10 Palleggi.
Non si può fare la cronaca di un grande disastro senza
introdurre i retroscena che a tale disastro conducono.
Passato l’incontro con Ji, mentre la nave continua a
risalire il fiume, il capitano chiama a rapporto i suoi ufficiali sul ponte di
comando per palleggiare la questione.
Si vedono degli uomini alti e slanciati con un bel colorito
bronzeo in divise chiare con bordi e galloni dorati salire la scaletta. I
tratti del viso sono morbidi, quasi femminei, i capelli tagliati corti sotto il
berretto d'ordinanza, gli occhi neri e profondi, il naso regolare, la bocca dal
taglio sensuale con labbra pronunciate.
Il gruppo oltre al
capitano comprende cinque ufficiali, tutti giovani sui vent’anni.
"Che ve ne pare?” chiede il capitano lanciando la parola in campo.
“Incredibile!” risponde il primo ufficiale, quello che ha
parlato con Ji, stoppandola con il petto e poi palleggiandola su un piede: “Mai
vista una cosa simile, non faccio che darmi pizzicotti per convincermi che non
ho sognato.”
Calcia al secondo ufficiale che riceve di testa: “Non
possiamo aver sognato tutti, abbiamo visto bene!" e passa al terzo che
riceve stoppando di piede e poi continua palleggiando con quello: “Un ragazzo
in mezzo a tutti quei coccodrilli da solo a quest’ora di notte nella giungla
selvaggia...se interpelliamo il comando
ci prenderanno per pazzi.”
La parola torna al primo ufficiale che la ferma con
l’interno della coscia per palleggiarla sul ginocchio: “Ha detto di essere
scappato dai pirati con una torcia in tasca, è inverosimile, torce così non ne
ho mai viste, sembrava una spada di fuoco e aveva un potere…quando la guardavo
rimanevo incantato, ipnotizzava, le sue
parole, ecco…avevo l’impressione di una lingua di fuoco che mi spennellasse le
orecchie, perchè ha dato ordine di lasciarlo stare, avremmo dovuto
prenderlo, catturarlo, se scaricavamo
una raffica di mitraglia…”
Tira al capitano che para con le mani dicendo: “Quand’ero
bambino mi avevano raccontato una favola che parlava proprio di un ragazzo che
viveva nella giungla ed era ubbidito dagli animali, poi sono cresciuto, quella
lama di fuoco che aveva in mano sembrava la spada del principe, non ne avete
mai sentito parlare?”
Rilancia al quarto ufficiale che stoppa di testa e continua
palleggiando su ambo i piedi: “Il principe è morto saranno quattordici
anni…possibile, quel ragazzo dimostra
proprio quell’età e ha detto di essere stato rapito dalla Città.”
Calcia al primo ufficiale che ferma di tacco con un
virtuosismo tecnico e palleggia di calcagno: “In tal caso ha mentito, se fosse
fuggito dai pirati non gli avrebbero certo lasciato la spada e se l’aveva come
hanno potuto catturarlo? E se non è stato rapito come ci è arrivato fin qui? Ha
detto che su quelle feluche c’era la nostra principessa...come possiamo
credergli?”
Passa al quinto ufficiale che stoppa di petto, alza col
ginocchio e continua palleggiando di testa: "Non possiamo disturbare quelli
della missione senza un permesso del comando, rischiamo di fare una figura di
merda... all’accademia militare ho sentito parlare di allucinazioni collettive,
forse si tratta di questo... i vapori del fiume, qualche gas sprigionato dalla
giungla o chissà che altro.”
Il secondo stoppa di destro e palleggiando col sinistro
dice: “Vero o non vero se i pirati neri usano le missioni come rifugio si
spiegherebbe come fanno a sparire tutte le volte che li inseguiamo, per quanto
possa sembrare assurda la cosa è probabile. I missionari si danno arie di
sant’uomini ma chi è mai andato a curiosare nei loro covi. Quel ragazzo ha
ragione, che ci costa andare a controllare?”
La parola torna al primo che la stoppa con una spalla e la
solleva facendola saltare sull’altra: “Che speri di trovare in una missione?
Qualche prete assorto in preghiera ed un mucchio di cenciosi morti di fame, che
altro c’è in una missione?”
Tira al terzo che
risponde palleggiando tra piede e ginocchio: “Questo è quel che si crede, sono
del parere dl controllare. Forse quella visione ce l’ha mandata la fortuna,
quante ricerche abbiamo fatto per ritrovare la principessa ed a cosa sono
servite? io dico di andare!”
Il primo s’impunta, riceve e calcia: “Quella linguaccia
potrebbe essere d’accordo coi pirati, così mentre noi perdiamo tempo alla
missione loro scapperanno su per il
fiume. Io dico di continuare!”
Il quarto rimanda di testa: “Secondo te l’avrebbero lasciato
solo in mezzo a tutti quei coccodrilli? Hmmm... assurdo!”
Il primo ribatte con un tiro rasoterra: "Perchè no? I
coccodrilli erano finti ed in mano aveva uno di quei giochi di prestigio come
se ne vedono tanti oggigiorno. Forse hanno inventato un’arma nuova e ci ha
ipnotizzati tutti!”
Il secondo riceve con l’interno del piede e continua di
punta: “I coccodrilli erano veri come il fuoco della sua spada, quel ragazzo ci
ha affrontati da solo e tu sai bene che i pirati neri sono coraggiosi solo
quando sono in tanti e bene armati,
propongo di ispezionare la missione.”
Il quarto si associa palleggiando tra testa e tacchi
alternati: “È ora di finirla di farci prendere in giro da quei maledetti
pirati! Forse questa è la volta buona. Anch’io propongo di andare.”
“Anch’io!” esclama il quinto, stoppando di schiena con un
virtuosismo e poi rilanciando con le natiche al
primo ufficiale che la prende di
petto: “La pazzia vi ha contagiato tutti!" Crossa d’effetto al quinto che
continua palleggiando tra testa e spalle: “Quel ragazzo ci ha raccomandati di
avvisare il comando e dare la nostra posizione...forse sa cose che non
conosciamo e ci voleva avvertire di un pericolo.”
Il primo ufficiale stizza ricevendo di testa: “Quale
pericolo? ci sono solo cenciosi nelle missioni!” rovescia al secondo che prosegue calciando la parola in
alto e poi stoppandola con la nuca: “Se i pirati si sono rifugiati lì ci sono
anche loro. Quante volte li abbiamo inseguiti su per i fiumi senza successo?...
ed ogni volta c’era di mezzo una missione. Pensate... se ritroviamo la
principessa scriveranno i nostri nomi sui libri di storia!”
Passa al quarto che stoppa di testa, fa scivolare la parola
giù dalla schiena e palleggia di tacco saltellando sull’altro piede: “Comunque
non possiamo fare nulla senza prima avvertire il comando. Chiamiamoli per radio
e lasciamo decidere a loro.”
Il primo riceve di petto e ribatte di destro: “E che gli
diciamo? Che un moccioso esperto di fuochi artificiali circondato da
coccodrilli feroci nel bel mezzo della giungla di notte ce l’ha consigliato? Si
metteranno a ridere.”
