprova ancora e finalmente ruggisce la tigre.

Le iene si immobilizzano guardandoci con occhi sorpresi.

“Piano…” diciamo,  “camminiamo piano all’indietro, tenete le armi puntate,   allontaniamoci senza fretta, penseranno loro ai cannibali.”

Le iene ci seguono poi si fermano ad annusare i corpi svenuti, un attimo dopo comincia il banchetto, carne squarciata, ossa spezzate, schizzi di sangue e non si curano più di noi.

“Gambe, corriamo!”

Percorriamo qualche centinaio  di metri passando sotto la volta di fronde poi ci fermiamo ansanti, nessuna iena ci ha seguiti, adesso sulla strada si aprono numerosi viottoli che si inoltrano nella giungla, la vegetazione è fitta ma gli spazi tra gli alberi sono puliti e battuti da numerose impronte.

La carrozza non si sente più, in compenso in lontananza giunge un suono prolungato di grida femminili rauche e aspirate che si alza e abbassa di volume al ritmo scatenato dei tam tam. Il villaggio dei cannibali.

 

Sono le cinque del pomeriggio, minuto più minuto meno. La storia cammina,  l’embrione cresce, farsi sorprendere dalla notte in mezzo alla giungla con tutti i cannibali e le belve feroci non è una cosa buona ma chi può dire come andrà?

Il vento è ancora cambiato, adesso soffia verso la savana e porta l’odore del villaggio, un afrore misto di sterco, orina e fumo di legna, devono aver acceso il fuoco, chissà? Forse per cucinare Drago.

“Non possiamo continuare sulla strada…” diciamo,  “il villaggio è vicino, ci saranno cannibali appostati, se non li abbiamo ancora incontrati è perché stanno festeggiando la cattura di Drago.”

“Che facciamo, ci mettiamo a volare?” chiede Li ò.

“Magari... aspettate qua, salgo su un albero, dall’alto si può vedere meglio.”

Ci arrampichiamo fin sulla punta d’una grande acacia vicina alla strada. Seguiamo col binocolo sopra il mare di foglie ondeggiate dal vento la direzione dei canti e dei tam tam. Ad una distanza di un chilometro verso est la foresta s’interrompe per far spazio ad un grande settore circolare dove però non riusciamo vedere nulla perchè una fila di alberi davanti copre la visuale.

I rumori giungono nitidi, le voci femminili continuano a melodiare su e giù ed il ritmo dei tam tam è accelerato, si sentono anche altri suoni come bastoni che battono tra loro, campanacci, grida acute e gravi inframmezzate a sonori applausi.

Qualcuno ci tocca i piedi. È Scintilla e ci sono anche gli altri.

“Perchè siete saliti?”

“Guarda.” dice Sci indicando la strada sotto.

Evidentemente le iene hanno gradito il banchetto e sono tornate sulle nostre tracce per ringraziare e si devono anche esser passate parola perchè sono aumentate, solo sulla strada ce n’è una cinquantina, nella vegetazione intorno altrettante ed altre se ne vedono arrivare correndo. Il gruppo più vicino si è fermato sotto l’albero dove siamo saliti, molte iene si sono sedute e ci osservano ansando con la lingua penzoloni, non hanno l’aria feroce, sembrano curiose e molte sghignazzano col loro caratteristico verso.

“Che vorranno quelle bestiacce? Ci hanno tagliato la ritirata…” dice Fu,  “adesso non possiamo più scendere!”

“Li ò, agitando la tromba, continua: “Gli faccio sentire la tigre e vedi come scappano.”

Sci lo trattiene: “Bravo, così arrivano i cannibali e ci mangiano.”

Li ò fa l’espressione truce e ribatte: “I cannibali non ci mangeranno, c’è Ji che ci difende.”

Fu, sospirando, dice: “A quest’ora sulla nave si comincia a sentire il profumino della cena dalle cucine, beati loro…”

Li ò gli chiede: “Non pensi a Drago ed ai nostri compagni in mano ai cannibali?”

Fu brontola: “È  vero... perchè Drago è venuto fin qui per farsi catturare? Non è da lui.”

Sci risponde: “Chi lo sa... forse per farsi salvare da noi.”

Interveniamo: “Basta con le chiacchiere, ciarloni…dobbiamo muoverci!”

“E come?” chiedono tutti.

I rami che ci sostengono si intrecciano con quelli dell’albero successivo e di ramo  in ramo intravvediamo una strada che porta fino agli alberi giganteschi che coprono la vista del villaggio.

“Conoscete la storia di Tarzan?” chiediamo.

Li ò risponde: “No...chi è?”

“Era uno che si divertiva a fare la scimmia sugli alberi.”

Fu ride: “Allora doveva essere parente di Sci...lei a fare la scimmia non la batte nessuno.”

Sci ribatte: “Spiritoso...come te a saltellare negli stagni…”

Le iene continuano ad aumentare, sotto l’albero si sente un gran sghignazzare divertito. Con un’idea che frulla insieme al sentore di un qualcosa ancora indefinito, un ricordo dimenticato forse di un’altra vita che cerca di affiorare scendiamo di qualche ramo, ne afferriamo uno dell’albero vicino e con un balzo ci saliamo sopra, ne scegliamo uno della pianta  dopo e ripetiamo il giochetto.

Gli altri sono rimasti fermi a guardare.

Li sprono: “Avanti venite, che aspettate?” 

