7) Il Graal.
Canone aperto. Le note musicali escono dal carillon e si
dispongono nello schema di televisori della pagina, il centrale che segue la
storia ed i minori sui particolari.
Tutti i televisori indistintamente sono accesi sul senso di
vuoto.
Dall’inizio. Abbiamo rispolverato l’ossatura del linguaggio
e rimesso in piedi la logica per fare i cabalisti o gli enigmisti della
domenica?
L’idea non ci piace ma è utile sapere che c’è.
Si tratta di una caccia al tesoro, il famoso Graal, il getto
della fontana portato in salvo e nascosto dopo la distruzione del castello.
Segno non è codice, parola non è frase, la forma della
parola è la frase.
La mappa del tesoro, forme rappresentate di frasi che si
invertono dal codice aI segno che a sua volta significa altre forme
rappresentate dando forma a nuove parole
che a loro volta...la solita esplosione di probabilità.
Qui non si tratta di cabalismo ma di logica pura, il
problema è che questi segni sono abilmente camuffati dalla religione ed è gioco
forza liberarli dall’ignoranza e dalla superstizione.
Il senso di vuoto continua, la questione è di una
complessità infinita, un sassolino alla volta si sbriciola la montagna.
Se la ragione è nome la forma non è ragione, se non è
ragione è spontaneità artistica, creatività, improvvisazione.
Nel televisore centrale appare lo scheletro. Il teschio è una maschera ben chiusa, per
aprirla ci vuole la chiave e la chiave abbiamo dimenticato dov’è nascosta.
Non importa l’ossatura ma il vuoto all’interno della scatola
cranica.
Focalizziamo il vuoto. Nulla a prima vista, poi guardando
meglio si vede un pozzetto da cui escono fili di lettere incolonnati in parole
e frasi come i vagoni di un trenino. Vengono fuori dal pozzetto e si muovono
nel vuoto sulla scia dei precedenti andando in direzioni diverse, su e giù,
avanti e indietro, a destra e sinistra, in diagonale, in cerchio, a zig zag,
continuano ad uscire ed in breve tempo riempiono tutto lo spazio così come una
pagina si riempie di parole ma non allineate in orizzontale lette da sinistra a
destra, sono disposte in tutte le direzioni con lettura bisenso o alternata, un
caos ed inoltre le forme rappresentate fanno da locomotiva e sbuffano e
fischiano, qualcuna deraglia e poi continua storta, altre battono contro la
volta del cranio e ritornano indietro, si scontrano, precipitano...ci vuole
metodo, Arte.
Abbiamo schiodato Gesù Cristo dalla croce, la forma della
parola è la frase, il codice di lettere fluisce libero alla ricerca di nuovi
significati.
Poteva essere una canzonetta che si tramandava da millenni…
Gesù è una parola la cui forma rappresentata del codice
g-e-s-ù è G come Getto o Graal.
Scomponiamo il nome spostando l’accento e otteniamo G è su,
sopra c’è il segno in-ri, in G, is-us, in(ring)is us, us-su, in Cristo diventa
in Cr, Cr può stare per cranio o per creatività, se è creatività non è ragione,
G è su in Cr...parte un trenino, “ is in” nella lingua inglese è alla moda,
us-we, we is in, ok, un altro trenino. In al contrario è ni e ni è una via di
mezzo tra il si ed il no, no-ni-si, altro trenino che parte. In-ni al singolare
fa in-no, esteticamente il primo che ci
viene in mente è l‘inno alla gioia di Shi-ller-in-Nona di Bee-thoven, cambiando
la disposizione della G di gioia al centro otteniamo io-G-ia, con l’accento
diventa io-già, poi in-is-cr e -to, to è finale sia di Cristo che di Getto, un
limite t-emp-(i)o, al femminile tempia, getto raddoppia la t e ottengo già in
iscr(i)tto. Inoltre abbiamo un trenino
con no(na) di be che per il momento lasciamo vagare e prendiamo il no-ni-si
come risposte alla domanda, no e si sono i limiti di tempo mentre ni è
l’incerto statistico, il software, l’incertezza varia, no può diventare ni, ni
può diventare si, l’importante è mangiare.
La scala è rappresentata, il si suona bene come ultima
nota, il do è origine, no è do e non è
sì, in mezzo è ni, on-do, do-no, no-do…
Appare un violinista in cima alla montagna, tutto intorno
l’orizzonte, una lunga sviolinata ai quattro venti (ottanta?) e la no-di-be può
essere vista come il rifiuto di una pecora che bela vicino al violinista...serenata alla gelosia,
anche gelosia inizia con g, in questo caso farla butta-re e perchè no? a getto
di fontana, ge-di-fo, la fontana diventata fogna ritorna fontana.
Il getto è su, nel cranio ma può anche essere sopra il
cranio e sopra il cranio gettano i capelli riccioluti a fuoco, se vediamo i
capelli vuol dire che la maschera si è aperta.