Il quinto prende la parola e la palleggia tra petto,
ginocchio e piede: “Evitiamo di parlarne, diciamo solo che abbiamo il sospetto
che le feluche dei pirati si siano rifugiate nella missione, male che vada
faremo un tentativo a vuoto…ne abbiamo già fatti tanti…”
Il primo riceve di
testa e svirgola di sinistro: “E se rifiutano? Ne hanno tutto il diritto. Il governo gli ha concesso statuti speciali
nelle zone dove esercitano il loro apostolato. Non possiamo andare contro la
legge.”
Il terzo lo interrompe stoppando di polpaccio con un
virtuosismo e palleggiando di testa: “Possiamo se sono loro ad andare contro le
nostre leggi. Qui siamo in casa nostra,
non dimenticarlo.”
Tira al capitano che blocca dicendo: “Calmatevi ora...per
quanto assurda sia questa storia sono del parere di ispezionare la missione.
Fingiamo un’avaria, se gli chiediamo aiuto non
possono rifiutarcelo.”
“Buona idea!” esclama il secondo chiamando la parola: “Il
comando non lo avvertiamo?”
“Il capitano sta qualche secondo a pensare e risponde senza
rilancio: “Se diciamo quel che è successo ci prenderanno per pazzi, anche se
sfilasse l’equipaggio a testimone... quel moccioso sembrava sicuro di sè...è
inutile perderci la testa, potrebbe essere in gioco la vita di tutti. Avvertirò
il comando e darò loro la nostra posizione aggiungendo che intendo chiedere
informazioni alla missione, è una normale procedura, non avranno nulla da
obiettare. lntanto ci terremo in contatto ed in caso di pericolo si vedrà.”
“Così faremo il gioco di quel moccioso!” sbotta il primo
ufficiale contrariato per la fine del gioco.
“Il capitano assente con la testa: “Sì... dite quel che vi
pare ma a me ha fatto una buona impressione, gli voglio dare fiducia e farò
anche armare tutti i pezzi della nave per precauzione. Qualche obiezione?”
Quattro ufficiali si dicono d’accordo, il primo apre la
bocca per protestare ma il capitano lo previene: “Non puoi avercela con lui
solo perchè ti ha dato del babbuino...è un ragazzo e tu sai come sono fatti
quelli della Città.”
Il primo ufficiale alza una spalla immusonito mentre gli
altri gli battono delle pacche ridendo.
Il capitano va in sala radio e si mette in contatto col
comando. La nave in quel momento è a cinque chilometri dalla missione.
“Pronto! Qui è il capitano Clay della nave Cassius, mi
sentite?”
La radio prima fa dei ronzii: “zzzz...zzzzzzz...zzzzzzzz”
poi dice: “Forte e chiaro, parla.”
Il capitano racconta dell’inseguimento delle feluche e
dell’intenzione di fermarsi alla missione per chiedere informazioni. Al comando
passano la chiamata ad un ammiraglio che dà il suo consenso. Prima di chiudere
la comunicazione il capitano dice: “Ho visto strani segni ed ho un brutto
presentimento. Raggiungeremo la missione tra meno di dieci minuti, manteniamoci
in contatto, potrebbero esserci sviluppi
imprevisti.”
"Quali sviluppi?" chiede l’ammiraglio, “è solo una baracca piena di cenciosi.”
“Sarà...ma ho il sospetto che i pirati si siano nascosti
proprio lì. Si fida di me?”
L’ammiraglio sta qualche secondo in silenzio e poi dice:
“Sospetti?... faccia l’ispezione, così se li toglierà. Usi solo cautela, quella
gente ha molti amici al governo e non vorrei avere noie. Mantenga pure il
contatto se le fa piacere, lascerò
qualcuno in linea.”
Terminata la comunicazione il capitano sale in coperta.
Quasi tutti i marinai si sono radunati lungo la fiancata a guardare le miriadi
di animali, elefanti e rinoceronti in testa, che si sono radunati nella savana
sotto il chiaro di luna, ruggiti,
barriti, grida, un fracasso furioso.
“Che sta succedendo?” si chiede con un brivido che gli
scorre sulla pelle.
È quasi mezzanotte, la nave è a poche centinaia di metri
dalla missione. Richiama tutti al loro posto, controlla che i cannoni siano in
tiro e raggiunge il ponte di comando facendo suonare la sirena.
Verso sera alla missione, dopo l’arrivo delle feluche, un
monaco si mette in contatto con il suo quartier generale a Luxor in Egitto.
Diciamo Egitto per dare un’idea della posizione ma chissà
come si chiamava a quei tempi...in questa storia Luxor è la capitale di tutti i
territori del nord Africa.
Si vede un tipo alto sui quarant’anni, allampanato,
completamente calvo, il naso grifagno, il colorito della pelle grigio pallido
tipico di chi sta sempre rintanato. Indossa un saio color nocciola di stoffa fine lungo fino ai piedi calzati
con sandali.
È seduto davanti ad una grossa radio piena di bottoni leve e
luci intermittenti dentro una stanzetta sulla cima del tetto a piramide della
costruzione.
Nella stanza ci sono quattro finestrelle aperte per il gran
caldo, una per ogni punto cardinale. Seduti accanto a lui due individui di
bassa statura simili ai caproni che si sono installati in Città armeggiano con
i cavi della radio. Indossano sai neri di tela grezza ed hanno le cuffie alle
orecchie.
Il monaco trasmette in un frasario codificato per timore di
intercettazioni:
“Pronto, mi senti?”
“Parla fratello, ti ascolto.” Risponde una voce sottile,
leggermente roca, alla radio.
“Le medicine per i poveri del villaggio sono arrivate, due
casse.”
“C’è tutto quel che v’abbisogna?”
“Sì, vi ringrazio per
la generosità… seguiva una lettera che non ho trovato, forse è andata perduta
per strada…”
“Sei certo che sia andata perduta, hai guardato bene?”
“Per il momento non la trovo ma guarderò meglio ed in caso
la trovassi ti informerò.”
“Bene fratello, controlla con cura, c’è altro?”
“Sì. Oggi nel primo pomeriggio sono venuti a farci visita
dei membri del villaggio campione che abbiamo costruito nella giungla. Dicevano
di aver catturato molta selvaggina e ci hanno invitati al banchetto.”
“Ci siete andati?”
“Come potevamo lasciar incustodito il gregge? Abbiamo
mandato due fratelli in rappresentanza ma non sono ancora tornati. Ci deve
essere stata una grande festa al villaggio, ci sono stati due botti e s’è visto
molto fumo.”
“Credi che i nostri fratelli si stiano divertendo?”
“Non lo so, dovrebbero essere già tornati con parte della
selvaggina, aspetteremo ancora.”
“Questo è molto seccante!” gracchia la radio inasprendo il
tono, “La nostra regola prevede che
tutti i monaci siano presenti all’interno della missione per il tocco del
vespro. Pensi che gli sia successo qualcosa per strada?”
“Non lo so... i fratelli sono tutti impegnati a smistare i
medicinali dalle casse. Se non torneranno domattina manderò qualcuno a
controllare.”
