Cap 4 Verso lo stretto.




                                       Siparietto


 

Regista, gridando dentro un megafono: “Dio porco! Cala o non cala quel fondale?”

Assistente: “Un attimo... il nodo non si scioglie... ecco!”

“Cric cric cric…” scende il fondale, mare a perdita d’occhio, è l’alba, un leggero chiarore ad est che aumenta progressivamente riversandosi a marea sulle stelle che fuggono frettolose per far notte altrove.

Regista: “Dio maiale! Azionate quel maledetto ventilatore, fate vento!”

Altro assistente: “Non funziona, è guasto, l’avevo detto ieri di chiamare il tecnico!”

Regista, letteralmente sbraitando dentro il megafono: “Come non funziona? Dio rincagnato! Che fanno quei cazzo di marocchini laggiù? Sempre ad annusarsi il culo! Ingaggiate loro, metteteli a soffiare, fate presto, dio merda!”

L’assistente contratta coi marocchini e poi li mette a soffiare con la bocca dentro un microfono imitando il rumore del vento che subito increspa le onde del fondale arricciandole di spuma.

Regista: “Avanti! Dio scoreggione! Dov’è la nave? Presto! Lo spettacolo inizia.

Gli assistenti aprono una scatola, tirano fuori la nave e la posano sul mare.

Regista: “Pronti?... ciac! Azione!”

 

                      4  Verso lo stretto. 


Ieri notte tra una cosa e l’altra abbiamo fatto tardi poi finalmente se ne sono andati ed abbiamo dormito qualche ora ma siamo già svegli.

L’oblò è aperto, sotto la fiancata si sentono le onde battere sul legno: sciaff... sciaf sciaf sciafff... sciaff sciaff... sciaff…la pallida luce dell’alba entra con l’aria fresca satura di iodio.

"Toc toc!” la porta bussa piano e subito si apre. Fa capolino Li ò: “Sei sveglio?"

“Sì, che vuoi?”

“Stamattina abbiamo la sveglia presto, è meglio che ti sbrighi se vuoi usare il bagno, tu non sai il casino…”

“Che ore sono?”

“Son quasi le sei.”

“Aspetta, vengo subito.”

Prendiamo l’occorrente e seguiamo Li ò.

Il bagno è spazioso, pisciatoi alle pareti con l’acqua corrente, tre lavandini con un grande specchio di fronte, tre cabine per cagare alla turca ed una doccia. Facciamo pipì in un pisciatoio e poi ci avviciniamo al lavandino. Allo specchio  la solita faccia di quattordicenne sguaiato, i capelli crespi come fiamme, gli occhi un poco arrossati. Ci facciamo una boccaccia, intanto Li ò ci posa l’asciugamano sulle spalle e accarezzandone una chiede: "Vuoi che ti aiuti?”

“A far che?”

Lo guardiamo, ha gli occhi languidi ed un leggero tremore gli muove il labbro superiore. Apro il rubinetto della doccia e  ci mettiamo sotto il getto.

“Sì, dai... massaggiami la schiena.”

Mentre l’acqua scorre Li ò ci sfrega la schiena insaponandoci, è piacevole e rilassante ma non c’è tempo per altro, la porta del bagno si apre ed entrano due che si mettono subito a pisciare, poi altri due ed altri ancora, schiamazzi,  baruffe, spugne e saponette che volano, le solite cose... i primi entrati ci guardano sghignazzando e strizzano gli occhi. 

Finiamo la doccia tra gli spintoni e le pacche, usciamo dal bagno e ritorniamo in cabina, sempre tallonati da Li ò che dice: “La colazione è in sala mensa, se vuoi ti accompagno.”

Ha lo sguardo docile di un cagnolino, se avesse la coda scodinzolerebbe.

“Perchè fai queste cose?” gli chiediamo.

“Te l’ho detto, voglio esserti amico.”

“Non è coi servilismi che si fanno gli amici.”

“E cosa devo fare allora?” chiede quasi mettendosi a piangere.

“Su su... quante storie, va bene. Come ci si veste in questa bagnarola?”

Li ò prende una tuta dall’armadio e ce la porge, aspetta che la indossiamo e ci stringe al fianco una fascia bianca. Da tradizione il colore delle fasce indica il grado di abilità nelle arti marziali e la bianca è quella dei principianti.