Sci si muove per prima seguendo il nostro percorso, poi Li ò ed infine Fu. Sentiamo Furfante brontolare: “Proprio a me dovevi dare lo zaino più pesante?”

Sci risponde: “Sei il più forte, l‘hai detto tu.”

“Forte sono forte... sulla strada coi piedi per terra ma qui su questi alberi è diverso.”

“Vuoi che lo porti io?” gli domanda Li ò.”

Fu sbuffa: “ Dai muoviti... segui Sci altrimenti restiamo indietro.”

Il percorso è agevole, quasi divertente, i rami sono solidi e ci sono numerose liane che pendono aiutandoci negli spostamenti. Le iene hanno abbandonato la strada e ci seguono da sotto. Sono diventate numerose, qualcuna cerca di salire sugli alberi che via via passiamo, s’appoggiano al tronco e poi si voltano tuffandosi a terra per riprendere l’inseguimento sghignazzando.

Quante sono…” mormora Li ò,  “fortuna che non sanno arrampicarsi…”

Un sentore, tutte queste iene, la spada…

“Fortuna davvero…” diciamo,  “Così se ci sono cannibali ci avvertono, sembrano aiutarci, anche le giraffe prima, non lo trovate strano?”

Scintilla salta sul nostro ramo, si struscia, ci stringe una mano e dice: Devi essere tu, emani un fluido irresistibile.

“Non scherzare…” mormoriamo sempre presi dal sentore…

Arriviamo in prossimità del villaggio. Il ritmo dei tam tam è accelerato, i campanacci suonano all’impazzata e sono aumentati gli strilli che ora tengono i cori altalenanti in sordina.

Sci dice: “Ho voglia di fare pipì.”

Li ò si associa: “Anch’io, me la sto facendo addosso!”

“Scappa anche a me.” sbotta Fu.

“Anche a me, facciamoci una bella pisciata.”

“Come faccio?” strilla Sci,  “Voi avete l’arnese ma io…”

“Le donne, sempre guai…se vuoi ti prendo in braccio.” propone Fu.

“No no…faccio da sola.”

Scintilla si cala i pantaloni della tuta e si accuccia sulla biforcazione di un grosso ramo  facendo uscire uno zampillo dorato che va a cadere sulla testa di una iena che la stava osservando da sotto.

Dopo qualche secondo altri tre zampilli si aggiungono cadendo sulla testa di altrettante iene. Quelle sbalzano a lato scrollandosi e sputacchiando. Sono talmente fitte che sembra di vedere un tappeto di iene, dai loro corpi si solleva un afrore selvatico acre e penetrante, per fortuna tira vento e si può respirare.

“Ahhhh!” sospira soddisfatto Fu scrollandoselo,  “Ci voleva proprio.”

 Scintilla è già in piedi con la tuta rialzata. “Allora ci muoviamo?” dice baldanzosa.

“Aspetta, facciamo una pausa. C’è ancora un po’ di te?” le chiediamo.

“Qualche goccia è rimasta.”

Mentre ci passiamo la fiasca diciamo: “Stiamo per arrivare al villaggio, la trappola che ha catturato Drago era tesa in un punto di osservazione, potrebbero essercene anche qui, facciamo attenzione, non stiamo troppo vicini.”

Arriviamo davanti al filare di alberi che copre il villaggio. Le loro chiome sono talmente fitte di foglie da impedire la visuale, al di là i rumori ed i canti sono assordanti.

Le iene sono tutte accalcate sul terreno, c’è n’è un’infinità. Poco distante si sentono delle grida subito soffocate a cui seguono rumori di tafferuglio ienesco con sordi rantoli e crac! di ossa spezzate.

“Dovevano essere cannibali…” dice Fu guardando in direzione dei rumori,  “le iene li hanno presi.”

“Buon appetito…” mormora Sci,  “come faremo a liberarci di loro?”

Li ò risponde: “Farò squillare la tigre e vedrete come filano.”

Dall’albero in cui siamo al filare c’è una distanza di circa cinque metri e non ci sono rami comunicanti per raggiungerlo a parte uno grande sopra di noi che si diparte dal nostro con una liana penzolante che sembra messa lì apposta per il passaggio.

“Come facciamo?” chiede Fu,  “Non possiamo scendere con tutte quelle iene, dobbiamo per forza passare da qui!”

“Un passaggio obbligato.” diciamo,  “il posto ideale per una trappola, cerchiamo di non ripetere l’errore di Drago. Fu, nel tuo zaino ci deve essere una corda,  prendila.”

“Aspetta, ti aiuto.”  dice Scintilla. Gli apre lo zaino e ci rovista dentro tirando fuori una corda di seta  lunga una decina di metri, sottile e leggera.

Ritorniamo sull’albero precedente, leghiamo un capo della corda ad una freccia e la tiriamo rasente al ramo a cui è fissata la liana facendole fare un giro intorno. Con l’arco agganciamo la freccia penzolante, la tiriamo a noi e stringiamo i due capi  della corda  spingendoli verso il basso facendo dondolare il ramo a cui sono legati.

Un frusciare improvviso di foglie agita l’albero, un attimo dopo una rete sale verso l’alto e si chiude sul ramo sotto la liana dove eravamo prima.

Subito dopo una campana si mette a suonare fragorosamente per qualche secondo.

Il baccano del villaggio ha coperto il rumore, restiamo qualche minuto in attesa poi torniamo sull’albero davanti.

“Pensa se ci cadevamo dentro!” sbuffa Li ò.”

 Sci tocca la rete metallica penzolante e chiede: “Come hai fatto a capirlo?”