“Seccante, molto seccante...per caso hai notizia del tipo dl
selvaggina catturato dai nostri protetti?”
“Purtroppo sono stati vaghi...il loro linguaggio è ancora
molto primitivo, sono sempre agitati,
intimiditi...contavano cinque volte sulle dita dell’albero di vedetta presi
nella rete.”
“Seccante, molto seccante...non sarebbe il caso di andare a
controllare subito?”
“Il vespro è suonato e si sta facendo buio...per precauzione
abbiamo messo i catenacci al portone, poi c’è la questione della lettera
perduta…”
“D’accordo fratello... sono sicuro che farai del tuo meglio
per ritrovarla, se non tornano domattina alle prime luci dell’alba provvedi di
mandare qualcuno, intanto farò subito
rapporto ai nostri superiori, forse la lettera perduta l’hanno trovata loro.”
“Sarebbe veramente un dono di dio. C’è un’altra cosa. Ci
sono grosse mandrie di animali che si stanno radunando lungo il fiume
avvicinandosi alla missione, ce ne sono miliaia, soprattutto elefanti e
rinoceronti e continuano ad arrivarne.”
“È naturale fratello, cercano refrigerio dal caldo.”
“Questo l’ho pensato anch’io... solo che da quando sono qui
non ho mai visto un assembramento simile.”
“Sciocchezze, vedrai che presto se ne andranno. C’è
altro?"
“Per il momento no.”
“Allora torniamo alle nostre preghiere. Chiamami in caso di
novità, a qualsiasi ora. Che il caprone sia crocefisso.”
“Sempre!”
La comunicazione si interrompe e viene ripresa poco dopo le ventitré:
“Pronto, mi senti?” chiede il telegrafista della missione,
con voce agitata.
“Parla fratello, ti ascolto.”
“C’è una nave da guerra dei neri che sta risalendo il fiume,
tra poco saranno qui. “Calmati fratello, staranno ispezionando la zona, è il
loro lavoro, lo sai.”
“Forse…ho appena trovato la lettera perduta, era dietro alle
casse.”
"Passeranno e
tireranno avanti, le leggi ci proteggono, comunque tienimi informato.”
“C’è un altro problema. Gli animali sono aumentati e hanno
circondando la missione, fanno un baccano infernale. I nostri protetti del
villaggio fuori la palizzata sono terrorizzati e chiedono di poter entrare
all’interno.”
“Fratello, sai bene che è impossibile, non sono ancora
completamente civilizzati e potrebbero diventare incontrollabili.”
“Lo so ma se gli animali continuano ad avvicinarsi temo che
lo faranno con la forza.”
“Seccante, molto seccante... cercate di calmarli, usate
parole convincenti.”
“Ci proveremo... e per la nave dei neri?”
“Aspettiamo che
passi... rimaniamo in contatto.”
Un quarto d’ora dopo
la comunicazione riprende:
“Pronto mi senti?”
“Parla fratello.”
“La nave si è
fermata, il capitano chiede di parlare con noi gridando al megafono e fa suonare
le sirene.”
“Che cosa vuole?”
"Non lo so ancora, dobbiamo parlargli?”
“Questa è una violazione dei nostri diritti, avvertirò
subito i superiori per i provvedimenti del caso.”
“Fratello, proprio adesso il capitano ha detto di avere
un’avaria alla nave e chiede soccorso...che facciamo?”
“Attendi alla radio, telefono al padre superiore per un
consiglio.”
“Per un minuto si sentono solo dei zzzzzz di interferenze
poi la voce riprende:
“Mandate un fratello a chiedere cosa vogliono ma non fateli
entrare per nessun motivo, ditegli che la nostra regola lo vieta...sistemate i
sigilli al pontile.”
“Lo abbiamo già fatto...gli animali si avvicinano, elefanti,
rinoceronti, sono miliaia. I nostri protetti sono impazziti dal terrore e
premono al cancello, qualcuno ha già tentato di scalare la palizzata.”
“Usate i sigilli, applicateli con cura.”
“Fratello, abbiamo un grave problema. Preoccupati per i
botti al villaggio ed il ritardo dei nostri, temendo che la festa degenerasse,
abbiamo consegnato loro i sigilli.”
“Come, senza interpellarci?”
“E’ stata una normale misura di sicurezza, perdonatemi, non
potevamo prevedere gli sviluppi. Inoltre abbiamo le casse di medicinali nel
ripostiglio, la nave dei neri alla porta sul fiume è una vera sciagura.”
“Non perdere la testa! C’è qui il padre superiore, ti vuole
parlare.”
Nella radio si sente qualche scoppiettio secco misto a
ronzii poi una voce gracchiante di raucedine, scandendo lentamente le parole,
dice: “Figliolo…mi senti?”
“Venerabile padre…”
"Cos’è questa
storia degli animali?”
“Una maledizione del caprone, non saprei spiegare
altrimenti, sono miliaia, arrivano da tutte le parti e premono contro la cinta
esterna, i selvaggi sono terrorizzati, se gli animali continuano ad avvicinarsi
scavalcheranno la palizzata!”
“Hanno i sigilli...tutti?”
“No, solo quelli della prima serie.”
“Fateveli consegnare.”
“Come? Se apriamo il portone non ci sarà modo di
trattenerli.”
“Fratello, mantieni la calma! Le casse di medicinali sono
state smistate?”
“Nel solito modo, il lavoro procede.”
“Fermali... ricaricate la merce delicata del
magazzino...t-u-t-t-a, capito? e tenetevi pronti a partire, quella merce è
troppo importante per noi…nel frattempo cercate di allontanare la nave dei
neri, spiegategli la situazione, convinceteli, guadagnate tempo, ora telefono
al ministro perché dia ordine all’ammiragliato di farli proseguire.”
“Sarà fatto ma se non se ne vanno ed insistono ed i selvaggi
invadono la missione?”
“In tal caso userete il capitolo e farete visitare la nave
dai nostri fratelli salmisti...se la situazione diventasse insostenibile
abbandonate il convento con le casse e risalite il fiume, noi ci affretteremo a
venirvi incontro. Portate la merce delicata, t-u-t-t-a, che non ne vada persa
neppure una briciola.”
“Sarà fatto venerabile padre, darò subito le disposizioni.”
“Mantieni il contatto aperto e tienici aggiornati...che il
caprone sia crocefisso!”
“Sempre!”
La festa dei coccodrilli.
Un problema
matematico da risolvere astutamente un pezzo alla volta mentre una cinquantina di
elefanti si dispone a formare una barriera che ci copra dal mare infuriato di
animali che sommerge la savana...barriti, muggiti, ruggiti si frangono
nell’aria in un uragano di suoni selvaggi,
la terra trema per lo scalpitare degli zoccoli e dei zamponi di elefanti
e rinoceronti.
Protetti dall’oscurità osserviamo la missione.
L’accampamento è in fermento, gli animali circondano il recinto urlando, i
cannibali si sono ammucchiati contro la palizzata interna e ci battono contro
con sassi e bastoni, la maggior parte è assiepata contro il portone, qualcuno
cerca di scalare ma viene ricacciato indietro. Certi sono armati e puntano i
loro fucili contro gli animali senza osare sparare per timore della reazione.
