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Sul fiume.
Proseguiamo per mezzo chilometro senza incontrare ostacoli
seguendo la riva alla nostra destra. Tutto intorno sfavillano i colori della
giungla, dal grigio azzurro dell’acqua luccicante
di sole all‘esplosione di verde della vegetazione mossa di vento e fremiti
animali.
Furfante e Li ò sono truccati con gli occhi da drago,
Scintilla con un sole che si leva sulla fronte ricoprendo di raggi il resto del
viso, noi a bocca di squalo spalancata con i denti acuminati che fanno da
cornice.
Improvviso il grido d’agonia di una bestia azzannata si alza
dal folto zittendo ogni suono e continua scemando fino all’ultimo rantolo. Dopo
qualche secondo dal silenzio spiccano le urla agitate di una scimmia seguite da
quelle di centinaia di altre e a seguito riesplode il concerto animale, pulsa
di vita allungando invisibili tentacoli
verso il cielo.
A quel punto il fiume si allarga formando un piccolo lago,
spingiamo la canoa fuori dalla corrente e facciamo una sosta.
Nella fretta abbiamo improvvisato ed ora bisogna
organizzare.
“Drago ci metterà a pelare patate per un anno.” brontola
Fu, “Questa volta l’abbiamo fatta
grossa.”
“Sei pentito?” gli chiediamo.
“Sì e no...per noi la disciplina è importante e disobbedire
agli ordini è una mancanza grave, però... questa giungla è selvaggia,
magnifica.”
“Ci penseremo poi... Drago mi deve una vita e se non voleva
che lo seguissimo perchè ha lasciato la mappa della zona bene in vista e le
canoe pronte all‘uscita?”
Ci facciamo passare lo zaino da Fu e prendiamo la tromba per
darla a Li ò.
“Questa come funziona?" chiede portandola alla bocca e soffiandoci dentro
dopo aver schiacciato un tasto a caso.
Dalla tromba esce uno squillante chicchirichì da galletto battagliero.
Scoppiamo tutti a ridere. Li ò cambia tasto, soffia e si
sente un cinguettio d’usignolo gorgheggiante.
“Che diavoleria è?" domanda Fu.
“Un’invenzione di Archimede.” Tiriamo fuori il libricino con
le istruzioni e cerchiamo alla voce tigre: “Eccola! Premi il primo tasto e
subito dopo il terzo a metà…soffia forte.”
Li ò esegue. Il ruggito spaventoso e tonante di una tigre
risuona lungo e selvaggio ammutolendo per qualche secondo tutta la giungla.
“La voce della tigre fa sempre effetto. Da adesso ti nomino
trombettiere, ricorda i tasti da premere, questo sarà il nostro segnale di
battaglia, siete d’accordo?”
Sci e Fu, ancora rintronati dal verso, assentono col capo.
“ln questa zona del mondo non ci sono tigri.” dice la
ragazza.
“Adesso c’è.”
Prendiamo la pistola spara aghi. Controlliamo che il
caricatore sia pieno con il colpo in
canna e la diamo a Sci spiegandole come funziona: “Lascia la sicura inserita, gli aghi sono velenosi
ed è meglio non rischiare di ferirci tra noi. La userai solo in caso di
necessità.”
“Ok.” assente osservando l’arma con curiosità.
“Fu, hai portato la fionda?”
“Eccola!” risponde, traendo da una tasca della tuta una
fionda di legno ad ipsilon con un lungo e spesso elastico cilindrico. “Con
questa posso centrare un moschino sulla fronte di un cannibale a cento metri e
farlo secco. Qui ho i proiettili.” Estrae una manciata di bilie metalliche da
un sacchetto pieno e continua: “Se non bastano sassi se ne trovano da tutte le
parti.”
“Qui ce ne sono altre.” diciamo estraendo dallo zaino le
dieci mine elettriche:
"Queste sono per i coccodrilli, me le ha date
Archimede, al contatto con l’acqua sprigionano elettricità, se ci attaccheranno
li faremo ballare.”
Togliamo l’arco e la faretra e li sistemiamo sulla canoa.
“Anche quelli te li ha dati Archimede?" domanda Sci.
"No, questi li ho ricevuti in eredità.”
“Ed a me?” strilla Li ò,
“Mi dai una tromba come arma?”
“Perchè?... secondo te la paura non è un’ arma? Suona
ancora.”
Li ò soffia nella tromba premendo due tasti a caso e si sente
uno zelante beeeeeeh di pecora facendo nuovamente ridere tutti.”
“Il primo ed il terzo tasto a metà!”
Li ò li preme, gonfia le gote e soffia con tutta la sua
forza. Un ruggito terrificante squarcia l’aria. Tutta la giungla tace.
“Sentito? Si cagano tutti sotto quando canta la tigre. Ora
torniamo a risalire il fiume, più avanti la giungla finisce ed inizia la
savana. Arriveremo fin lì e se non troveremo Drago torneremo indietro.”
Fu interviene: “Resta ancora una cosa da chiarire. Chi
comanda la spedizione?"
“Mettiamolo ai voti. Li ò? Sci?"
“Ji!” rispondono insieme.”
“Sentito? La maggioranza ha parlato.”
“Un momento!” esclama Fu ingrugnito, “Sono il più vecchio ed il più forte, se vuoi
provare…”
“È vero…” continuiamo ridendo, “qui sta la sfida. Metteremo a confronto la
tua forza con la mia astuzia e vedremo chi vincerà.”
“Come sarebbe? Pensi che sia scemo?”
“lo sono il tuo scudiero e farò solo quello che dici tu!”
strilla Li ò.
“Ed io anche!” replica Sci facendo una linguaccia a Fu.
“Ho capito…” borbotta Fu,
“siete tutti contro di me...era meglio se stavo sulla nave.”
“Aspetta a dirlo, forse ti divertirai. La forza e l’astuzia
stanno bene insieme da buoni amici, hanno bisogno uno dell’altro, non
dimenticare che ho buttato giù Drago e se avessi morso al punto giusto lo avrei
ucciso.”
“Ma lo hai preso di sorpresa, non se l’aspettava. Credevo
che ti avrebbe fatto a pezzi ed invece…volevo riscattare il suo onore!”
“Forse ha solo rimandato…”
“Che vuoi dire?”