Nell’Aia, dalla prima elementare in poi, ogni giorno per un’ora ci alleniamo in palestra alla lotta ed al pugilato e sappiamo che in oriente usano discipline diverse altrettanto micidiali. Noi non usiamo fasce, solitamente combattiamo unti d’olio, nudi o con un leggero perizoma.

Adesso una fascia bianca... un maestro a scuola diceva che il modo migliore di imparare le cose è dalla gavetta e l’esperienza ci ha più volte confermato quel saggio insegnamento.

Seguiamo Li ò alla mensa, una spaziosa cabina con lunghi tavoli di legno allineati, quasi tutti occupati. Troviamo un posto e subito arriva Scintilla con un grazioso grembiulino corto e la cuffia messa di sghembo sui capelli legati a crocchia.

Ieri notte prima di andarsene ci si è più volte strusciata addosso facendoci assaggiare la consistenza delle sue tette, è un peperino e ne va orgogliosa.

Ci porge due ciotole e le riempie di te e poi delle ciambelle calde e una tavoletta di cioccolato. “Se ne vuoi ancora chiama…” aggiunge e si allontana sculettando.

“Ti piace?” chiede Li ò con una punta di picca.

“Che ti frega?”

Fatta colazione saliamo sul ponte. I primi raggi di sole forano la notte all’orizzonte sfrecciando sulle onde e sparpagliandosi per aria in un chiarore crescente, una leggera brezza soffia da ovest.

La nave è stata completamente trasformata, teli color mare ricoprono i ponti e le fiancate, un enorme testa di drago con le fauci spalancate ed un corno lungo e aguzzo al posto del naso sporge a prua, sul tetto del castello di comando a  poppa c'è una  coda di scorpione puntata che ruota lentamente, una grande vela triangolare tesa all’albero maestro, anche questa color mare, spinge gonfia di vento.

I marinai sono tutti affacciati al parapetto di babordo ad osservare l‘orizzonte.

“Ci deve essere qualcosa.” dice Li ò,  “andiamo a vedere.”

Appena appena visibile un puntolino scuro all’orizzonte. Li ò si fa schermo con una mano aguzzando gli occhi e dice: "Una nave... speriamo che il capitano l’attacchi…” A quelle parole un brivido scorre nei marinai affacciati.

“Adesso devo andare…” continua Li ò "sono di corvè ed è già tardi... ci rivediamo stasera?”

“Perchè no?” con un impulso improvviso ci bacia una guancia e poi fugge correndo verso il suo incarico.

Drago è sul ponte di comando, osserva con un lungo cannocchiale la nave all’orizzonte. Vicino a lui ci sono due marinai con la fascia nera legata in vita. Li raggiungiamo in tempo per sentire il capitano dire: “Una nave merci del Faraone, da come galleggia dev’essere carica, sembra in avaria, ci sono casse sui ponti…un momento... c’è un’altra nave vicino, più snella, forse i soccorsi…che dite?”

Uno dei marinai, un tipo alto e snello, giovane, con occhi e capelli nerissimi risponde:

“Siamo appena scampati da un pericolo e senz’altro avranno sguinzagliato i loro cani all’inseguimento, sarebbe meglio rinunciare... passato lo stretto le occasioni non mancheranno.”

L’altro, grosso e muscoloso, continua: “Sono d’accordo, perché rischiare?”

“Hmmm…”mormora Drago, l’occhio fisso al cannocchiale,  “è vero... ma ci staranno aspettando allo stretto ed avranno concentrato lì tutte le loro forze... quella nave laggiù  è in avaria, probabilmente stanno trasferendo il carico, devono trasportare dei valori importanti se hanno così urgenza e voi sapete bene come stiamo a soldi, la scorta è ridicola, potremmo tirar su un bel bottino, da riempire le stive e poi allo stretto si vedrà…”

Il marinaio alto ribatte: “Se fosse una trappola?”

“Il mare è largo... faremo attenzione.” risponde Drago.

Posa il cannocchiale e si accorge di noi: “Ci sei anche tu, bene...che ne dici di un bell’arrembaggio per smaltire la colazione?”

“Non ho mai visto un arrembaggio dal vero…il capitano sei tu.”

“È vero, per il fuoco del drago! Ed il capitano dice che l’arrembaggio si farà!”