“Ho calcolato l’errore di Drago, i cannibali sono esperti nel mettere trappole ma non credo che questa sia opera loro, è di ferro, devono essere i missionari che gliel‘hanno data. Sono molto astuti.”

Fu dice: “Io ci sarei cascato a pesce, forse hai ragione tu, senza astuzia la forza è inutile.” 

“Bella scoperta! Ora passiamo dall’altra parte, vado per primo così se ci sono altre trappole mi vieni a tirar fuori.”

Afferriamo la corda e con un balzo saltiamo su un ramo del filare. Nessuna trappola scatta. Controlliamo i rami vicini muovendoli con l’arco, tutto a posto. Stacchiamo una fronda, la leghiamo alla corda e la spingiamo verso gli altri.

“Prima Li ò.” diciamo.

 Li ò freme: “Che fi... emozione, se casco giù?”

Le iene sotto, come risposta, facendo scintillare denti ed occhi, esplodono in una sghignazzata generale.

Lo rincuoriamo: “Non ci pensare, legati due giri di corda intorno alla vita e poi buttati verso di me, come se fossimo sul ponte della nave a divertirci.”

“La fai sempre facile tu.” mormora. Attorciglia due giri di corda al corpo e si butta. Lo afferriamo ad un braccio aiutandolo a salire sul ramo.

Fu e Sci lo seguono senza esitazioni.

Ritiriamo la corda ed appena pronti diciamo: “Ora procediamo cauti...qui non ci sono trappole ma non si sa mai…senz’altro le avranno messe nei rami inferiori ed a terra.”

Controllando ramo per ramo ci spostiamo in avanti fin quando, spostando una fronda, appare il villaggio dei cannibali.

                     

                        Il dio cibo.


Il codice della giungla è la forma di un segno la cui legge agente è la domanda e offerta di cibo in qualsiasi manifestazione intermedia, come denaro o merce di scambio, essa appaia.

Nominato il segno tutto il resto è conseguenza, purchè si mangi.

Cibo materiale elevato a dogma esposto sulla croce per la fame della tribù, il dogma è totem che i fedeli invocano con la speranza di riempirsi la pancia. Sono  bestie e si comportano in modo del tutto naturale.                                           

Mettiamo per ipotesi che i cannibali di questo villaggio siano un modello campione istruito dai missionari e abbiano imparato da poco a parlare, non pronunciano ancora le vocali e storpiano le consonanti dilatandone i suoni in parole. Il dio cibo viene invocato modulando solo la C e la B.

Ci siamo sistemati comodi su due grossi rami allo stesso livello sulla sommità dell’albero, noi e Li ò su uno, Sci e Fu sull’altro e abbiamo spostato le fronde in modo da guardare senza essere visti. Sono le sei del pomeriggio, il sole in declino allunga le ombre sul villaggio, un grande piazzale circolare di circa due chilometri di diametro diviso in tre gironi della stessa larghezza. Ogni girone è separato dall’altro con un recinto di pali alto circa tre metri, il primo metro da terra i pali sono serrati a muro ed i due sopra  distanziati di qualche centimetro in modo che si possa vedere senza entrare.  

La palizzata che cinta il villaggio è alta il doppio, i pali sono più spessi e la distanza tra loro ridotta a pochi millimetri. Intorno a questa gira una fitta  siepe di rovi ed un fossato con acqua profonda largo un paio di metri sul ciglio esterno del quale cresce il filare di alti alberi dove siamo appostati.

Una passerella di legno collega la strada che proviene dalla giungla ad una più stretta lastricata di pietre che passato il cancello d’ingresso continua in linea retta attraversando il villaggio fino al centro. La strada interna è chiusa da cancelli ad ogni girone.

Nel centro su un rialzo del terreno alto cinque o sei metri c’è una grande gabbia a base quadrata dieci metri per dieci ed alta circa tre con un tetto piramidale di sterco, fango secco e rami intrecciati. Le pareti della gabbia e l’intelaiatura del tetto sono fatte di  sbarre di legno distanti cinque centimetri una dall’altra simile alle sbarre che dividono i gironi. Dentro sono stipati centinaia di cannibali neri, probabilmente prigionieri di altre tribù.

A colpo d’occhio si vede una gabbia dentro una gabbia all’interno di una gabbia chiusa in una gabbia, la centrale quadrangolare  coperta, le altre circolari a cielo aperto.

Intorno alla gabbia del cibo, a metà tra questa e la cinta che divide il primo dal secondo girone ci sono sette grosse capanne di legno squadrate col tetto piramidale con altre più piccole accanto, hanno una porta e diverse feritoie aperte e sono addobbate con ossa, teschi e cose simili. Davanti al cancello d’ingresso c’è un ampio piazzale dove davanti al carro dei missionari  sono radunati una decina di cannibali d’alto rango, i nobili, più grossi della media, nerissimi, vestiti con un gonnellino d’ossa intrecciate con piume variopinte ed un serpente imbalsamato attorcigliato a turbante sopra la testa.

Stanno confabulando concitatamente, per terra vicino a loro, con le tute a brandelli, laceri ed insanguinati, ci sono Drago e i quattro marinai superstiti della spedizione. Hanno le braccia incrociate sul petto con le mani legate ad un palo dietro la schiena.