Interviene Sci: “Uffa, quante chiacchiere... andiamo altrimenti
si fa notte.”
“Sì, andiamo.”
Torniamo a risalire il fiume tenendoci ad una distanza di
venti metri dalla riva su un tracciato dove la corrente è meno forte.
Dall’altezza del sole sono quasi le undici, fa caldo. Allontanandoci dalla foce
l'acqua si fa più limpida con un intenso via vai di pesci multicolori che
guizzano sotto ed intorno la canoa, alcuni grossi a forma di siluro nuotano
lenti a qualche metro di profondità.
Gli odori della giungla sono intensi, molti alberi sono
fioriti ed allungano lunghe e sinuose spire profumate che il vento mescola con
le esalazioni del fiume e l’afrore selvatico degli animali.
Percorriamo un chilometro in silenzio ascoltando in
sottofondo i moscerini ronzare tra le orecchie e gli sciaff delle pagaie
nell’acqua. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine.
Il fiume devia di trenta gradi verso sinistra iniziando il
primo tratto della esse. Sulla sponda più lontana della curva, su una
spiaggetta assolata, ci sono una decina di grossi coccodrilli. Al nostro
passaggio alzano tutti la testa, si rizzano sulle corte gambe sbattendo la coda
e due si tuffano nel fiume subito seguiti dagli altri.
"Aiuto!” strilla Li ò, vedendoli avvicinare, “devo suonare la tromba?”
“Aspetta, voglio provare se le invenzioni di Archimede
funzionano.” Togliamo la sicura ad una mina e la passiamo a Fu: “Lanciala
davanti al coccodrillo più vicino.”
Fu la sistema nella fionda e tira guardando il
bersaglio senza prendere la mira.
La mina cade un paio di metri davanti al muso dell’animale e
si accende improvvisamente passando da un colore blu elettrico ad un bianco
accecante.
I due coccodrilli più vicini saltano fuori dall’acqua, per
qualche attimo ci danzano sopra con la coda poi
ricadono sollevando spruzzi giganteschi e in preda a tremori rimangono a
galleggiare intontiti, quelli dietro fanno un rapido dietrofront e ritornano
alla spiaggia.
“Evviva!” strilla Sci.
“Speriamo si passino parola, così ci lasceranno in pace.”
aggiunge Fu e Li ò soffia nella tromba
facendo rimbombare il ruggito della tigre...poi preme due tasti a caso e si sente
un allegro qua qua qua di ochette.
“È davvero divertente questa tromba.” conclude guardandola
ammirato.
Le sponde via via che procediamo si restringono, ora sono ad
una distanza di duecentocinquanta metri.
Immense chiome di alberi cariche di liane penzolanti con scimmie che ci
dondolano sopra o saltano fra i rami strepitando si allungano sopra il fiume
oscurandolo d’ombre che qualche raggio di sole, filtrando dalle foglie, accende
di riflessi scivolando sul pelo dell’acqua.
Un gruppo di ippopotami sonnecchianti ci guarda passare
rimanendo immobile.
"Tiriamo una mina?" chiede Fu.
“Perchè? lasciamoli tranquilli, meglio non sprecarle.”
“È così selvaggio... peccato non ci sia Saetta, si
divertirebbe.” dice Sci.
“Siete molto amiche?” le domandiamo.
“Per forza, in mezzo a questi mangia rane.”
Fu gira la testa e la guarda torvo: “Ricominciamo?”
“A me le rane non piacciono, son tutte ossa.” commenta Li ò.
“Tu sei diverso... devi ancora crescere.” dice Sci.
“Che facevi a Shanghai prima di imbarcarti?” le chiediamo.
“Chi te l’ha detto?”
“Zuzù mi ha raccontato la sua storia.”
“Zuzù... la zucca?” ride Sci, "si è sistemata bene, sempre in chimono,
la chiamano Zucca ma secondo me è una furbacchiona.”
“Intanto ti ha sfamata quando vagabondavi per Shangai.” dice
Fu.
“È vero!” interviene
Li ò, “Zuzù è buona!”
“Bah…ognuno ha le sue storie.” sospira Sci.
“La tua qual’ è? Le chiediamo.
“Vuoi saperla?”
“Sì, racconta.”
“Storie come le mie se ne sentono dappertutto di questi
tempi. Sono nata in Giappone su un’isola dominata da un vulcano che la faceva
tremare tutti i giorni. I miei erano pescatori, avevano cinque barche, dei
primi anni ricordo le albe sul mare quando mi portavano con loro, le reti coi
pesci argentati che guizzavano da tutte le parti, le giostre al parco, gli
spettacoli del teatrino…il nostro era un piccolo villaggio, un gruppo di case
variopinte ed un porticciolo allo sbocco di una valle circondata da colline
ricoperte di ciliegi. In primavera
quando fiorivano era uno spettacolo... a cinque anni mi portarono
all’Aia. Non c’ero mai stata e rimasi sbalordita... fontane da tutte le parti,
padiglioni da favola, laghetti ricoperti di loto, aiole fiorite, c’era un
profumo che faceva venir voglia di volare, bambini che giocavano schiamazzando
nei parchi, negozi, botteghe piene di
arte.
“Parli della Città Gemella?”
“No…la capitale non l’ho mai vista, mi sarebbe piaciuto ma
le cose andarono diversamente... la nostra era una comune cittadina di
provincia.
A scuola ero brava, riuscivo in tutte le materie... beh... in
matematica ero così così e la geografia...che noia imparare a memoria tutti
quei nomi…la mia passione era la danza, la maestra che avevo mi prese a vivere
nella sua casa e tutti i giorni passava
ore a insegnarmi, anche fuori orario quando le mie compagne giocavano, sempre
alla sbarra a provare con lei che contava i passi... diceva che ero un
fenomeno, che mi avrebbero chiamata alla capitale, che avrei vinto tutti i
concorsi, che sarei diventata la prima principessa... finì le elementari con un
punteggio alto ed ero la migliore nella danza, venni ammessa di diritto tra le
novizie del bordello. Ci rimasi un anno, il più bello da che ero nata, sembrava
di vivere in una favola, i costumi sfavillanti, le coreografie, le luci... ma
durò poco.
In città si era formato un partito di bischeri
che seguivano una religione che adorava i morti e odiava i vivi.