La maggior parte delle donne è inginocchiata, grattano il terreno e poi
lanciano manciate di sabbia contro gli animali e contro se stesse come se
volessero ricoprire la paura.
Lasciamoli crogiolare ancora un po’.
La nave dei neri si è fermata di fronte alla missione ad una
decina di metri dal pontile. I loro fari sono puntati contro la sommità della
palizzata dove un paio di monaci sono apparsi per parlamentare con loro. Il
frastuono degli animali copre le loro parole.
Al pontile sono attraccati quattro grandi barconi, ognuna ha
il posto per sei rematori e lo spazio per altri quattro.
Bisogna trovare il modo di rubarne una da portare ai marinai
per farli tornare alla nave così ci togliamo il pensiero. Chi dorme non piglia
pesci e tanto più ruba barche quindi bisogna darsi una mossa.
“Fu, hai voglia di fare una nuotatina?”
“Se è necessario…” risponde con poca convinzione.
“Spogliati e prendi la fionda, qualche proietto ed un
coltello tagliente.”
“Dove andiamo?”
“Lo vedrai.”
Mentre Fu si toglie la tuta prendiamo l’arco e le frecce ed
entriamo in acqua. Fu ci raggiunge con la fionda negli slip ed il coltello tra
i denti. Ha un bel fisico da culturista, il torace possente, le braccia e le
gambe muscolose.
“Noi che facciamo?” chiede Sci.
“Aspettate qui, guardatevi lo spettacolo, torniamo subito.”
Il fiume è affollato di coccodrilli e ippopotami, c’è
l’imbarazzo della scelta.
Facciamo andare avanti un paio di ippopotami per coprirci ed
afferriamo la coda di un coccodrillo. Chiamiamo Fu: “Stai giù, nuotiamo a pelo
d’acqua, tieniti anche tu alla coda.”
Fu borbotta: “Se non avessi visto coi miei occhi...se l’ha
fatto la scimmia posso farlo anch’io…”
La luna è al centro della notte e splende in tutto il suo
fulgore, un immenso macigno sospeso nel nulla, tra i crateri e le ombre ha
spalancato gli occhi, sembra curiosa.
Il coccodrillo si mette in moto e con pochi guizzi arriviamo
al pontile. Nessuno si è accorto di nulla. Ci nascondiamo sotto le assi della
passerella tenendoci ad un palo.
Il coccodrillo che ci ha portati ed altri vicini si sono
immobilizzati e puntano col muso nel buio fitto sotto i ponteggi sulla linea
del canale collegato alla missione.
“Ci deve essere qualcuno la sotto.” diciamo sottovoce a
Fu, “Fai piano.”
Le barche sono a pochi metri da noi.
Dalla cima della palizzata un monaco sta dicendo: “Siamo
missionari di pace, portiamo la parola ai selvaggi e li educhiamo al lavoro, la
nostra regola vieta l’ingresso all’interno del tempio a chiunque non sia
dell’ordine, non possiamo trasgredire, ci dispiace.”
“È una necessità!” replica il capitano della nave da un
megafono, "abbiamo un’avaria alla
nave, cerchiamo un riparo per la notte, so che è nei vostri statuti soccorrere
i viandanti bisognosi!”
Il missionario ribatte: “Per il caprone
crocefisso!...proseguite o tornate indietro...non vedete quel che succede nella
savana? Gli animali sono impazziti, i nostri protetti hanno paura, non possiamo
far nulla per voi!”
“Volete lasciarci qui fuori con quello che sta succedendo?
Di che vi preoccupate? La vostra palizzata è solida, gli animali non
entreranno, abbiamo il timone bloccato, l’acqua pullula di coccodrilli,
sappiamo che avete una rada all’interno, fateci entrare solo il tempo per la
riparazione, sarete risarciti del disturbo.”
“Quale rada?” Non c’è nessuna rada, non possiamo fare nulla
per voi, chi vi ha raccontato una cosa simile?
“A noi risulta che avete una rada capace di ospitare navi
come la nostra, aiutateci, sarete ben ricompensati!”
“Per il caprone crocefisso!” impreca il monaco
innervosito, “Vi dico che non c’è
nessuna rada, se usate i remi in un paio d’ore potete scendere al mare e
troverete acque più tranquille, andate in pace!”
“Impossibile, senza timone la nave è ingovernabile, non ci
possiamo muovere in alcun modo, avete forse qualcosa da nascondere che non
volete farci entrare?”
Il monaco alza un pugno e sbraita, spruzzando saliva: “Siamo
uomini di pace, non possiamo farvi entrare, le vostre leggi ci garantiscono la
sovranità all’interno delle missioni. Se il timone non funziona come avete
fatto ad arrivare fin qui?”
“Si è appena rotto... altrimenti avremmo tirato diritto.
Stiamo inseguendo due feluche di pirati, le avete viste passare?”
“Da qui non è passato nessuno…”
“La cosa va per le lunghe, i monaci stanno cercando di
guadagnare tempo…” bisbiglio sottovoce a Fu.
“Che aspettiamo?” sussurra lui, “rubiamo la barca ed andiamocene.”
“Potrebbero
vederci... e poi c’è qualcosa la sotto, guarda i coccodrilli come puntano.”
“Chi può essere?”
“Uomini della missione, probabilmente i pirati in agguato,
devono essere parecchi. Facciamo concludere questa recita…carica la fionda, lo
vedi il monaco che sta parlando? Ci saranno cinquanta metri da qui, centragli
il naso ma non fargli troppo male, voglio solo che s’incazzi.”
Fu si sposta cercando un punto dove i piedi toccano il
fondo, carica una biglia di ferro, tende la fionda e tira. Contemporaneamente
una cinquantina di coccodrilli ubbidendo alla volontà della spada si infilano
sotto il pontile nuotando verso l’insidia nascosta nel buio.
Il proietto colpisce il monaco strisciandogli un orecchio.
“Avevo detto sul naso!” bisbiglio.
“Lamentati sempre…”
Il monaco strilla di
dolore portandosi la mano alla testa. Grida in falsetto, con voce atterrita:
“Infami! chi di voi ha osato colpirmi, che siate maledetti!”
“Nessuno di noi ha sparato!” risponde il capitano allarmato.
“Maledetti, mi avete colpito…” continua a sbraitare il
monaco.
I coccodrilli hanno
raggiunto il gruppo nascosto sotto il pontile, si sentono grida e colpi
nell’acqua agitata, poi uno sparo
seguito da un tafferuglio di gente in fuga.
Un coccodrillo ritorna da sotto il pontile stringendo tra le
fauci un uomo con le membra contorte dall’agonia, altri coccodrilli lo seguono
con altrettanti corpi.
Si aprono delle botole sul ponteggio centrale del molo ed
escono precipitosamente decine di individui terrorizzati. I fari della nave li
illuminano. Sono tutti armati di fucili e coltellacci ed hanno il capo cinto
con una fascia nera.
“I pirati!” gridano dalla nave.
“Adesso!” diciamo, sgomitando il fianco di Fu.