Alla base del rialzo sotto la gabbia dei prigionieri di fronte al cancello, incavati nella terra, ci sono due scranni, in uno è seduto il re, un grosso cannibale col corpo completamente rivestito di piume sgargianti con in testa una corona di denti di coccodrillo  rivolti verso l‘alto, in mano stringe un grosso femore intarsiato, nell’altro la regina, anche questa vestita di piume sgargianti con numerose collane d’ossa e pietre colorate che gli pendono dal collo ed un serpente imbalsamato con quattro teste sporgenti che gli corona la fronte.

Tra le capanne del primo girone sono accesi dei falò intorno ai quali ci sono dei cannibali col gonnellino accucciati a terra davanti a tronchi cavi che  battono  con bastoni facendo più fracasso che possono ed intorno a loro altri cannibali in piedi, maschi e femmine, che agitano campanacci e sonagli ballando e gridando a ritmo. Le femmine sono vestite con un tubo di tela più o meno variopinto che da sotto le ascelle gli scende fino alle caviglie e portano collane e bracciali d’osso.

Il cancello del primo girone è aperto, devono aver appena fatto passare il carro. Un missionario lo sta girando volgendo i cavalli verso l’uscita mentre il cancello viene rinchiuso.

Il secondo girone  è occupato da numerose capanne, queste sono circolari, più piccole delle centrali, tutte chiuse da  piccoli recinti dentro ai quali razzolano galline e qualche capra. Tra le capanne ci sono pochi cannibali, la maggior parte è assiepata contro le sbarre della gabbia intorno al cancello e stanno guardando nel primo cantando, ballando e battendo mani e bastoni.

Il terzo girone è senza capanne, ci sono centinaia di buchi nella terra scavati come tombe coperti da graticci di canne intrecciate. In questo i cannibali sono nudi incrostati di terra secca, senza distinzione di sessi e ornamenti, anche qui tutti assiepati contro le sbarre che li dividono dal secondo girone a guardare quel che succede nel primo dimenandosi ed urlando con voci fesse da castrati.

Censirli uno a uno ci vorrebbe troppo tempo, così ad occhio il villaggio è popolato da cinquemila cannibali, i tre quarti concentrati nel girone periferico.

Le iene, ormai a centinaia, son tutte accucciate intorno al nostro albero, ridono,  sbruffano,  spernacchiano, qualcuna ha saltato il fossato e sta scavando sotto la palizzata. Che saranno venute a fare?

Nel villaggio il baccano è indescrivibile, i tam tam rullano incessanti iperbolando al parossismo, urla, strilli, campanacci... i missionari continuano a discutere col gruppetto, da qui non si sente quel che dicono ma possiamo provare ad indovinare, chiedono se sono state fatte ricerche per trovare altri della spedizione,  dove sono stati catturati, da dove arrivavano e stanno contrattando il loro prezzo per portarseli via ed evidentemente non si mettono d’accordo.

Dal carro sono stati scaricati dei pacchi, i cannibali ci girano intorno aprendoli ed annusandoli, ci sono diversi oggetti, collanine, ciondoli luccicanti ed anche bottiglie, probabilmente liquori.

Li ò ci stringe una mano trepidando: “Quanti sono...come faremo a liberare Drago e gli altri? Come sono ridotti…”

“Fu mormora tra i denti: “Maledetti, ci vorrebbero i cannoni della nave, farli fuori tutti!”

“Non farti prendere dall’odio, ” gli diciamo,  “sono cannibali, son fatti così, non è colpa loro.”

Sci freme: “Li difendi?... sono bestie sanguinarie, guarda come hanno ridotto i nostri.”

“È vero ma l’odio fa diventare come loro. Sono tanti, dobbiamo giocare d’astuzia. Se i missionari caricano i prigionieri sul carro li aspetteremo sulla strada e li attaccheremo lontani dal villaggio.”

"Buona idea!” dice Fu,  “ma come faremo con tutte quelle iene?”

Rispondiamo sbuffando: “Una cosa per volta.”

“Fra qualche ora farà notte.” dice Sci.

“Lo so, non credo che i missionari la vogliano passare al villaggio.”

In quel momento, accolti dagli urli della periferia, entrano in scena arrivando di corsa dalla strada della giungla una decina di cannibali con dei pacchi sulla testa. Passano i tre cancelli e si inginocchiano davanti al gruppo che discute coi missionari poi posano a terra i pacchi e li aprono. Col binocolo vediamo oggetti che appartenevano alle canoe di Drago, le hanno trovate. Non ci sono segni della nostra. I missionari li rovistano, chiedono informazioni ai portatori, parlano tra loro poi congedano il gruppetto che passa nel secondo girone unendosi alla calca e riprendono a contrattare.

Un paio di cannibali nobili ha raccolto dei doni e li ha portati ai monarchi, questi li guardano rimanendo impassibili poi la regina alza un bastone con la testa di un serpente sulla punta e lancia un lungo strillo acuto.

Come alza il bastone i tam tam si fermano e tutto il villaggio ammutolisce.

La regina inizia a scandire una c ed una b cadenzati, prima piano, quasi sottovoce poi in crescere, dopo qualche secondo i cannibali del  secondo e terzo girone iniziano a gridare dietro a lei:

“ch bh…ch bh…ch bh…” il volume aumenta, la modulazione del suono si amplia: “chah bhah… chah... bhah…” la a è solo aspirata, il suono aumenta ancora: “cah bah...cah bah…” adesso urlano tutti da scoppiare puntando il dito di una mano verso la gabbia dei prigionieri: “cah bah…làh! cah bah... làh!”