Praticavano, almeno a parole, la castità e l’umiltà con preti esaltati dalla testa rasata che li
incitavano continuamente all’odio contro l’arte e gli artisti.
Un giorno i bischeri si radunarono davanti alle porte della
cittadella, combinazione proprio quel giorno i soldati della guardia erano
stati allontanati con la scusa di un’incursione di pirati su un’isola lontana e
non c’era nessuno a difenderci. Gli artisti ed i garzoni delle botteghe
tentarono di opporsi ma fu inutile, non se l’aspettavano ed erano
disorganizzati, ci furono incidenti con morti alle porte, i bischeri riuscirono
a sfondare ed entrarono, con loro
c’erano migliaia di schiavi che erano fuggiti dalle campagne, dovevano aver
preparato ogni cosa da tempo, invasero la cittadella, distrussero e
incendiarono i padiglioni, smontarono le fontane…gli artisti morirono quasi
tutti bruciati nelle loro botteghe, il bordello fu raso al suolo, le bagasce
fatte a pezzi... prima che attaccassero la maestra di danza delle elementari mi
era venuta a prendere e di nascosto, travestite da bischere, eravamo scappate dalla cittadella. Corremmo
al porto mentre alle nostre spalle infuriava l’incendio, le fiamme arrivavano
al cielo, le grida dei feriti erano strazianti... ci imbarcammo su una nave che
stava partendo per la Corea. La maestra conosceva il capitano che ci accolse
con cortesia e ci diede rifugio.”
La interrompiamo per dire: “Non sapevo nulla di queste cose,
nell’Aia da noi i giornali non ne parlavano.”
Interviene Fu: “Questi bischeri stanno distruggendo la
civiltà! Manca un potere centrale, le città sono divise, anche a me è successa
una cosa simile...per fortuna ero già imbarcato.”
"Anche a me…”
dice Li ò, “i porti sono pieni di
bambini cacciati dalle scuole... sembra che ce l’abbiano soprattutto con noi.”
“Non deve essere un caso…” continuiamo, “così interrompono il ciclo delle rinascite.
Sci continua a raccontare e intanto teniamo d’occhio le sponde caso mai qualche
coccodrillo ci scambi per bistecche.”
Sci rimane qualche secondo con gli occhi persi nel ricordo e
riprende: “Dalle voci che si sentono in giro in Giappone solo la capitale
resiste, i pochi rimasti fedeli alla legge invocano Arko, il nostro principe
che si ritirò dal potere prima che iniziassero i disordini, dicono che è ancora
vivo nascosto in un vulcano, ci sono molte leggende che circolano su di lui.”
“Me lo auguro... Drago mi deve portare proprio lì.”
"Veramente? Allora verrò con te, forse siamo ancora in
tempo.”
“Vedremo…adesso continua la storia.”
“Che storia... arrivammo in vista della Corea che fummo
sorpresi da uno tsunami, una tempesta spaventosa, la nave venne sbattuta e
capovolta, non so come mi ritrovai in mare con un salvagente legato intorno
alla vita, le onde mi trascinavano sulla loro furia e poi mi precipitavano
addosso sprofondandomi negli abissi... lottai finchè ebbi forze ed a un certo
punto persi i sensi.”
Fu ridacchiando commenta: “Mmm…per me la esageri un po’.”
“Cosa ne sai?…mi svegliai su una spiaggia in mezzo a gente
che scappava da tutte le parti urlando. Su quella costa della Corea era appena
scoppiato un vulcano, il terreno tremava, si vedevano incendi da tutte le
parti. Vicino a me c’era una bambina che si era fermata per soccorrermi. Mi
teneva alta la tasta spruzzandomi acqua fredda sul viso. Era Saetta, ricordo le
sue prime parole:
“Alzati presto, sta arrivando la lava, scappiamo!”
“Riuscì a mettermi in piedi e Saetta mi trascinò via proprio
mentre un fiume di lava ardente si riversava nel punto dove giacevo svenuta…”
“Ti è ancora andata bene…”
commenta Fu.”
“Spiritoso... pensa alle rane!”
Furfante indica una scimmia in cima ad un albero che dondola
appesa ad un ramo con la coda e dice, sarcastico: “Guarda quella come ti
somiglia.”
Sci scatta: “Polentone! Come ti permetti?”
Interviene Li ò: “Siete davvero ridicoli…forse è proprio per
i vostri stupidi odi che il nostro mondo sta andando in rovina.”
“Venduto…” lo apostrofa Fu,
“da che parte stai?”
Interveniamo: “Basta così. Abbiamo detto tregua fino al
ritorno!”
Segue un attimo di silenzio alla fine del quale Sci chiede:
“Vuoi sentire come finisce la storia?”
senza aspettare risposta continua: “Non so quanto abbiamo corso, avevo i
polmoni che scoppiavano, c’era tanto fumo e piovevano lapilli infocati grossi
come macigni, c’erano case che bruciavano da tutte le parti.
Ci fermammo per riprendere fiato su una spiaggia deserta, il
vulcano era esploso nuovamente e vedevamo un’immensa colata di lava scendere
verso di noi, c’era una barca abbandonata sulla spiaggia, senza remi. La
spingemmo in acqua e ci abbandonammo al mare. La tempesta si era calmata ma le
onde erano ancora alte, ci presero nel loro vortice e ci spinsero al largo
appena in tempo. La lava aveva raggiunto la spiaggia e si riversò in mare
sollevando un nuvolone nero alto chilometri... eravamo finite in una corrente
contraria che ci spinse lontani dalla costa sempre più al largo, ad un certo
punto non la vedemmo più e non avevamo neppure un remo. Ero sfinita, assetata...
Saetta piangeva disperata. Trovai la forza di rincuorarla e rimanemmo
abbracciate fin quando una nave di passaggio ci raccolse e ci portò a Shangai.
Il capitano ci mise a pelare patate per pagare il viaggio e quando arrivammo ci
diede qualche soldo che durò poco. La città era divisa dagli scontri, il cibo
era caro, la fame tanta. Giravamo per le strade chiedendo lavoro ma come noi ce
n’erano centinaia, tutti bambini cacciati dalle rivolte. Incontrammo Li ò che
chiedeva l’elemosina recitando poesie ai passanti. Ci unimmo a lui danzandogli
intorno, qualcuno ci buttò degli spiccioli e così formammo una compagnia e
continuammo insieme…”
“Che tempi, che fame…” aggiunge Li ò.