Nuotiamo fino alla
prima barca, tranciamo la corda che la tiene legata e la facciamo scivolare giù
per il fiume.
Se fossimo in cima alla palizzata si sentirebbero i due
monaci dire: "Chi ha ordinato ai pirati di uscire?”
“Non so... sono terrorizzati, qualcosa li ha spaventati!”
“Quelli della nave hanno visto, non possiamo permettergli di
andarlo a raccontare!”
Attraverso un telefonino parlano col monaco in sala radio il
quale comunica subito la notizia al
padre superiore di Luxor. Quel che si dicono lo si vedrà dai fatti.
Sulla nave il capitano chiama il marconista e gli dice di
avvertire il comando che i pirati sono nascosti nella missione.
Pochi secondi dopo si accende una sparatoria tra i pirati
ed i neri seguita dalla violenta esplosione di una
cannonata sparata dai monaci da un’apertura nella palizzata.
Il colpo centra in pieno la nave aprendo un grande squarcio
da cui sprigionano fiamme in mezzo alla fiancata, si sentono grida, spari,
imprecazioni. Il ponte centrale è stato spazzato ed è ricoperto di morti e
feriti che gemono.
I pirati stanno attaccando ma a poppa ed a prua molti
marinai neri resistono ancora rispondendo al fuoco e li fanno arretrare,
sparano una salva di cannoni mandando a pezzi la banchina, subito dopo un
secondo spaventoso colpo sparato dal cannone della missione spezza in due la loro nave che inizia ad affondare.
I pirati tornano alla carica, la parte centrale della nave è
ormai completamente sommersa, numerosi corpi di marinai e pirati galleggiano
nell’acqua, i coccodrilli non fanno distinzioni, li afferrano tra le fauci
trasportandoli nel fondo del fiume per divorarli, alcuni sono contesi e
spezzati in più parti in una bagarre di spruzzi e colpi di coda,
La poppa e la prua sono rimaste sollevate ed i neri
superstiti combattono all’ultimo sangue, una salva dai pezzi ancora funzionanti
viene sparata dalla prua e colpisce il cannone della missione aprendo uno
squarcio nella palizzata.
Nel frattempo siamo tornati alla spiaggetta. Stanno tutti
guardando lo spettacolo ad occhi sgranati.
Li ò dice: “Quelli della nave saranno sopraffatti, non
facciamo nulla per aiutarli?"
“Non sono affari nostri.”
rispondiamo, “Li avevo
avvertiti…”
Ci rivolgiamo a Zip e Tazza: “Prendete la barca, andate a
raccogliere gli altri e tornate di
fretta alla nave. Arrivati dite di chiudere bene la grotta e che nessuno esca,
da domani ci sarà molto movimento sul fiume.”
“Voi cosa fate?” chiede Zip.
“Qualche piccolo ritocco per completare l’opera…voi restate
o volete tornare alla nave?” chiediamo a Fu Sci e Li ò.
I tre ci guardano con una luce assassina che brilla negli
occhi e rispondono all‘unisono: “Restiamo!”
“Restiamo anche noi!” esclamano d’impeto Zip e Tazza.”
“No! Bisogna portare in salvo Drago che è ferito e gli altri
marinai. Andate, vi lego un ippopotamo così farete prima!”
“Facciamo a meno!” dicono i due saltando sulla barca, "Siamo buoni rematori ed abbiamo la
corrente a favore, tra un paio d’ore saremo alla nave.”
“Buona fortuna allora...non perdete tempo, alle prime luci
dell’alba arriveranno da tutte le parti per vedere quel che è successo qui e
non ci devono scoprire.”
“Ok Ji, buona fortuna anche a voi. Quando tornerete faremo
una grande festa.”
Impugnano i remi e di buona lena iniziano a scendere il
fiume...son già lontani confusi tra i riverberi della luna che increspano
l‘acqua, filano veloci anche grazie ad un paio di ippopotami che li stanno
spingendo da dietro.
La battaglia
continua.
Sul troncone a poppa della nave hanno smesso di sparare,
sono tutti morti, si vedono i corpi distesi alcuni ancora agonizzanti tra le
fiamme. A prua resistono, sono una decina, hanno messo in azione un piccolo
cannoncino che spara a mitraglia e riescono a tenere indietro i pirati che gli
sparano contro da posizioni diverse. Ad ogni raffica un nero cade, non possano
resistere a lungo.
Anche i pirati sono allo stremo, molti giacciono morti sul
molo, molti tra i superstiti sono feriti.
È passata l’una, gli avvenimenti continuano a succedersi
incalzanti.
La savana è ricoperta di animali, le proboscidi degli
elefanti si agitano come rami di una foresta vivente, i corni dei rinoceronti
vanno su e giù compressi nella calca, grosse mandrie di bufali premono dietro a
loro ed oltre si vedono schiere inquadrate come un esercito di leoni, pantere,
giaguari e altri felini, reparti schierati di iene, battaglioni di sciacalli,
compagnie di gorilla che urlano battendosi i pugni sul petto, ci sono anche
schiere di cannibali seminascoste tra gli alberi al margine della giungla che
battono furiosi sui tam tam ritmando il concerto di barriti e ruggiti e ululati
che si deve sentire fin sulla luna tranquillamente sospesa nella sua orbita a
far luce sullo spettacolo.
I selvaggi sono impazziti, a centinaia si accalcano salendo
gli uni sugli altri contro la robusta palizzata della missione, hanno acceso
fuochi per tener lontani gli animali e nella confusione molte capanne si sono
incendiate, certi sparano per aria, altri cercano di arrampicarsi e scavalcare
il muro ma vengono continuamente respinti.
In cima alla costruzione centrale, sulla cima del tetto a piramide
si intravvede una luce uscire da una finestrella, ogni tanto qualcuno si
affaccia a guardare i tumulti.
Ci siamo rivestiti e riparati dietro il dorso di un grosso
elefante che si è gentilmente coricato per concederci l’appoggio. Sarà un
problema muoversi in mezzo a quella tempesta di bestie senza un’adeguata
cavalcatura.
Sci è stupefatta. “Dici che tutto questo casino è
controllato dalla spada? Come è possibile?” chiede.
“Sì...sto iniziando a capire, la spada è la mia volontà ma
non la mia volontà cosciente... è qualcosa di più, una volontà superiore,
spontanea, collegata all’istinto della natura, dell’intero universo, anche le
stelle...è come se tutti quegli animali fossero parte di un unico grande corpo
universale, è una sensazione grandiosa.”
“Quando lo racconteremo non ci crederà nessuno.” dice Li ò.
Fu aggiunge: “Però che sballo!”
“Muoviamoci ora, altrimenti l’onda ci travolge…che cosa vi
va di cavalcare?”.
“Cosa dovremmo cavalcare?” domanda Li ò, "son tutti bestioni feroci…”
“Per questa volta faranno i bravi... prenderei gli elefanti
ma su quelli ci vanno già tutti, cosa ne dite dei rinoceronti?”
“Sembrano duri, scomodi.” dice Sci.
“Non credo... se ci sediamo sull’incavo del dorso potremmo
tenerci alle pieghe della pelle ed eventualmente alle orecchie...deciso!
montiamo i rinoceronti.”