Quattro grossi cannibali armati di lancia sono usciti da dietro gli scranni dei monarchi e salgono il terrapieno, pungolano con le lance i prigionieri accalcati dietro le sbarre, aprono la porta della gabbia e con un laccio ne prendono uno al collo, lo trascinano giù e lo legano mani e piedi ad una croce che poi coricano davanti ai capi. 

Il gruppetto di nobili coi missionari si sono avvicinati alla croce e la circondano.

Mentre la tribù continua a gridare cah bah làh  sempre più forte i monarchi si alzano, sollevano le braccia e si gettano sul corpo crocifisso a terra, il re lo morde alla gola mentre la regina gli strappa i genitali a morsi e poi si attacca a leccare il sangue che esce.

Il crocefisso è in preda alle convulsioni, i nobili intorno fremono sbavando.

Li ò esplode: “Mamma mia!... se lo mangiano vivo!”

Fu sbotta: “Bestie!”

Sci gira la testa: “Non voglio guardare!”

“Che vi importa?” mormoriamo,  “Finchè si mangiano fra loro…prima di imparare a parlare eravamo tutti così.”

“Ed adesso cosa siamo?” chiede Li ò.

La domanda rimane senza risposta, i tam tam han ripreso a rullare all’impazzata, i monarchi si sollevano con la bocca grondante sangue, la regina con un pugnale squarcia il petto del crocefisso, rovista con una mano nel torace, taglia ed estrae il cuore ancora palpitante tenendo stretta tra le dita l’aorta per non far uscire il sangue.

È il segnale. I nobili si buttano sul corpo ed iniziano a sbranarlo, lo fanno a pezzi,  altri si avvicinano dai gruppi  vicini aspettando il loro turno.

l due capi tribù ed i missionari si sono appartati col cuore, la regina lo ha inciso ed a turno se lo passano succhiandone il sangue all’interno.

Scarnate le ossa i nobili le raccolgono insieme alle interiora e le gettano nella calca del secondo girone che subito si scatena in una sarabanda di grida e spintoni per spartirsele mentre quelli del terzo, attaccati alle sbarre della loro gabbia sospirano, deglutiscono a vuoto rumorosamente e singhiozzano a bocca asciutta.

Mentre il banchetto continua i monarchi seguiti dalle guardie ed i missionari si sono avvicinati a Drago ed ai compagni prigionieri. Uno alla volta le guardie li caricano sul carro.

“Ci siamo…” diciamo ai tre,   “adesso se ne vanno, li aspetteremo nella giungla e li libereremo tutti, iniziamo a spostarci, torniamo indietro sulla strada degli alberi, gli salteremo addosso dall‘alto e poi lanceremo i cavalli al galoppo distanziando le iene e la scorta.”

“Li ò, Sci e Fu assentono d’accordo ma le cose si stanno mettendo in un altro modo e restiamo ancora a guardare.

I quattro marinai sono stati caricati mentre Drago è rimasto a terra. La regina gli ha messo un piede sul petto ed ha fermato le guardie. Sta gridando qualcosa contro i due missionari a pugno alzato... i preti rispondono anche loro gridando e gesticolando, indicano i regali, indicano Drago ma la stregonessa non cede, a quanto pare vuole tenerselo.

“Che succede?... Perchè non caricano Drago sul carro?” chiede Fu.

“Non lo so, forse la regina si è innamorata…” rispondiamo incoccando una freccia con la punta esplosiva all’arco.

 

Come si può immaginare la gabbia piena di matti meglio di così?

I prigionieri alla vista del loro compagno sbranato si sono messi a strillare come ossessi, molti si arrampicano sulle sbarre, altri sbavano rotolandosi a terra, se si scoperchiasse il tetto se ne vedrebbero molti penzolare dai pali del soffitto.

I cannibali del villaggio continuano a gridare: "Cah bah-làh Cah bah-Iàh" coi pugni alzati, ci sono scene di isterismo accompagnate da urla e assoli di danza scatenata, il dio cibo si erge possente sopra il mucchio intento a sbranare i resti del prigioniero, di tanto in tanto esce un cannibale stringendo tra i denti tranci di ossa insanguinati o un pezzo di intestino e corre a cercare un angolino dove divorarselo in pace.

Quel che succede intorno al carro passa quasi in sordina. l due missionari non riescono a mettersi d’accordo con la regina. È intervenuto il re, anche lui ha messo un piede sul petto di Drago ed alza i pugni contro di loro.

Drago è a terra immobile. Con uno scatto si appoggia alla schiena e sferra un calcio coi piedi legati al capo tribù buttandolo a terra. Le guardie lo immobilizzano subito puntandogli le lance alla gola.

“È ancora arzillo il vecchietto.” diciamo.

Li ò freme: “Così li farà arrabbiare, che guaio!”

Fu e Sci guardano a bocca aperta.

“Forse vogliono alzare il prezzo ma adesso sarà tutto più difficile…” commenta Fu.

Ci siamo alzati in piedi e appoggiati al tronco cercando una posizione stabile per poter tirare con l’arco.

Prima, quando lo abbiamo provato, le frecce hanno seguito l’intenzione,   quest’arma deve avere proprietà nascoste, l’istinto si è impadronito della nostra volontà, una sensazione che ci ha presi, l’immagine ancora indistinta di un altro mondo ancora tutto da scoprire ma che nel frattempo agisce in noi.

I tre osservano i nostri movimenti increduli. Fu dice: “Che vuoi fare? Da qui a laggiù c’è più di un chilometro, nessun arco potrebbe farcela.”