Si affaccia dal parapetto sul ponte e grida: "Attacchiamo, tutti ai vostri posti.”

In un attimo i marinai si dispongono nelle posizioni di guerra, piccoli cannoncini vengono issati lungo le fiancate ed altri spuntano da aperture sotto gli oblò. Drago avvicina la bocca ad un tubo ricurvo  che sale dal pavimento e dice: “Preparate i  siluri.”

“Entriamo nel castello di comando, un’ampia stanza rotonda percorsa in tutta la sia circonferenza da una spessa vetrata con vista a trecentosessanta gradi sul mare, al centro la ruota del timone con vicino il tubo di comunicazione con la sala macchine, tutto intorno leve, tiranti, pedali e di fronte una grande bussola mobile incavata su un rialzo. Alle pareti sotto la vetrata scaffali con libri e mappe,  strumenti di navigazione, cannocchiali, armi di vario tipo e un mobiletto con bottiglie e bicchieri. Di lato al timone un tavolo tondo con sopra una mappa aperta.

Il soffitto è affrescato con lo schema delle dodici costellazioni con intorno sirene e tritoni sopra scogli che affiorano dalle nuvole, ruota lentamente in senso orario e qualche stella è accesa illuminando la sala.

Drago al  timone fa virare la nave di novanta gradi volgendo la prua a sud verso le imbarcazioni avvistate. Le grandi pale dietro la poppa iniziano a vorticare ed a spingere intanto sorge il sole e la grande vela si tende e gonfia sfrigolando di elettricità.

Drago si accende una pipa, tira un paio di boccate e chiede: “Che cosa sai di nautica?”

“Quel che ho imparato a scuola: le vele captano i raggi solari e li convogliano ad un convertitore magnetico che mediante un processo di rallentamento li trasforma in vapore acqueo. La trasformazione produce l’energia che alimenta le macchine e nello stesso tempo l’acqua per i bisogni della nave.”

“Esatto!” continua Drago,  “questo è il sistema adottato da tutte le marine ma questa nave ha  congegni speciali ed altre sorprese che presto scoprirai.”

Procediamo veloci seguendo una linea leggermente zigzagante, tutto l’equipaggio è immobile accanto ai pezzi, calcolando la velocità tra un quarto d’ora raggiungeremo le due imbarcazioni. Queste si sono fermate e accostate una all’altra.

“Che cosa stanno facendo?” chiede Drago. Passa il timone al suo secondo e prende il cannocchiale per osservare. “Hanno unito le navi, ” commenta,  “forse vogliono sembrare più grandi per farci paura, se credono di... un momento... quelli della grande lasciano la nave e salgono sull’altra, che storia è questa?”

Si attacca al tubo di comunicazione e ordina: “Date energia, aumentate la  velocità. Si sente un ruggito provenire dalle pale dell’elica e la nave si impenna per l’accelerazione, arriviamo ad un miglio dalle imbarcazioni quando la più piccola di queste si stacca ed a tutta velocità fugge  nella direzione opposta alla nostra.

Drago osserva dal cannocchiale: “Scappano! Abbandonano la nave, il carico…” Rimane qualche secondo a pensare digrignando i denti poi di  scatto avvicina la bocca al tubo e grida: “Fermate le macchine! Fermate la nave!”

Con un turbine stridente di fumo e scintille le pale dell’elica si bloccano e iniziano subito a girare al contrario rallentando e fermando la nave a seicento metri dal cargo abbandonato.

“Puzza di trappola, non mi chiamo più Drago se…”

Usciamo all’aperto per osservare meglio. In quel momento la vedetta sull’albero grida: “Navi dietro poppaaaa!”

Alle nostre spalle quattro fregate da ?guerra stanno arrivando veloci convergendo diritte su di noi.