“Sci continua: “Poi incontrammo Zuzù, aveva soldi ed era
sola, la accettammo nella compagnia, le sue tette attiravano molti spettatori.
Riuscimmo a tirare avanti per un po’ poi…il cibo costava sempre più caro e
mancava anche agli abitanti, compagnie di bambini che offrivano spettacoli
ormai ce n’erano ad ogni angolo di strada, i
soldi di Zuzù erano finiti, i passanti ci insultavano…fu una fortuna
quando vedemmo gli aquiloni ma questo dovrebbe avertelo raccontato lei.“
“Sì…è stata una fortuna anche per me incontrare Drago, ho
visto i miei migliori amici ardere vivi al mio posto, in città i preti non
comandano ancora ma il loro partito è in continua ascesa e c’è una mafia di
assassini che uccide in modo scientifico e mirato. Acqua passata... adesso
siamo qui.”
Le rive del fiume continuano a restringersi, stiamo per
arrivare al secondo tratto della esse, la corrente è leggera e la canoa fila
veloce sull’acqua.
“Da allora non hai più ballato?” chiediamo a Sci.
“Qualche volta... durante gli spettacoli di aquiloni o alle
feste... ma non è la stessa cosa, la danza è un arte e senza gli esempi non si
può crescere.”
“Sulla nave c’è Micia, ho sentito dire che ai suoi tempi è
stata una grande ballerina, lei potrebbe aiutarti.”
“Micia…la Farfalla... lo so, ne ho sentito parlare molto
quand’ero novizia. È stata l’iniziatrice della danza dell’Onda che ora viene
insegnata in tutte le scuole del mondo... almeno quelle che resistono ancora.”
“La danza dell’Onda, in cosa consiste?”
Scintilla rizza la testa sul collo, inizia a dondolarsi
leggermente e sinuosamente col corpo poi aumenta di velocità fino a scrollarsi
facendo roteare le braccia quindi ride e risponde:
“È un’impostazione del corpo che segue il movimento
dell’onda, non solo quella d’acqua ma anche del suono e della luce. Prima di
iniziare il corso, da novizia, mi fecero imparare a memoria una poesia che il
principe aveva scritto per Micia, la maestra diceva che era l’idea della danza.
Aspetta, fammela ricordare... è breve, vuoi sentirla?”
“Sì!” rispondono Li ò e Furfante precedendoci.
Scintilla si fa seria e con voce cantilenante recita:
“Culla d’onda sinuosa
sale
scende alba e tramonto
vento parola brezza d’amore
donna oceano di carne
acqua viva del sogno
fiamma di voluttà.”
Rimane qualche secondo in silenzio e continua: “Subito non
la capivo ma poi, parlandone con la maestra e le altre allieve ne rimasi
ammaliata, mi faceva sentire l’oceano dentro, sulla pelle, dappertutto, la
musica era il vento che mi faceva nascere onda d’acqua per volare al fuoco del
sole passando attraverso la tempesta dei suoni per poi placarmi e tornare
acqua, alba e tramonto…l’hai capita?”
Interviene Fu piccato: “Perchè parli solo al damerino?"
“Chi sarebbe il damerino?... vuoi provare una freccia nel
culo?” gli chiediamo.
Interviene Li ò: "Se bisticciate voi due finiamo ai
pesci…che bella poesia... secondo me alba e tramonto sono oriente e occidente e
l’oceano di carne l’umanità, l’onda delle idee che scorre tra le due rive, è
questo che intende.”
Sci continua: “Il movimento del corpo, di tutto il corpo è
l’onda tra acqua suono e luce, bisogna annullarsi, scorrere nell’onda,
sentirsela dentro, sentire l’accelerazione una metamorfosi progressiva alla
luce, non è facile da spiegare.”
“Ho capito... Micia dice
che le giapponesi dell’onda vedono solo la tempesta e non hanno la
grazia per completare la danza.”
“Per forza, sono
scimmie scatenate!” esclama Fu.
Sci scintillando gli occhi
chiede: “Posso togliere la sicura alla pistola?” rimane un attimo a
pensare e continua: “Forse Micia ha ragione, in Giappone interpretiamo
l’onda in un modo diverso ma non è vero che non abbiamo grazia, potrei
dire lo stesso di lei che è troppo lenta, i cinesi sono tutti polentoni, se non
ci fossimo noi a dargli il fuoco…”
Arriviamo al secondo tratto della esse, il fiume devia di
trenta gradi verso destra, la sua larghezza ora è stabile più o meno sui
duecento metri. L’acqua è profonda e
limpida popolata di pesci che si rincorrono per mangiarsi, la giungla sulle
sponde è fitta, impenetrabile. A tratti si scorgono passaggi tra la
vegetazione, animali che si abbeverano, facoceri, piccoli lupi dalle grandi
orecchie, due pantere... al nostro passaggio tutti ci guardano curiosi poi
scompaiono frettolosamente nel fitto. Incontriamo altri coccodrilli ma nessuno
ci attacca. Gli alberi sono super popolati di scimmie, ci strillano dietro,
certe saltellando di ramo in ramo, altre dondolando appese alla coda, altre
lanciandosi in salti acrobatici, numerosi uccelli variopinti aprono le ali e ci
salutano sbattendole, molti volano via spostandosi nell’interno.
Il sole è quasi sulla verticale, sono le undici passate.
“Sei stanco?” chiede
Fu posando il remo per sgranchirsi le braccia.
“No...e tu?”
“È da mesi che non uso la pagaia, sono fuori allenamento.
Dove hai imparato?”
“A scuola. Fin dal primo anno delle elementari pratichiamo
tutti gli sport, sono i nostri giochi. Prendi quel remo e pagaia, siamo ancora
lontani, ci riposeremo all’arrivo, vuoi perdere la sfida?”
“Ci mancherebbe…” borbotta Fu rimettendosi a pagaiare.
Sulla linea del fiume che seguiamo la corrente è debole, non
si fa una gran fatica e la canoa fila che è un piacere.”
“Cosa c’è nello zainetto che mi hai dato?” chiede Li ò.
“Materiale di pronto soccorso, caso mai qualcuno si
ferisse.”