“Provare non costa nulla.” rispondiamo concentrati nell’atto.

L’impugnatura dell’arco aderisce alla mano come un suo prolungamento ed è diventata parte di noi, emette sottili vibrazioni trasmettendoci nel braccio un’eccitante energia.

Quelli del gruppo che seguivano i missionari si sono appostati ai cancelli dei gironi quattro per porta. Sono tutti armati di mazze ferrate e si stanno facendo dei segni con le mani.

Il re si è rialzato da terra più nero di quello che è già... ha preso una lancia dalle mani di una guardia e si è lanciato contro Drago. Un missionario lo blocca, estrae dalla tonaca un pupazzo  con le sembianze di un cannibale e gli  punta contro un lungo ago. A quella vista il re si immobilizza ed abbassa la lancia poi inizia ad imprecare battendosi i pugni sul petto, si inginocchia ed indica Drago, sembra supplicare... la regina ha la bava alla bocca e sta improvvisando una danza intorno al pirata agitandogli contro il bastone col serpente. I missionari si consultano tra  loro e prendono una decisione. Uno si avvicina a Drago, gli dà un calcio e gli parla, Drago gli sputa contro imprecando.

L’altro missionario si rivolge ad una guardia e gli indica un falò. La guardia prende un cesto e va a riempirlo di braci ardenti.

“Lo vogliono torturare…” diciamo,  “hanno deciso di lasciarlo ai cannibali ma prima lo interrogano.”

“Interveniamo, spacchiamo tutto!” esclama Fu.

“Per fare la sua fine? Stai calmo!”

Il frate ha preso le braci e si sta avvicinando a Drago.

L’istinto ci fa tendere l’arco, tiriamo senza pensare, la freccia scocca con uno svisssh micidiale, compie un’alta parabola e scende come un lampo di fuoco colpendo in pieno la testa del missionario che esplode lanciando schizzi di cervello dappertutto. Cadendo le braci gli si rovesciano addosso incendiandogli il saio.

“Che tiro!” esclama Li ò.

Guardiamo l’arco meravigliati. La freccia ha seguito la nostra intenzione come se fosse guidata.

“Come è possibile?” sbotta Fu.

“Non lo so ancora, ” rispondiamo “quest’arco dev’essere magico, sembra collegato alla mia volontà.”

I cannibali  si sono immobilizzati a guardare le convulsioni del frate decollato, l’altro si sta guardando intorno per capire da dove proveniva la freccia. I cannibali nei gironi vedendo scoppiare la testa del missionario si sono zittiti qualche secondo e poi han ripreso a gridare, molti si stanno arrampicando sulle sbarre per vedere meglio.

Incocchiamo all’arco una freccia incendiaria e chiediamo: “Secondo voi che cosa succederebbe a Paperopoli se scoppiasse il deposito di Paperon de Paperoni?”

I tre si guardano stupiti dalla domanda e Fu prova a rispondere: “Beh…immagino che tutti gli abitanti correrebbero a raccogliere i soldi…”

“Esatto!” mormoriamo tirando la freccia.

Questa guizza velocissima, prende fuoco durante il percorso e va a colpire il tetto della gabbia dei prigionieri che inizia subito a bruciare. Il fuoco si allarga con  rapidità, i tizzoni ardenti iniziano a piovere dentro e fuori la gabbia, i prigionieri premono urlando di terrore contro le sbarre.

La freccia che segue colpisce la porta della gabbia facendola esplodere. Come acqua che prorompe dallo squarcio di una diga i prigionieri spinti dalle fiamme escono correndo o rotolando giù dal terrapieno, le guardie chiamano urlando i cannibali  ai tam tam e tutti si gettano contro i fuggiaschi, inizia subito un parapiglia caotico morsi contro morsi, dal secondo girone molti scavalcano le sbarre e si buttano nel primo unendosi agli inseguitori.

I prigionieri spinti dal terrore cercano di scappare da tutte le parti e quando presi rispondono mordendo con follia omicida, pozzanghere di sangue si allargano sul terreno.

Quelli del secondo girone stan tutti premendo per entrare nel primo e molti del terzo  han già scavalcato le sbarre e sono entrati nel secondo.

Il missionario rimasto è salito sul carro e sta cercando di spingere i cavalli agitati tra la calca chiamando a gran voce quelli della  scorta al cancello.

Drago è riuscito a mettersi seduto e sta guardando l‘incendio sul terrapieno volgendoci la schiena.

La freccia parte immediata colpendo con precisione la corda che gli serra i polsi al palo, senza chiedersi come e perché Drago si libera mani e piedi e si alza brandendo il palo come una clava e per prima cosa spezza la testa al capo tribù.

Il missionario a cassetta si è alzato sollevando il pupazzo contri i cannibali che gli bloccano la strada e lo trafigge ripetutamente con l’ago. I selvaggi a quella vista dilatano gli occhi dal terrore e fuggono aprendo un varco verso il cancello tenuto aperto dalla scorta. II carro inizia a muoversi, Drago lo vede e  si getta sopra in mezzo ai compagni legati, lo vede anche la regina, con un balzo gli afferra una gamba mordendola furiosa e nella foga di Drago viene trascinata sul carro. Drago si volta e le cala il bastone sulla testa facendola crollare svenuta. La gamba di Drago sanguina abbondantemente nel punto morsicato.