“Povero me, cosa mi tocca fare... almeno sceglili docili…”
geme Li ò.
Facendoci largo tra una mandria di elefanti raggiungiamo un
gruppo di rinoceronti. Su uno giovane non tanto grande facciamo salire Li ò, su
uno medio col dorso morbido e slanciato Scintilla, Fu ne sceglie uno grosso e
ci monta da solo con un balzo atletico...per noi scegliamo uno enorme che ci
punta contro i grossi corni sbuffando e battendo a terra i zamponi anteriori
come se volesse richiamare l’attenzione.
Puntiamo le mani sul dorso e ci saltiamo sopra. È duro e
massiccio, dobbiamo divaricare al massimo le gambe per stringergli i fianchi e
stare in equilibrio.
Come lo montiamo il rinoceronte fa uno scatto e parte
lanciandosi in un leggero galoppo intorno al branco. Riusciamo a non cadere
tenendoci forte alle sue orecchie. Finita l’esibizione l’animale si arresta
docile e lancia una sonora scoreggia modulandola con veloci passaggi della coda
sull’ano, dev’essere il loro modo di vantarsi.
Ci spostiamo procedendo in fila indiana fino a portarci ad
un centinaio di metri dal cancello del recinto.
Gli animali premono contro i pali urlando e scalpitando, si
impennano battendoci contro i zamponi per schiantarli, i cannibali all’interno
ormai sono cotti a puntino e si buttano a decine contro il portone della
missione cercando di sfondarlo.
Incocchiamo all’arco una freccia incendiaria e la tiriamo
dentro la finestrella sulla punta del tetto. La freccia con un sibilo micidiale
si accende per aria e si infila precisa nell’apertura, l’attimo dopo la punta
del tetto viene scossa da una leggera esplosione e lunghe lingue di fuoco
iniziano ad uscire dalla finestra.
Carichiamo una freccia esplosiva e la tiriamo contro il
cancello della missione.
La freccia centra il bersaglio con un lampo accecante ed un
boato aprendo una breccia fumante, contemporaneamente tutti gli animali nella
savana urlano un unico spaventoso ruggito.
Molti cannibali sono finiti a brandelli nell’esplosione, il
mucchio li calpesta buttandosi contro la breccia, sotto la spinta del terrore
il portone si schianta aprendosi completamente, la fiumana entra inondando il
cortile interno della missione . Il tetto sta ora bruciando da tutte le parti e
le fiamme si levano sempre più alte facendo piovere tutt'intorno cascate di
lapilli incandescenti.
La freccia che ha incendiato il tetto ha interrotto il
contatto con Luxor.
Il monaco ed i due assistenti hanno dapprima cercato di
spegnere l’incendio senza riuscirci poi spinti dalle fiamme sono usciti precipitosamente
dalla sala radio scendendo le scale che portano al terreno. Urlando hanno dato l’allarme
e tutti gli occupanti l’edificio sono usciti incontrando la fiumana appena
entrata.
Nel caos qualche monaco cerca di opporsi all’avanzata dei
cannibali ma viene travolto, gli altri fuggono dirigendosi verso una cinta oltre alla quale c’è una piccola
rada dove sono ormeggiate le due feluche pirata.
Sul molo molti monaci e loro assistenti sono indaffarati a
caricare casse, le ammucchiano sui ponti di una feluca passandosele di mano in
mano. All’esplosione del portone, vista la fiumana entrare, il monaco che
dirige le operazioni ha gridato di accelerare i lavori ed è corso a chiamare i
pirati occupati nella battaglia per farli intervenire contro i cannibali che
avanzano impazziti sotto la pioggia di fuoco che cade dal tetto incendiato.
Dietro la mitragliatrice sulla prua della nave dei neri sono
rimasti solo il primo ufficiale ed un marinaio, sfiniti e insanguinati, con le
munizioni ormai alla fine.
I pirati hanno preparato delle passerelle di legno per
abbordare la nave e saccheggiarla, sono inebriati dal massacro e dal sangue e
ubbidiscono di malavoglia, la maggior parte di loro giace a terra morta, son
rimasti una trentina, molti feriti.
Incitati dalle grida del monaco abbandonano le loro posizioni ed entrano nella
missione. Vengono subito investiti dalla pioggia di fuoco ed alla vista delle
centinaia di cannibali che stanno avanzando invece di opporsi corrono verso le
loro navi.
La situazione precipita, i monaci spaventati smettono di
caricare, abbandonano le ultime casse sul molo e salgono a bordo mollando gli
ormeggi per fuggire. Una feluca ha già raggiunto il portone sul fiume, l’altra
che stava aspettando il monaco a terra viene abbordata dai pirati.
Sull’imbarcazione non c’è più posto, i monaci e gli
assistenti cercano di respingerli, si accende una lotta furiosa all’arma
bianca.
I pirati sono inferiori di numero e spossati dalla battaglia
ma al voltafaccia dei monaci ed alla vista delle casse ammucchiate sul ponte,
alcune delle quali sono aperte e cariche d’oro, vengono presi da una brama
furiosa e si gettano alla carica schiumando sangue dagli occhi.
I monaci sono sopraffatti, in pochi attimi cadono tutti a
terra morti insieme ad una ventina di pirati.
I dieci superstiti si buttano ai posti di manovra per uscire
dalla missione ma proprio in quel momento vengono investiti dai cannibali che
assaltano la nave arrampicandosi da ogni parte. I pirati cercano di opporsi ma
vengono spazzati via a morsi e gettati in acqua dove i coccodrilli li accolgono
festeggiando.
Il monaco che aveva chiamato i pirati è rimasto a terra
assistendo impotente ai fatti, cerca a parole di calmare i cannibali per farsi
consegnare la feluca ma questi sono ormai sordi a qualsiasi predica, in molti
lo afferrano e lo gettano in acqua direttamente in bocca ai coccodrilli.
Libera dagli ormeggi la feluca si è allontanata dal molo ed
ora galleggia al centro della rada con sopra una ventina di cannibali incapaci
di manovrarla.
Qualcuno si butta in acqua cercando di guadagnare la riva e
viene subito preso dai coccodrilli, gli altri si gettano con foga bestiale sui
corpi dei pirati e monaci stesi sul ponte ed a morsi furiosi iniziano a
divorarli.
Quelli a terra, spinti dalle fiamme si ammucchiano spingendo
contro la palizzata verso il fiume, molti si arrampicano e la scavalcano, molti vengono calpestati, altri si accasciano
sfiniti dal terrore rimanendo immobili a tremare.
L’altra feluca, passata la porta ha girato per risalire il
fiume ma ha fatto poca strada. I due neri superstiti gli han puntato contro il
cannoncino sparando tutti i colpi che erano rimasti. La feluca viene colpita in
più punti, procede d’inerzia per un centinaio di metri poi si corica su un
fianco affondando lentamente.
Molti monaci e assistenti si gettano in acqua scomparendo
all’istante nelle fauci dei coccodrilli, gli altri aspettano fin quando la nave
affonda completamente per fare la stessa fine.