Scintilla batte una pacca sullo zaino che tiene tra le
gambe.
“Avete fame?” chiede.
Li ò sospira: “Un po’
di appetito ce l’ho…”
Fu continua: Son due ore che remo...mangerei un maiale
intero.
Scintilla ride: “Per te ho portato un barattolo di rane in
carpione.”
Fu senza scomporsi risponde: “Hai fatto bene. A me le rane
piacciono, hanno un sapore molto delicato.”
“Meglio aspettare a far colazione…” diciamo, “tra un’ora e mezza se continuiamo così siamo arrivati. Mangeremo lì.”
Fu protesta: “Comandi sempre tu! E se volessi mangiare
adesso?”
“Mangia, chi te lo impedisce? se non sei capace a dominare
lo stomaco.”
Fu brontola qualcosa tra i denti e continua a remare.
Passiamo un altro gruppo di ippopotami sommersi nell’acqua
vicino alla riva. Ci guardano sventolando le code ma nessuno ci attacca.
“Che paura fanno quei bestioni, brrr…” dice Li ò.
“Non si chiama paura, è emozione.”
“Chiamala come vuoi…”
Porta la tromba alla bocca e squilla un feroce ruggito di
tigre.
Gli ippopotami alzano tutti la testa e rispondono con fischi
e barriti di sfida sollevando spruzzi d’acqua con la coda.
“Sei pazzo?” gli chiediamo.
“Non avevi detto che la tigre spaventa tutti?"
“Sì...ma quelli sono tanti e grossi e nel loro
elemento...meglio lasciarli in pace.”
Per fortuna gli ippopotami rimangono al loro posto, la canoa
si allontana, adesso non si vedono più
Li ò sospira: “Brrr, che pa...emozione…è tutta così la
giungla?”
“Più o meno.”
Li ò riprende il discorso: “La poesia di prima, che
bella...in poche parole è racchiuso tutto l’universo ed il suo movimento,
l’onda. A me piace la poesia, ogni tanto ne compongo, volete sentirne una?”
senza aspettare risposta continua:
“usignolo
m’hai toccato il cuore
adesso tu
canti ed il volo
cerca il
ramo dove posare i sogni
e leggero
tornare alle stelle…”
“Già finita?” chiede Fu.
“Sì...la poesia è un attimo...non servono tante parole.
Sci continua: “Dal ramo alle stelle, mi piace. Quando l’hai
scritta?”
"Adesso, sul momento, mi è venuta così.”
“Non lo sapevo che sei un poeta...è bella…” dice Fu, “ogni tanto capita anche a me di comporne ma
le mie non sono poesie...sono…non lo so che cosa sono, volete sentirne una?”
Senza aspettare risposta recita:
“hai
giocato coi miei occhi
adesso
son perle che rotolano
giù dal mio corpo
e su
per la montagna
verso
le nuvole
e giù
tra la pioggia
una lacrima nel tuo bicchiere
per
l’ultimo brindisi.”
“A me sembra poesia.” dice Li ò.
“Anche a me.” conferma Sci.
“Davvero? Mi fa piacere... tu come la trovi?” ci chiede Fu.
“Interessante... sotto quella montagna di muscoli nascondi
un animo sensibile…forse un po’ triste, andrebbe rallegrato.”
“A me piace così.”
“Anche tu ne scrivi, sei un aspirante poeta.” dice Sci
guardandoci.
“Qualche volta…se incontro una bella ballerina che mi fa
innamorare…il quaderno delle poesie è bruciato nel rogo insieme al passato,
forse ne scriverò ancora…per me la poesia è una sfida, un superamento della
banalità rappresentata dai luoghi comuni espressi dalle parole, dev’essere
originale, unica e non sempre riesco a non ripetermi.”
“Un poeta non scrive mai cose banali.” ribatte Li ò.
“Dipende dal grado di perfezione che pretendi da te stesso,
forse non sono banali per gli altri ma per me sì.”
Interviene Fu: “Non sono d’accordo. Sono sempre gli altri
che decidono se una poesia è bella o no. Che sarebbe una poesia senza nessuno
che l’ascolta?”
“Una cosa è ascoltare ed una cosa è comporre, si tratta di
mestiere, di perfezionamento dell’uso delle parole atte a descrivere poi sempre
le stesse cose, bisogna trovarne di nuove, inventare, creare, crescere.”
“Parli difficile.” commenta Fu.
Sci dice: “Forse c’è un mondo che capiscono solo i poeti e
gli altri non possono entrare. Anche per la danza è così, la mia maestra diceva
che la danza è la poesia del corpo, una continua ricerca del gesto... mi
piacerebbe sentire una tua poesia.”
“Anche a me!” esclamano insieme Fu e Li ò.
“Al momento non saprei... le poesie vecchie le ho
dimenticate e ultimamente non ho avuto il tempo per comporne...dovrei
inventarla sul momento.”
“Son le poesie più belle.” dice Li ò.
“Vuoi vedermi danzare?" domanda Sci.
“Vuol fare il prezioso…”
borbotta Fu.
“Che prezioso? Il
maestro di filosofia del teatro diceva che la poesia è essenza logica
nel cui interno sono rappresentati codici
complessi, sviluppi matematici che si esprimono attraverso parole che
vanno intese come note musicali inserite in un pentagramma ideale. Quando ero
bambino, al bordello, un poeta che mi raccontava le favole disse che la poesia
è il frutto che cresce sull‘albero della
vita e va colto quando è maturo, a quei tempi ne componevo una ogni momento poi
ho cominciato a cercare la perfezione e sono diventate rare, a mettere insieme
quattro versi sdolcinati sono capaci tutti.”
“Quante parole!”
sbotta Fu, “se vuoi dirla bene,
altrimenti parliamo d’altro, se non accetti la sfida…”
"Se la metti così proverò ad improvvisarne una poi però
non lamentarti.
Suona la tromba terrore avanzano i fulmini
furore suona tempesta vento sradica carica
impazza avanti l’esplosione tutti i pezzi
del corpo fango e fuoco l’avventura dei sensi.”
“Non l’ho capita, puoi ripeterla?" dice Fu.
“L’ho già dimenticata.”