Il missionario non si è accorto di nulla. Tenendo alto davanti a sé il pupazzo è riuscito a superare il primo cancello. Qualche cannibale cerca di salire ma Drago gli smazza la testa, le guardie del frate vengono trattenute dalla mischia, gettate a terra e divorate... ormai il caos è esploso nel villaggio, più nessuna forza potrebbe fermarlo.

Il carro si dirige veloce verso il secondo cancello bloccato dai cannibali del terzo girone che stanno entrando a frotte nel secondo buttandosi inferociti a saccheggiare le capanne dei borghesi, molti stanno correndo a quattro zampe verso il primo. Il missionario ha imbracciato il fucile e spara due scariche di pallettoni facendo il vuoto alla porta. I cannibali si gettano  sui morti ed i feriti ed iniziano a divorarli, il missionario spara ancora una fucilata, quelli si spostano trascinandosi dietro i corpi e senza curarsi del carro continuano il banchetto. Dall’appetito che hanno devono avere chissà quale fame arretrata...

Il carro passa il secondo cancello. Anche qui le guardie del  missionario cercano di salire e vengono trattenuti.

Il terzo cancello è sguarnito, aperto, nessun ostacolo a parte qualche iena che fa capolino al di là del fossato. Il carro prosegue veloce, Drago si è sollevato e con una poderosa mazzata fracassa il cranio del frate poi si butta a cassetta ed impugna le redini guidando i cavalli fuori dal villaggio e adesso vola lungo la strada.

 

                                  La spada


Le iene si son tutte alzate ed applaudono. L’odore del massacro è intenso, loro queste cose non hanno bisogno di vederle, le sentono a naso... molte han saltato il fossato e scavano sotto la siepe per aprire del varchi. Sono bestie possenti, certe alte più di un metro al garrese, di questi tempi son fatte così.

Quando abbiamo tirato la freccia che ha incendiato la gabbia del cibo uno dei cannibali della scorta dei frati di guardia al terzo cancello ha visto l’albero da dove partiva ed ha avvertito i compagni, quando hanno visto partire le altre frecce han convinto usando le mazze ferrate degli ominidi del terzo girone a seguirli e si son diretti verso di noi. Al loro arrivo le iene si sono acquattate tra l’erba rendendosi invisibili e li hanno fatti passare. Adesso sono qui sotto, uno della scorta si  aggrappa al ramo più vicino a terra per salire e fa scattare il congegno della trappola messa ai piedi dell’albero, finiscono tutti intrappolati in una rete proprio nel momento che Drago sta spaccando la testa del frate per uscire dal villaggio. Le iene escono dai nascondigli e li assalgono mordendoli e dilaniandoli.

Ci accorgiamo di loro a cose fatte.

“Questi da dove arrivano?” chiede Fu, impressionato dalle loro urla.

“Che importa ormai?”

“Scintilla grida: “Drago sta scappando, dobbiamo raggiungerlo altrimenti lo perdiamo!”

Il carro sta già correndo lungo la strada allontanandosi.

“Come facciamo ora?” strilla Li ò.”

 “Scendiamo, corriamogli dietro.” propone Fu.

 “State calmi.” diciamo.

Nel villaggio è una guerra di tutti contro tutti. Molti  del secondo girone si sono accorti che quelli del terzo hanno invaso il loro e sono tornati indietro per cacciarli, quelli del secondo sono più grossi e meglio nutriti ma quelli del terzo più numerosi, si scatena una battaglia furiosa, ci sono corpi da tutte le parti che rantolano a terra. Molte iene sono riuscite ad entrare ed approfittano dell’abbondanza trascinando i caduti in zone deserte per divorarli.

Le fiamme dalla gabbia centrale si sono propagate alle capanne dei nobili,  anche laggiù corpi rantolanti da tutte le parti, i proletari del terzo girone sono entrati in massa, molti stringono tra i denti brani  sanguinanti che inghiottono frettolosamente per non farseli rubare nella mischia.

Lo spettacolo si sposta.

I prodigi dell’arco ci hanno risvegliato un istinto che non sapevamo di avere, siamo lucidi e ispirati…inoltre  da un po’ sentiamo prudere la schiena sotto il fodero, una vibrazione calda, effervescente.

Prendiamo il tubo e lo guardiamo, l’ispirazione dice dalle nostre labbra: “Tu sei la spada, ti ho trovata, come ho fatto a non capirlo subito.”

Il tubo aderisce alla mano fondendosi con essa, diventa un prolungamento del braccio, la volontà dell’immaginazione...dal tubo esce una fiamma viva ed affilata che vibra micidiale nell‘aria.

Come la spada si accende le iene sotto l’albero cessano il banchetto e si volgono verso di noi con lo sguardo trasognato rimanendo immobili.

“Che cosa sta succedendo?” domanda Sci stupita dal fuoco che esce dal tubo.

“Forse ho capito…” mormoriamo.

Tenendo alta la spada facciamo allungare il getto formando un filo luminoso sfavillante, dalla punta si stacca una scheggia di fuoco, sale allargandosi a dismisura sopra il villaggio e assume la forma di un’immensa tigre che ruggisce feroce e poi svapora in una nube infocata.

Scendo dall’albero e salto a terra. Le iene docili si radunano intorno.

“Scendete!” dico agli altri.

“Le iene ci mangeranno!” obietta Fu.

“Ho in mente un’idea migliore.” ribattiamo.

“Sci per prima balza a terra venendomi  vicino, Fu e Li ò subito dopo.

“Questa non la crederà nessuno.” dice Li ò guardando le iene tranquille intorno.