“Fanno le cose in grande…” commenta Drago osservandole col cannocchiale,  una trappola coi fiocchi e ci sono cascato come un bisch…” La parola gli si strozza in gola, in quel preciso momento la nave abbandonata esplode con un fragore d’inferno lanciando miriadi di spezzoni incandescenti che ci investono  spazzando via uomini e cose. Una scheggia ci sfiora l’orecchio sinistro, un’altra trancia di netto la testa del secondo grosso che crolla a terra zampillando sangue dal collo squarciato, un altra colpisce di striscio la testa di Drago abbattendolo  privo di sensi. Tutto il ponte è ricoperto di morti e feriti, gemiti, grida... l’odore del sangue si mescola a quello acre del fumo che si sta sviluppando da piccoli incendi accesi qua e là. Gli illesi si aggirano tra le macerie barcollando intontiti dall’esplosione. La vela è a brandelli, l’albero inclinato, ci sono marinai che salgono dai ponti inferiori e si aggiungono alla confusione, strilli di donne... un disastro.

Le quattro navi da guerra sono ad una decina di miglia e si stanno avvicinando velocemente. Drago è a terra svenuto, l’altro secondo rimasto illeso ci guarda con gli occhi sgranati dal terrore. La situazione è disperata, la ferita all’orecchio sanguina ma non sentiamo dolore, in compenso abbiamo tutti i sensi accesi.

L’esplosione del cargo ha alzato un’enorme nube di fumo velenoso che ora ricopre il mare tutto intorno e sta per inghiottirci.

D’impulso ci gettiamo sul secondo illeso e con due violenti schiaffoni lo facciamo tornare in sé. “C’è un modo di muovere questo rottame?” gli chiediamo.

Quello farfuglia qualche parola a vanvera poi dopo un altro schiaffone ritrova il controllo e risponde: “Sì... se l’elica non è danneggiata ed i motori funzionano…”

“Che aspetti?" Il marinaio prende il tubo di comunicazione sul ponte e grida: “C‘è qualcuno la sotto?”

Si sente una voce di risposta: “Si... cosa è successo?”

“Le domande a dopo! In che stato sono le macchine?”

“Le macchine sono in ordine ma la vela non invia più energia. Comunque ne abbiamo immagazzinata a sufficienza se vogliamo muoverci.”

“Bene, allora azionatele, presto!”

L’elica, trovandosi coperta dal castello di poppa non ha subito danni ed inizia a girare.

“Che facciamo?” ci domanda il secondo.

“Portiamo dentro Drago!”

 Trascinando il capitano rientriamo nel castello. Le navi da guerra sono ormai pericolosamente vicine... Hanno aperto il fuoco e si vedono piccole esplosioni increspare il mare, per fortuna siamo ancora fuori dalla loro portata.

“Ho sentito Drago parlare di siluri, sono pronti?”

"Si, ma…”

“Niente ma!” Indico le navi da guerra. “Laggiù, sparateli tutti!”

Il marinaio passa l’ordine  ed un attimo dopo si apre un portellone sulla linea di galleggiamento a poppa sotto l’elica ed uno dopo l’altro due  lunghi siluri a forma di serpente marino con le teste rialzate escono spinti da piccoli reattori laterali e si dirigono verso le navi lasciando dietro di se una lunga scia fumante.

Spiego al secondo di aggirare la nube di fumo e di portarsi sul lato opposto per nasconderci alla vista delle navi.

“A che servirà?” domanda quello,  “ci prenderanno lo stesso...non abbiamo più siluri, forse Drago saprebbe…”

“Fai quello che ho detto! Devono credere che tentiamo di fuggire, il fumo ci coprirà.

L’uomo guarda l’immensa estensione di fumo ed un lampo gli si accende negli occhi:  “Sì, forse ho capito…ma così l’equipaggio rimarrà intossicato.”

“Le chiusure della nave sono stagne?”

“Certo, per chi ci hai preso?”

 “Bene, inizia la manovra.”

 Mentre la nave aggira la nube corriamo sul ponte e con le mani a megafono  gridiamo all’equipaggio nel caos: “Branco di cani rognosi figli di una scrofa puzzolente, sull’attenti!”

Per riflesso condizionato tutti gli illesi si immobilizzano volgendo  gli sguardi  verso di noi. Continuiamo: “Raccogliete i feriti che non ce la fanno e scendete sotto coperta, chiudete tutti gli oblò e le aperture e qualcuno spenga quei fuochi,  sbrigatevi, pezzi di merda!”

Come burattini mossi da fili di volontà l’equipaggio si scuote e ritrova il controllo, si raccolgono i feriti, molti si rialzano da sè, gli incendi vengono spenti ed in breve la coperta rimane deserta.