Li ò interviene: “Io invece ho capito cosa intendi, non sono
parole, è musica, ritmo, assonanza di
suoni, usi le parole senza badare ai significati…la tempesta dei sensi avanza
nell’illusione... è questo che intendi?”
“Se pare a te.”
Sci, con lo sguardo sognante, dice: "M’hai fatto venir voglia
di danzare sull’esplosione di un vulcano, non si capisce subito, bisogna farla
scorrere…”
“E la mia non ti ha fatto venir voglia di ballare?” chiede
Fu.
“La tua è bella... la sua è un’altra cosa.”
Li ò continua: “Le poesie son tutte belle, è l’espressione
che conta. Nel mondo dovrebbero esistere
solo i poeti e le ballerine, tutto il resto è zavorra inutile.”
“ln tal caso che cosa mangerebbero i poeti e le ballerine?”
commenta lapido Fu.
Scintilla risponde: “Nel mondo ci dovrebbe essere posto per
tutti ma quando manca la poesia rimane solo la terra arida.”
“Come siete drastici…un maestro a teatro diceva che ogni
arte, ogni attività umana ha la sua poesia e che questa è il cibo che nutre la
vita sociale degli uomini.”
“Allora perchè ammazzano gli artisti?” chiede Li ò.
"Questa è politica, un altro discorso. So che il
principe prima di morire disse di lasciare che le cose andassero come
andassero... doveva avere i suoi motivi.”
"Quali motivi?” sbotta Li ò, “Ti sembra giusto che distruggano le cittadelle
dell’arte, che ammazzino gli artisti, che caccino i bambini sulle strade a
chiedere l’elemosina?”
“La realtà è così, forse diversamente le cose sarebbero
andate peggio, quello che sta avvenendo è un fenomeno sociale naturale, un
ciclo dalla nascita alla morte per una successiva rinascita. L’uragano non si
ferma soffiandoci contro, quando scoppia la tempesta bisogna avere la pazienza
di aspettare che si sbolli e finisca, il sereno torna da solo.”
“Dici che è un’esperienza che gli uomini devono vivere?” chiede
Li ò.
“Qualcosa del genere… i preti si sostituiscono agli artisti
e come cibo offrono un caprone sanguinante inchiodato ad una croce...una nuova
era del mondo, vedremo come andrà a finire…”
“Parli bene tu…” continua Fu, “si sente che hai studiato, io a dieci anni
ero già imbarcato, la scuola l’ho fatta sul mare, mi piacerebbe saper parlare
come te.”
“Potremmo scambiarci le esperienze, abbiamo un lungo viaggio
davanti.”
“Ma tu…” continua Fu,
“l’equipaggio dice che sei il principe, quelli come te non se la fanno
con quelli come me.
“Quale principe, dai retta alle voci?...dacci dentro con
quella pagaia.”
Remiamo per un po’ in silenzio, la giungla ci avvolge nella
sua musica selvaggia, mezzogiorno è
passato e stiamo per entrare nell’ultimo tratto della esse, lo passiamo...
Fu dice: “Adesso ho proprio fame, sono tre ore che remiamo
senza fermarci, uno spuntino potremmo farlo.”
“Anch’io ho un po’ di fame.”
geme Li ò puntandosi un dito sullo stomaco.
“Come facciamo? se
smettiamo di remare la corrente ci trascinerà indietro e le rive sono piene di
coccodrilli…”
“Potremmo darvi il cambio.” propone Sci. “So remare.”
“Anch’io.” dice Li ò.
“No, ai remi è meglio che rimaniamo noi. Manca poco, appena
arrivati potrete abbuffarvi quanto volete.”
In quel momento a qualche chilometro di distanza sulla
destra del fiume cominciano a rullare
tam tam frenetici, il suono si sposta allontanandosi nel profondo della giungla
poi ritorna indietro e ricomincia.
“Cannibali!” esclama Fu.
“Devo suonare la tromba?” chiede Li ò.”
“Ssst… state zitti!”
I tam tam continuano a rullare frenetici, i versi della
giungla son passati in sordina, le scimmie sugli alberi si sono immobilizzate
nascondendosi tra i rami.
“Dev’essere successo qualcosa,” diciamo, “ci stiamo avvicinando alla savana, i tam tam iniziavano da laggiù.”
"Ci avranno scoperti?” chiede Sci, con un po’ di
trepidazione nella voce.
“Non credo altrimenti i suoni verrebbero verso di noi...ho
letto un libro sul sistema sociale dei cannibali e qualcosa so, stanno
comunicando col loro villaggio.”
“A me è passata la fame.” dice Fu.
“Anche a me.” dice Li ò.
“Fatevela tornare. Laggiù ci deve essere Drago, è lui che
devono aver scoperto.
Meglio mangiare adesso, chissà quel che troveremo una volta
arrivati.
Misura Amore i passi del tempo
quale fretta quale ora
più lunga del giorno
quando il tam tam rulla nella giungla
ed i cannibali preparano il banchetto.
Scintilla tira fuori del panini dallo zaino e li
distribuisce a Li ò e Furfante mentre noi continuiamo a remare mantenendo la
barca in posizione.
“Cosa c'è dentro?” chiede Fu.
Sci risponde: "Formaggio e prosciutto affumicato. Li ha
preparati Saetta mentre mi truccavo, è l’unica cosa che siamo riuscite a
trovare. In cucina i cuochi erano già al lavoro e nella dispensa c’era troppo
via vai. Ho preso anche una fiasca da cinque litri di te freddo ed una
bottiglia di vino. Saetta voleva venire con noi, se non ha insistito troppo è
perchè stava male, le sono venute le sue cose per la prima volta.”
“Che schifo!” esclama Li ò arricciando il naso.
Furfante addenta il panino e masticando dice: “Cose di
donne...sei venuto da lì…”
Li ò guarda il panino come se fosse cosparso di sangue
mestruale poi ne addenta un pezzetto masticandolo lentamente.
Sci continua: “Le avessi tu...quante storie, anche a Saetta
faceva impressione vedere quel sangue che le colava sulle gambe, l’ho dovuta
confortare, adesso è una donna. A me quando sono venute la prima volta…”
Li ò la interrompe. “Basta, lasciami mangiare in pace…”
Fu ha terminato il panino, beve un bicchiere di te e ne
inizia un altro.
Sci ci guarda. “Tu non mangi?" chiede.