Rimane un monaco che ancora resiste arrampicato al pennone
inclinato che sporge dall’acqua, con un salto un coccodrillo lo afferra
trascinandolo sul fondo.
Con uno schianto infernale il tetto dell’edificio crolla,
ora l’incendio divampa nei piani inferiori, da tutte le finestre escono
rombanti fiammate che si allargano spandendosi sulle pareti esterne.
Gli elefanti sfondano i pali del primo recinto ed entrano
nell’accampamento seguiti dai rinoceronti poi tutti insieme si gettano sulle
capanne dei cannibali facendole a pezzi.
La luna imperterrita ha continuato la sua orbita declinando
verso il tramonto, lunghi filamenti nuvolosi argentati dalla sua luce stanno
avanzando velocemente screziando il cielo, il vento è aumentato e soffia
sibilando tra le fiamme accelerando la loro marcia distruttiva.
La strada davanti a noi è libera.
“Facciamo una gara a chi arriva prima alla porta.”
proponiamo.
Senza aspettare risposta lanciamo il rinoceronte alla
carica. Il bestione inizia a correre a grandi balzi facendo ogni volta tremare
il terreno, per mantenere l’equilibrio gli abbiamo afferrato le orecchie e le
stringiamo come sul manubrio di una moto, ad ogni balzo l’animale ci solleva
per aria facendoci poi ricadere di peso sulla groppa, abbiamo l’impressione di
cavalcare una montagna di muscoli d‘acciaio…cerchiamo di sincronizzarci ai suoi
movimenti ma la foga della corsa è così violenta che ogni volta le gambe
mollano la presa, con mille acrobazie riusciamo a raggiungere la porta senza
cadere.
Gli altri ci hanno seguiti, sono distanziati di una decina
di metri uno dall’altro e procedono al
piccolo trotto tenendosi stretti alle orecchie dei rinoceronti. Anche Fu
ad ogni balzo vola sulla groppa facendo acrobazie per rimanere in equilibrio,
Sci si è distesa sul dorso dell’animale e si stringe come può con le gambe e le
braccia, Li ò avendo il rinoceronte più piccolo e più lento ha una migliore
presa con le gambe e si tiene ad un orecchio solo mentre con l’altra mano
stringe la tromba e fa risuonare squillanti ruggiti tigreschi.
Arrivano alla porta e si fermano. Fu viene sgroppato e cade
a terra. Si rialza e con un agile balzo risale sul bestione.
“Uff…” sbuffa, “che
faticata!”
Sci si massaggia il sedere gemendo: “Ho il culo a pezzi!
Com’è duro…”
Li ò non sembra affaticato: “Che bello, lo rifacciamo?”
Il cancello è sfondato sull’inferno della missione. Ci sono
molti bungalow che circondano l’edificio in fiamme, la maggior parte sta
bruciando e gli altri sono arrossati dal fuoco e non tarderanno a incendiarsi.
Lo schema è simile al villaggio nella giungla, l’unica differenza è che al
posto della gabbia dei prigionieri cibo c’è il tempio.
“Di qua non si può passare.” diciamo, “Giriamo intorno alla palizzata ed andiamo a
vedere quel che è successo al fiume.”
“Piano però, senza correre.” implorano insieme Sci e Fu.
"D’accordo.”
Mentre ci allontaniamo al passo gli elefanti si avvicinano
al cancello ed iniziano a sradicare i pali ai lati spingendoli con il corpo o
abbattendoli a calci.
Facendoci largo tra gli animali intenti a distruggere le
capanne raggiungiamo la banchina divisa dal villaggio da un’alta cinta di pali
per la maggior parte abbattuti.
La nave dei neri semi sommersa nel fiume ha i due tronconi
che affiorano ricoperti di morti, molti coccodrilli cercano di arrampicarsi
sulle fiancate e si allungano nel tentativo di afferrarne qualcuno poi ricadono
in acqua battendo le fauci a vuoto, a prua si vede il cannoncino puntato verso
la feluca affondata con un corpo appoggiato sopra che si muove ancora.
Il pontile esterno è sfasciato in più parti dalle cannonate
e ci sono molti corpi di pirati stesi sopra...i coccodrilli si danno da fare,
li afferrano per la testa e li trascinano al fiume dove li abbrancano in gruppo
tirando e ruotando fino a farli a pezzi. Ovunque si vedono fauci spalancate
inghiottire tranci di corpi insanguinati.
Davanti a noi c’è un sentiero che porta alla rada, il
portone è sfondato. Qui il fuoco non è ancora arrivato e possiamo entrare.
Smontiamo è proseguiamo a piedi in un grande hangar ricoperto per tre quarti
da una tettoia che in alcuni punti sta bruciando. Sul pavimento ci sono
numerose grate, certe aperte altre chiuse con dei lucchetti. Oltre si vede il molo che circonda la rada con la feluca superstite che galleggia nel
mezzo circondata da coccodrilli che puntano i cannibali rimasti intrappolati
sopra.
Quelli che si erano ammucchiati contro la palizzata non si
vedono più.
Il fumo è acre e fa bruciare gli occhi e la gola. Andando
verso la feluca passiamo in mezzo alle grate sul terreno. Accendiamo la spada
per illuminarne qualcuna. Sotto ci sono grandi e piccoli magazzini interrati,
certi sono pieni di zanne di elefante, altre di casse imballate, in una molto
vasta sono stipati uno contro l’altro un centinaio di cannibali incatenati che
ululano verso l’apertura.
“Liberiamoli!” esclama Li ò impietosito.
“Ci vai tu a togliergli le catene?" gli chiediamo.
“Inutile levarli di lì per darli in pasto ai coccodrilli. Devono essere schiavi
destinati alle campagne, hanno più probabilità di cavarsela se restano dove
sono. Domani verranno i neri a cercare la loro nave e li troveranno, ci
penseranno loro.
“Poveracci…” mormora Sci,
"Non ho mai visto trattare le bestie così male.”
“l missionari hanno i loro sistemi, la tratta dei cannibali
ed il commercio dell’avorio sono monopolio dello stato africano, quando i neri
scopriranno queste cose sarà un duro colpo per il sistema delle missioni.”
“Figurati!” esclama Fu,
“Quella gente è dappertutto, compreranno il silenzio e insabbieranno ogni prova.”
“Forse…questa volta c’è di mezzo una nave affondata ed il
massacro dell’equipaggio, l’esercito è stato punto, non sarà facile far
dimenticare l’accaduto.”
Fu ci guarda di sbieco e dice: “Tutti quei morti…la politica
è davvero una cosa sporca!”
Ribattiamo pronti: “Sono contento che capisci.”
Continuiamo verso la rada, sul molo d’attracco c’è una
piccola baracca di legno, la porta è aperta. Dentro c’è un tavolo ricoperto di
scartoffie e scaffali alle pareti pieni di documenti, molte carte sono
sparpagliate a terra o ammucchiate dentro scatoloni alla rinfusa.
“I neri si divertiranno a leggere quei fogli, scopriranno
tutti gli altarini.” diciamo.
Sci continua: “Se la
tettoia prende fuoco e l’incendio si propaga tutte quelle carte finiranno in
cenere.”