Il teschio sghignazza, teschio è tes-chi-o, la forma
rappresentata di tes è set, set può stare per sette, sette note oppure sette
porte (di te-be), due occhi, due narici, due orecchie ed una bocca, in totale
sette buchi, ci vuole pazienza per non capire ed attendere che l’evidenza salti
agli occhi.
E’ facile scrivere quando si ha talento, per il momento ci siamo fatti le ossa e stanno spuntando i
capelli, il resto deve venire da sé senza obbligo, attrazione naturale.
L’estetica è un'indicazione, guardare e non toccare con
giudizi prestampati nella memoria, un cranio vuoto libero dai trenini di parole
che impazzano senza ordine sbattendo contro le volte del soffitto.
La sensazione di sentir crescere i capelli…su, la mente
decolla, più su, in alto, la fontana getta alle stelle, una sborrata di idee
che feconda il campo inaridito, riveder
crescere i cavoli, le rape, le zucche...l’aiola coi fiori di loto nel laghetto
dove i pesci d’oro luccicano scintillanti di sole, le botteghe dell’arte, le
giostre, il bordello, l’aia ed il castello ricostruito questa volta su un piano
superiore.
La forma del segno è il codice. Il segno a sua volta
appartiene ad un codice maggiore di cui il segno è chiave ed una chiave serve
ad aprire.
Giocare con segni e forme rappresentate è divertente ma si può fare meglio, abbiamo
tracciato lo schema della storia, ora bisogna dare corpo al già scritto, già
scritto è anche il destino, un libro che si evolve naturalmente per legge causa
effetto.
Epilogo.
Arte gioco per pazzi, ah ah ah! che risata, manicomio ristretto
tutto in una stanza, finzione o realtà,
la pazzia insegna, pazzia contro pazzia, sciogliere, slegare, scivolare e poi
volare alto, più su, non basta mai, rompere gli schemi, spaccare tutto, incenerire, disintegrare, sfondare il muro
del suono, della luce, sfrecciare fuori da ogni cosa, liberi!
Parole, sempre parole, solo parole, uffa...il dono dell’Arte
va usato a pizzichi, pizzichi e pizzicotti, materiale occorrente serietà,
responsabilità, tanta fantasia e Amore scocca una freccia aI buco del culo
della questione, ahi! abbiamo beccato giusto.
il segno è parte del codice maggiore al cinquanta per cento
con il codice che gli dà forma, il cinquanta per cento per il segno è tutto
quello che ha, un totale quindi un cento per cento.
La questione è assai complessa. Il segno guarda e vede solo se stesso, non vede
gli altri segni che compongono iI codice maggiore, le probabilità sono
incerti, l’estetica come d’uso disegna
un sole e lo fa splendere sul codice di pianeti rappresentati dalla Terra, la
Terra traballa per la zeppa rendendo traballante il Sole, se la Terra crolla il
Sole si spegne mentre la fontana dell’eterna giovinezza non muore mai e ci
piace l’dea di essere sempre giovani e non morire mai e quel che piace è
Estetica.
Arte con l’A maiuscola, uno strumento di logica che si muove
in un campo di probabilità ipotetiche, un labirinto intellegibile dove la
domanda è: “Ci piace?” e la risposta è si o no bilanciato dal ni statistico,
ni-in-certo,
il si apre ed il no
scarta e così si prosegue senza pietà.
Per sverginare il mistero del Graal ci vuole un bel cazzone
duro e sempre in tiro.
Il canone ha la forma
di una corda vibrata, una vibrazione, una x pizzicata...anche le note hanno la
forma di una vibrazione, il segno ha la forma sia del codice minore sia del
maggiore.
Ossatura musicale della sintassi, punti, virgole, puntini,
virgolette, spazi e legamenti, melodie
narrate, accompagnamenti, contrappunti filosofici, fughe d’immagini in lotta
con l’ignoto, la letteratura, un fiore che si apre a tutte le arti per salire
alla prossima storia.
C’è tutta una serie di c’era una volta una favola, tante
favole raccontate, ascoltate, imparate e poi ancora raccontate, imparate,
ascoltate con principi azzurri, fate,
reami incantati, stanze proibite, fagioli magici, rospi parlanti, streghe,
orchi, lupi mannari, belle addormentate nel bosco, ricordate che si dimenticano
e dimenticate che si ricordano, c’era una volta...una volta è un arco, tiriamo
la freccia e ci viene voglia di cagare, quando scappa scappa, si sa, al culo
non si comanda, cerchiamo un posto tranquillo, ci spogliamo nudi e ci
accucciamo.