Stacca un pezzo dal suo panino e ci imbocca e andiamo avanti
così, un pezzo per uno.
I tam tam continuano a rullare. Sapere che vicino a noi ci
sono miliaia di cannibali è inquietante. Siamo stati frettolosi? Impulsivi? “La
paura è il pensiero.” diceva un maestro alle elementari, “caccia il pensiero e la paura scompare.”
Ad essere sinceri siamo eccitati, ci sentiamo prossimi alla
sborrata…
Finita la colazione ci concediamo un bicchiere di vino e
riprendiamo a remare di buona lena. Siamo a metà del terzo tratto della esse,
la giungla si sta diradando, tra gli alberi si aprono ampi spazi erbosi dove
vediamo gruppetti di elefanti, un rinoceronte seguito dal suo piccolo, qualche
gazzella immobile con le orecchie tese ai tam tam.
Improvvisamente una leonessa salta fuori da una macchia di
cespugli e si getta su una gazzella abbattendola mentre le altre fuggono in
tutte le direzioni con lunghi salti zigzaganti.
La leonessa, il muso imbrattato di sangue, la bocca ansante,
gli occhi feroci, ci guarda passare tenendo ben salda la preda tra le zampe.
“Buon appetito!” augura Fu. “Chissà che buona dev’essere
quella gazzella.”
“Se troveremo il tempo di andare a caccia ne mangeremo una anche noi.” gli diciamo,
eccitati dalla scena.
“Conti di ammazzare tutti i cannibali?” chiede Li ò.
“Solo se loro cercheranno di ammazzare noi, non sono
cattivi, è la loro natura.”
Improvvisamente i tam tam zittiscono. Dopo qualche secondo
la giungla si rianima riprendendo il concerto.
Sci alza la testa e guarda nella direzione da dove
provenivano i tam tam: “Hanno smesso, che sarà successo?” chiede.
“Chi lo sa?” rispondiamo. “I tam tam sono un allarme ed
indicano al villaggio la direzione da dove proviene il pericolo oppure se hanno
catturato una preda o la preda ha catturato loro.”
“Mi sa che andiamo a cacciarci in un sacco di guai.”
brontola Fu.
Siamo quasi arrivati al confine della giungla con la savana.
Gli alberi si fan sempre più radi.
“Facciamo attenzione
alle rive…” diciamo, “ci devono essere
le canoe di Drago nascoste da qualche parte...anche se ho un brutto
presentimento.”
Prendiamo il binocolo e guardiamo avanti in direzione del
fiume scorrendone le sponde. Lo strumento è potentissimo, penetra ovunque
ingrandendo ogni particolare ma non vediamo nulla.
Un gruppo di zebre si sta abbeverando, al nostro passaggio
scappano verso l’interno cacciando nitriti di disappunto.
“Devo suonare la tromba per avvertirlo?” chiede Li ò.
“Meglio di no, aspettiamo di capire quel che è successo.”
La posizione del sole indica le tredici, posiamo la pagaia e
ci alziamo in piedi per guardare meglio. Puntiamo il binocolo, la esse sta per
essere completata e più avanti il fiume devia leggermente e continua in un
lungo rettilineo sgombro di alberi al fondo del quale si intravvede una grande
costruzione di legno.
“Siamo arrivati…” diciamo. “qui comincia la savana.”
Li ò si guarda intorno e chiede: “Dove sarà Drago? Quando ci
vede ci prenderà a frustate, non gli piace venir disubbidito.”
“Che gli diremo?” Domanda Fu.
“Improvviseremo... le loro canoe non si sono, devono averle
nascoste bene, fermiamoci. Laggiù in
fondo c’è la missione e se anche loro hanno un cannocchiale potrebbero
scoprirci ed allora sì che sarebbe un guaio.”
Ci dirigiamo verso una spiaggetta deserta sulla riva destra
coperta da cespugli e alberi frondosi.
“Speriamo di non trovare leoni.” mormora Li ò.
“Magro come sei non ti guarderebbero neanche.” bisbiglia
sottovoce Sci.
“Teniamo le armi pronte, non si sa mai.” aggiunge Fu
caricando una biglia nella fionda.
La barca continua la sua corsa d’inerzia scivolando
sull’acqua fin quando la prua si arena sulla spiaggia. Saltiamo a riva e mentre
gli altri la tirano su controlliamo i paraggi con l’arco teso ed una freccia
incoccata.
A qualche centinaio di metri in una radura prossima alla
savana ci sono dei bufali che pascolano, si sente il loro afrore pungente
mescolato al vento che soffia dalla loro direzione.
Fu ci raggiunge e stando acquattato chiede: “Che facciamo
adesso?”
“Tu che faresti?”
“Tornerei indietro. Ormai abbiamo visto, che stiamo a fare?”
“Vuoi perdere lo spettacolo?”
“Quale spettacolo?”
“Chi lo sa? È questo il bello.”
Nascondiamo la canoa
tra i cespugli e continuiamo a perlustrare i paraggi cercando tracce di Drago
senza trovarne.
Fa caldo, il vento ha cambiato direzione, ora soffia dalla
giungla, i bufali ci sentono e si allontanano correndo verso la savana.
Il terreno sulla riva è sabbioso con qualche spruzzo d’erba
e numerose fatte di animali più o meno fresche, tutte calpestate.
“Qui non sono passati…si vedrebbero le impronte. Devono aver
attraccato più giù.” biascica Fu sottovoce.
“Probabile, anche loro si saranno tenuti nascosti dalla
missione. Scendiamo un pezzo, se li troviamo bene altrimenti torniamo indietro.
Prima però proviamo le armi, Io vedete
quel ramo?” Indichiamo un ramo secco che sporge dal fogliame di un grosso
albero ad una ventina di metri. “Sci, sparagli un ago.”
Scintilla toglie la
sicura, prende la mira tendendo il braccio e preme il grilletto. Dalla
cerbottana si sente un flop! attutito ed il sibilo dell’ago che esce
velocissimo andando a forare le foglie vicino al bersaglio.
“L’hai mancato!” dice Fu. “Guarda come si fa.”
Raccoglie un sasso levigato da terra, lo carica nella fionda
e tira. “Toc!" fa il sasso
centrando in pieno il ramo.