Quattro delle più grosse si avvicinano. Una ci appoggia la testa contro una gamba ringhiando docile.

Le accarezziamo la testa e il dorso. I suoi muscoli sono spessi e possenti, tutto il corpo è percorso da brividi elettrici. Le saliamo a cavallo. Lei lascia fare e drizza le gambe sostenendo facilmente il nostro peso.

“Salite sulle altre!” diciamo ai tre.

“Tutto questo è pazzesco!” sbotta Fu con gli occhi sgranati dalla meraviglia.

“Bisognerà farci l’abitudine. Adesso muoviamoci, le domande a dopo!”

 Riluttanti i tre si avvicinano alle iene, le accarezzano poi vedendo che quelle rimangono tranquille le montano e si sistemano sui loro dorsi.

“Tenetevi alla pelliccia sotto il collo e stringete le gambe. Andiamo!”

 Le iene si muovono al piccolo trotto aggirando gli ostacoli tra la vegetazione ed in un attimo ci portano sulla strada poi si lanciano al galoppo in direzione della savana. Cavalcare una iena a pelo non è da tutti e certe volte può venire utile.

Per strada incontriamo il carro fermo. Drago si è accasciato svenuto a cassetta  con la gamba che continua a perdere sangue, ha cercato inutilmente di arrestare l’emorragia legandosi una fascia sopra la ferita.

Sul carro i quattro marinai sono fissati con dei ganci alle sponde. Quando ci vedono esplodono di sorpresa e contentezza. Su un angolo del pianale c’è il corpo immobile della regina con la faccia spappolata dalla bastonata di Drago. Respira ancora gemendo debolmente.

Smontiamo dalle iene.  Mentre Fu e Sci liberano i marinai ci facciamo dare lo zaino del pronto soccorso da Li ò. Drago ha il respiro fioco e irregolare, il polso batte appena. Tiriamo fuori un laccio emostatico e lo stringiamo forte sulla sua gamba fermando il rivolo di sangue che ancora esce.

Intanto i marinai sono scesi a terra sciolti dai legami. Sono pesti e malconci ma stanno tutti in piedi. Uno di loro si avvicina e dice: “Grazie per averci salvati, ti saremo sempre in debito.” Guarda le iene stupito e si interrompe: “Come è possibile?” chiede.

“Sono con noi.” rispondiamo ridendo,  “Mi ringrazierete un’altra volta, adesso dobbiamo muoverci, non credo che i cannibali ci seguiranno ma Drago ha bisogno di cure altrimenti morirà.”

Il marinaio si avvicina al pirata svenuto, osserva la ferita, gli controlla il cuore e dice: “Ha perso molto sangue…ho fatto un corso di pronto soccorso, se avessi gli strumenti adatti potrei aiutarlo.”

Gli porgiamo lo zaino, lui ci rovista dentro e lancia un evviva! di soddisfazione.

“Qui c’è tutto quello che occorre, anche il siero per evitare la cancrena.”

Sistemiamo Drago sul carro e si mette subito a curarlo.

“Di questa che facciamo?” chiede un marinaio indicando la regina rantolante.

“Legatela!” rispondiamo, poi rivolti all’infermiere: “Dopo curerai anche lei.”

“Perchè?” sbotta,  “è una bestia, buttiamola alle iene, è lei che ha morso Drago, è lei la più feroce dei cannibali.”

Lo interrompiamo: “I missionari le hanno insegnato a parlare, se sarà possibile la voglio interrogare.

L’infermiere assente col capo.

I cavalli alla stanga sono agitati per la presenza delle iene. Li accarezziamo calmandoli e chiediamo: “Chi di voi sa guidare il carro?”

Fu risponde: “Io! Sono nato in un allevamento di cavalli.

“Mettiti a cassetta allora e voi salite.” diciamo ai marinai

Rivolti a Sci e Li ò: “Noi continuiamo con le iene?”

Li ò scuote le mani: “Preferirei andare sul carro.”

Scintilla invece: “Se lo fai tu sì, è proprio divertente cavalcarle.

Ci rimettiamo in marcia, arriviamo al confine della giungla senza incontrare ostacoli, ci allontaniamo dalla strada e ci fermiamo.

Smontiamo dalle iene, quelle scodinzolano sghignazzando e subito si allontanano correndo in direzione del villaggio.

Sono le nove di sera, il cielo è ancora acceso da un tramonto infocato che sta lentamente svanendo, il mare d’erba della savana è arrossato ed il vento spinge le sue onde verso l’orizzonte. Sopra navigano in immagini fantastiche elefanti,  rinoceronti, bufali e chi più ne ha... da est le prime ombre della sera scivolano lente allungandosi sulla giungla.

“Come va?” chiediamo all’infermiere ora intento a curare la regina dei cannibali.

“Drago è ancora vivo…” risponde,  “ha bisogno di una trasfusione, bisogna portarlo in fretta sulla nave, se i cannibali hanno risparmiato le nostre canoe possiamo farcela. Noi siamo malconci ma nulla di grave.”

“E quella?”

L’infermiere storce il naso. “Ha la fronte spaccata, non credo sopravvivrà, è inutile sprecare tempo per lei.”

“Ha ripreso conoscenza?”

“No.”

 “Fai quello che puoi, sarebbe interessante e utile interrogarla.”

Ci rivolgiamo a tutti continuando: “Adesso riposiamoci un attimo, ce ne andremo appena farà buio per non essere visti dalla missione.”

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