Inizia subito ad uscire un filo sostanzioso di merda, una
bella salsiccia lunga e solida, si attorciglia sotto al culo cadendo sul
terreno con un tonfo di soddisfazione, è
una cagata miracolosa, una cagata liberatoria e già ci sentiamo più
leggeri, siamo pieni da scoppiare e ne
abbiamo un casino, la cagata non accenna a fermarsi, la merda continua ad
uscire solida e spessa, compatta, di un bel colore marrone ed il profumo è una
delizia, esce ed esce, che cagata, dopo un po’ tutto lo spazio sotto al culo
viene occupato e ci dobbiamo spostare mentre la merda continua ad uscire, una
cagata che non finisce mai, caga e caga dopo un altro po’ ci spostiamo ancora e
ancora e adesso non c’è più spazio e così siamo obbligati a salire sulla merda
già cagata e intanto continuiamo a cagare, culo a missile, un flusso continuo,
incessante, un getto, una fontana di merda per fortuna solida, i piedi non
affondano, ricopriamo un altro strato di merda e riprendiamo a cagarci sopra,
ricopriamo ancora un altro strato e giù a cagare, gli strati ammucchiati sono
così tanti che non li contiamo più, continuiamo a cagare ed a salire merda
sopra merda, adesso abbiamo una montagna di merda che sale a cono
spiraleggiante, la punta ha superato le nuvole e sembra toccare il cielo ed in
cima il culo da dove ancora esce un piccolo filo di merda, lo teniamo così per
sederci sulla punta della montagna di merda.
Improvvisazione senza piano, idea, fine...la leggerezza fa a
gara con le nuvole, la cagata continua, adesso sale come un’antenna che ci
porta sempre più su spingendo il culo sulle alte sfere, l’aria è frizzante e la
salita procede molto lentamente, tutto intorno le nuvole ricoprono la Terra e
la montagna di merda cagata che forse è la stessa cosa, il loro biancore è
spumeggiante, luccicante di raggi di sole, il sole è cosi vicino che potremmo
toccarlo con un dito, c'è un piacevole calduccio ed una musica di vento che
scivola soffiando sulla spuma delle nuvole alzando sbuffi iridati che
volteggiano incantati come ballerine in tutù bianco sullo sfondo azzurro
dell’infinito.
Nell’invenzione letteraria le probabilità sono un gioco dove
prima si stabiliscono le regole e poi si scrive, qui tutto è probabile, senza
logica, gravità, regola, esplosione nucleare, quel che ci pare.
Arrivano dodici...a prima vista sembrano mosconi, siamo su
una merda è naturale che arrivino mosconi ma questi sono mosconi per modo di
dire infatti non si vedono, si sente solo il ronzio, un ronzio melodioso uno
diverso dall’altro, dodici semitoni cromatici, ronzio frequenza vibrazione,
volteggiano intorno alla testa con spericolate acrobazie aeree nel vuoto
lasciato dalla cagata, un déjà-vu, una favola dimenticata che cerca di
affiorare...le vibrazioni continuano a ronzare, certe s’alzano sopra i capelli
poi scendono in picchiata, scivolano sul naso, rimbalzano nelle orecchie,
saltellano sugli occhi, sfiorano le labbra, i sensi, brividi, un po’ di
solletico, carezze contropelo tutto sommato piacevoli, con grande delicatezza e
rispetto dell’estetica.
Le dodici vibrazioni sono intuibili, hanno la forma di
pesciolini d'oro, luccicano emanando ad ogni frequenza delle leggerissime onde
iridate, piccoli arcobaleni che respiriamo con la pelle assaporando il gusto,
un massaggio tonificante, una scossa elettrica, un sesto senso.
Il vento aumenta d’intensità, il sole dondola da oriente ad
occidente come un pendolo avanti ed indietro ed a ogni limite suona un gong, un
suono argentino, una monetina d’oro che
si aggiunge al tesoro.
Proviamo a fischiare per tener compagnia ai ronzii ma il
fischio esce gracchiante, un aborto di
suono rispetto alla perfezione delle vibrazioni. Aborto, ombra, vaga somiglianza, impressione, maschera, chi più ne
ha?
Il vento increspa la superficie delle nuvole sollevando
sbuffi sempre più grandi che baruffano tra loro creando immagini fantastiche
tra cui spicca un galeone, tutte le vele spiegate, i ponti lucidi di sole e
smeraldi luccicanti. Dal galeone si stacca una barchetta di vapore che
lentamente si avvicina, eccola qua, che facciamo, saliamo?
Una nuvola, la tentazione è forte, sempre meglio della punta
di una montagna di merda, la sfiliamo dal culo e saltiamo sulla barca. Come
atterrare sul nulla e stare a gala sospesi in un sogno che si vorrebbe non
finisse mai, la barca torna verso il galeone e galleggia sopra le nuvole che
nel frattempo han preso la forma di un mare di luce con le onde che si frangono
all’intuizione…spruzzi sprizzi sprazzi di bottiglie stappate, champagne che
getta inebriando torrenti fiumi cascate rapide ondate immense, ci si sente un
po’ sballottati ma arriviamo al galeone, la barca si posa sul ponte e questa
storia finisce così.
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