“Non credo, ” ribattiamo,
“tra poco pioverà.”
“Come fai dirlo?“
Proprio in quel momento si sente un tuono rimbombare
nell’aria ed il cielo si oscura per grossi nuvoloni neri che hanno coperto la
luna. Qualche gocciolone d'acqua inizia a picchiare sopra la tettoia.
“Fu, sei capace di pilotare quella feluca?”
"Ci posso provare... se non ha subito danni gravi e le
batterie sono cariche…che cosa vuoi fare?"
“È quasi l’alba e sono stanco. Potremmo usarla per tornare
alla nave…che cosa c‘è sopra?”
Molte casse sono stipate sul ponte, alcune mandano riverberi
luccicanti riflettendo i bagliori dell’incendio che ancora arde poco lontano.
“Quello è oro!” esclama Li ò.
“Siamo ricchi!” esulta Fu,
"Che aspettiamo? Buttiamoci a nuoto!”
“Aspetta, perchè bagnarci?”
Una ventina di ippopotami entrano nella rada dalla porta
aperta sul fiume e spingono col muso la feluca fino al pontile. I cannibali
saltano a terra e senza curarsi di noi scappano sparpagliandosi in tutte le
direzioni.
Fu sale sulla feluca per primo e rimane a bocca aperta. Fra
le casse ci sono decine di morti con parti del corpo scarnate a morsi. Le
mosche li ricoprono ronzando affamate.
Fu ne scosta uno con il piede e si avvicina ad una cassa aperta sollevando una
manciata di monete d’oro che ricadono tintinnando.
“È proprio oro!” grida. Fa saltare il lucchetto con il
pugnale ad una cassa vicina e la apre: “Anche qui, devono essere tutte piene
d’oro!”
Sul molo ci sono altre quattro casse abbandonate nella fuga,
ne apriamo una, è piena di smeraldi ed altre pietre preziose luccicanti.
Li ò si mette a saltare battendo le mani. “Mai visto tante
ricchezze!” esclama.
Scintilla fa scorrere le mani sui preziosi sospirando di
meraviglia.
“Come siete venali…” diciamo, poi cambiando tono:
“Muoviamoci! Fu, controlla i motori e voi aiutatemi a portare a bordo queste
casse. I morti li butteremo in acqua mentre scendiamo.”
Mentre carichiamo
sentiamo un gemito fare eco al rimbombo di un ennesimo tuono e una
vocina esile gemere: “Aiuto... aiuto...sto soffocando.”
Il suono proviene dalla baracca. Torniamo ad ispezionarla
senza trovare nulla.
“C’è qualcuno?” gridiamo.
La vocina riprende: “Aiuto...sto soffocando...tiratemi
fuori…”
Le parole escono da un buco sotto terra coperto da una grata
al lato della porta. Accendiamo la spada e lo illuminiamo. La fossa è stretta,
profonda un paio di metri e emana un intenso tanfo di orina. Sul fondo,
rannicchiato su se stesso c’è un corpo scosso dalla tosse per il fumo
stagnante. Alza la testa verso la luce ed implora: “Aiuto... tiratemi fuori.”
I capelli sono arruffati ed incrostati di fango ma i
lineamenti sono fini, gli occhi grandi e luminosi, il corpo flessuoso con la
pelle bronzea, è una nera.”
“Stai calma…” le diciamo,
“adesso ti tiro fuori.”
Con un raggio della spada facciamo saltare il lucchetto ed
apriamo la botola.
La ragazza si alza in piedi e ci porge le mani. In un attimo
la facciamo salire.
“Chi sei?” le chiediamo.
“Mi chiamo Africa…” risponde con voce sofferta. Ci guarda,
si guarda intorno, vede l’incendio, sgrana gli occhi dalla sorpresa e continua:
“Non sei dei loro...che cosa è successo?…”
Gli occhi le si riempiono di lacrime, ha un mancamento e
sviene.
Nonostante sia ricoperto di sudiciume e di ferite ha un
corpo magnifico. Forse è la principessa rapita che cercavano i neri.
Sul molo è tornato Fu, porta a bordo la cassa rimasta poi
insieme agli altri si avvicina e dice: “Ho acceso i motori, aspettiamo solo te,
che cosa hai trovato?”
Si blocca alla vista della negra accasciata a terra.
“È ancora viva?” chiede.
“Sì. Aiutatemi a trasportarla sulla feluca.”
“Com’è bella…” mormora Sci osservando le forme flessuose
della ragazza.”
“Com’è ridotta...è ferita da tutte le parti.” continua Li ò.
La solleviamo e la portiamo a bordo adagiandola su uno
spazio libero del ponte. Fu si mette al timone e aziona i motori, la nave esce
dalla rada e si immette sul fiume.
Passiamo a lato della nave dei neri affondata. L’uomo
coricato sul cannoncino alza lentamente la testa e ci fissa con occhi
annebbiati e sofferenti.
Sforzandosi riesce a dire: “Ancora tu, chi sei?”
“Un amico.”
“Amico?…”
Un rigagnolo di sangue gli esce dalla bocca, tossisce e
faticosamente continua: “La nave distrutta, i compagni… tutti morti... perchè?”
È la guerra, rinasceranno... guarda!”
Gli indico la negra svenuta sul ponte illuminandola con la
spada e facciamo cenno a Sci di alzarle la testa.
L’ufficiale sposta lentamente lo sguardo e lo fissa sul
corpo della ragazza.
“È Africa!” esclama,
“è ancora viva?”
“È ridotta male ma sopravvivrà. La sto portando al sicuro e
sarà curata e protetta.”
L’ufficiale rimane con lo sguardo fisso sulla ragazza come
se la bevesse cogli occhi, riesce ancora
a dire: “È viva!” poi dalla bocca gli
esce un fiotto di sangue, il respiro si contrae e con un rantolo soffiato cade
morto sul cannoncino.
La feluca si rimette in moto, ci stacchiamo dalla nave ed
iniziamo a scendere il fiume. Sta piovendo a dirotto ed il cielo è squassato da
lampi e tuoni fragorosi, l’incendio alla missione si sta spegnendo.
Nella penombra dell’alba che si avvicina si vedono gli
elefanti a centinaia che continuano ad accanirsi contro la palizzata metà della
quale è già stata divelta, del villaggio esterno non rimane più nulla.
“Fermiamoci a prendere la canoa, non voglio lasciare
tracce.” diciamo.
Fu accosta la nave. Scendiamo a riva e aiutato da un paio di coccodrilli
trasciniamo la canoa legandola alla fiancata della feluca.
Procediamo per qualche minuto in silenzio, la pioggia si è
calmata, il vento ha smesso di soffiare e dal fiume si sta alzando una nebbia
spessa e umida che lentamente si allarga oltre le sponde.
Liberiamo il ponte dai morti facendoli rotolare in acqua
dove i coccodrilli, sempre numerosi, li fan subito sparire trascinandoli sul
fondo.
Africa ha ripreso conoscenza. la pioggia ha lavato il suo
corpo dalla sporcizia, geme e piagnucola assistita da Sci.
Noi invece ci sediamo un attimo sul bordo della feluca per
riprendere fiato.
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