Imbracciamo l’arco, incocchiamo una freccia con la punta
metallica mirando ad una foglia che copre il bersaglio alla base. La freccia parte con uno svisssh! micidiale e
colpisce il bersaglio esattamente dove volevamo. Però…siamo sorpresi, abbiamo
pratica dell’arma ma non sapevamo di avere una mira così precisa. Tirando
abbiamo avuto l’impressione che la freccia seguisse la nostra volontà, sta
ancora vibrando conficcata al legno.
Facciamo un’altra prova tirando senza mirare ad una piccola
fogliolina tremante di vento sotto al bersaglio. La freccia la centra in pieno.
Guardiamo l’arco stupiti ed intanto iniziamo a capire…
Sci tira nuovamente un ago mancando ancora il ramo. “È
meglio che la usi su bersagli vicini.” dice delusa.
Il fogliame dell’albero inizia ad agitarsi come se ci fosse
qualcuno nascosto. Con un balzo ci
buttiamo tutti e quattro al riparo dietro un cespuglio, le armi tese.
Passa qualche secondo e si sente una voce dire: “Smettetela
di tirare! Scendiamo.”
Subito dopo due marinai di Drago saltano giù dai rami
atterrando elastici sul terreno.
“Che ci fate qui?” Chiede uno di loro, “con quell’ago mi hai sfiorato, volete accopparci?”
“Vi stavamo cercando, non sapevamo che eravate lì.” risponde
Fu ai due che si avvicinano.
Hanno la tuta mimetica
con un lungo coltellaccio che pende dalla cintura ed imbracciano un
fucile.
Noi diciamo: “Siamo
venuti a cercare Drago. Aveva promesso di portarci con lui e allora…”
Il marinaio ci interrompe: “Siete scappati!... lo sentirete
quando torna.”
“Dov’è adesso?” chiediamo.
“Non sappiamo. Sono andati in perlustrazione e ci hanno
lasciati qui a guardia delle canoe... li avete sentiti i tam tam?
“Sapete dove era diretto?”
“Più o meno…laggiù c’è una strada che arriva dalla missione
e continua nella giungla, sul confine c’è un grande albero, è il punto più
vicino e voleva salirci sopra per osservarla meglio e controllare se la strada
era percorsa da mezzi civili. Dovrebbero essere già tornati, aveva detto che
stava via un’ora e ne son già passate due.”
“Dov’è questo albero?”
Il marinaio ci fissa rabbuiandosi: “Quante domande…dovremmo
mettervi agli arresti e legarvi come salami, gli ordini di Drago vanno
rispettati…ma ora siamo preoccupati per lui e non sappiamo che fare, i tam tam
provenivano dalla direzione che ha preso. Mi chiamo Tazza e lui Zip…” dice
indicando il compagno che saluta con un cenno del capo, “l’albero da qui non si vede, bisogna
spostarsi più avanti.”
“Andiamo!”
“Che dirà Drago?”
“Fattelo dire dai tam tam.”
Saliamo sull’albero per recuperare le frecce poi seguiamo i
due uomini camminando quatti al riparo dei cespugli. Arriviamo al confine della
giungla. Oltre la savana si estende in un immenso mare d’erba verde oro
ondeggiato dal vento, c’è qualche tronco
contorto a fare da scoglio e qualche isoletta d’alberi qua e là, lo sfondo
dell’orizzonte è coperto da una nebbia luccicosa di vapori morganici. Sulla
riva dove il fiume curva, ad una decina di chilometri, si vede un grosso casone
circondato da un’alta palizzata. Intorno ci sono delle capanne disposte a
raggera ed un piccolo recinto di capre. A parte queste il luogo appare deserto.
Nella savana si vedono piccoli e grandi branchi di erbivori
muoversi lenti con la testa china a brucare, qualche iena a passo ciondolante
semi sommersa nell’erba, un grosso
branco di elefanti costeggiare la giungla frugando tra il fogliame degli
alberi con le proboscidi, più avanti nel cielo grossi avvoltoi volano in
cerchio gracchiando.
Due giraffe ci passano vicine e proseguono scomparendo tra
la vegetazione.
“La vedi quella strada che parte dalla missione?” ci chiede
Tazza.
“Puntiamo il binocolo, un sentiero di terra battuta largo
quattro metri, ne seguiamo il tracciato fin quando entra nella giungla a tre
chilometri dalla nostra posizione. In quel punto, proprio sotto dove volano gli
uccelli, si alza un albero altissimo con grandi rami protesi verso il cielo
carichi di foglie argentate.
Tazza continua: “Voleva salire su quell’albero per vedere
meglio e scoprire se i cannibali sono in contatto con la missione.”
Controlliamo col binocolo i rami di quell’albero ed i
paraggi intorno senza trovare tracce poi saliamo su una pianta vicina e lo puntiamo
sulla missione.
La palizzata lascia scoperto solo il tetto piramidale della
costruzione, sulla sponda del fiume adiacente c’è una banchina di legno con
quattro barconi ormeggiati, sull’altra
riva la strada continua verso nord ovest in direzione di una catena di montagne
che si intravvede vaga tra i vapori morganici dell’orizzonte.
Davanti al cancello della palizzata sul bordo della strada
notiamo una figura spettrale nera e rattrappita impalata ad una lunga pertica
appuntita. Sembra un grosso scimmione spelato, è troppo lontano per descriverlo
con precisione, il palo gli entra dal culo e gli fuoriesce dal collo
sostenendolo a mezz’altezza in una posizione grottesca.
Torniamo ad osservare l’albero, un uccellaccio si posa su un
ramo per volare subito via gridando, altri si alzano da terra strepitando
allarmati.
In quel momento tre grossi scimmioni neri escono dalla
giungla correndo sul sentiero verso la missione. Procedono a balzi, hanno
la pelle scura incrostata di fango, sono
alti sul metro e settanta, le fattezze del corpo abnormi, le braccia e le gambe
dalla muscolatura possente, il volto semisommerso da lunghi capelli intrecciati
con ossa, il naso largo e schiacciato, la bocca aperta ansante per la corsa con
grossi denti dai canini lunghi e appuntiti
che sporgono dalle labbra.
Collane d’ossa gli
fasciano i fianchi scendendo come un gonnellino che gli copre i
genitali.
Saltiamo giù dall’albero dicendo: “Hanno catturato Drago!”
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