Gli inseguitori hanno cessato il tiro contro di noi  concentrandolo sui siluri che gli abbiamo lanciato contro, mentre rientriamo nel castello si sentono due violente esplosioni, una nave è stata colpita in pieno ed ha preso fuoco, le altre rallentano e si allargano  dirigendosi verso i lati della nube dietro la quale ci siamo nascosti.

Ci assicuriamo che tutte le aperture della cabina siano ben chiuse, c’è qualche vetro scheggiato ma niente di rotto, poi facciamo segno al secondo di entrare nella nube e di tornare indietro.

Il marinaio ha capito e con aria complice esegue rapidamente la manovra. Il fumo ci inghiotte proprio mentre le navi nemiche si affacciano sulla scena.

“Si accorgeranno del trucco e torneranno indietro.” dice il piota.

“Sì... intanto perderanno tempo e non ci hanno ancora presi. Vai a tutta velocità,  fuggiamo.

L’uomo grida un ordine al tubo e l’elica accelera vorticosa impennando la nave mentre usciamo dalla nube.

Sorpassiamo la nave colpita ancora in fiamme, ci sono superstiti che galleggiano nuotando o su zattere di fortuna, dall’incendio si sta sviluppando un’altra nube di fumo.

Drago è a terra svenuto. La ferita alla testa è superficiale, gli tiriamo un secchio d’acqua e poi ci buttiamo sopra e lo tempestiamo di schiaffi: “Svegliati scimmione! tirati su porco di un cane!

Drago accelera la respirazione e riprende i sensi. Stropiccia gli occhi, alza la testa e  chiede: “Che è successo? dove siamo?” Si tocca la ferita e poi guarda il sangue che gli macchia le dita, con un salto si rimette in piedi subito padrone di sè.

In poche parole gli raccontiamo quello che è successo.  Drago ascolta attento, nel mentre controlla il mare, guarda la bussola, osserva il ponte vuoto, la vela a brandelli, fa un rapido calcolo mentale e si butta sul tubo gridando:

“Tutti gli uomini  sul ponte, raddrizzate l’albero, sostituite la vela, sistemate i cannoni,  presto!…e passatemi Archimede.”

Dopo qualche secondo una voce con un timbro marcatamente ironico risponde: “Agli ordini!”

Drago dice: “Metti in moto la macchina, bisognerà fare un voletto fra un po‘.”

“Ok capo! Agli ordini!”

La coperta  si ripopola di marinai, l’albero viene raddrizzato e la vela sostituita in un tempo velocissimo, il ponte ripulito, i morti, fortunatamente solo una decina, raccolti ed ammucchiati in un angolo coperti da un telo. In breve la nave è completamente funzionante, a parte un orecchio penzoloni sulla testa del drago che orna la prua danneggiato dall’esplosione ma anche questo viene rimesso a posto.

Le navi inseguitrici, trovando il mare vuoto, han proseguito per qualche miglio e poi si sono fermate. La nube di fumo copriva la nostra fuga e per qualche minuto prezioso per noi i loro capitani si sono consultati, poi han capito che dovevamo per forza essere entrati nella nube ed hanno invertito la rotta, hanno sparato qualche cannonata a vuoto e mentre una entrava a perlustrarne l’interno le altre han perso altri minuti preziosi a scrutare l’orizzonte in tutte le direzioni ed infine,  allargandosi, ci hanno visto uscire dalla nube di fumo provocata dall’esplosione della loro nave  nella direzione opposta a dove ci cercavano e si sono ributtate all’inseguimento.

Drago le vede e sghignazza sardonico: “Ormai non ci prendete più.”

Prende il timone e gira la prua verso ovest. “Oggi ti sei guadagnato i galloni.” ci dice.”

Il secondo superstite aggiunge: “Un capitano nato, ha saputo imporre la sua volontà a tutto l’equipaggio, se avessimo tardato di un solo secondo ci avrebbero presi.” Ci guarda con una punta di invidia negli occhi e si accorge che il nostro orecchio sanguina. “Il battesimo del marinaio!” esclama poi prende l'occorrente da un armadietto e ci pulisce e disinfetta la ferita coprendola con un cerottino.

“Non ci siamo ancora presentati, sono il Bastardo. “Gli dico.”

“Mi chiamo Uncino.” risponde lui, stringendoci la mano, poi passa a curare la ferita del capitano.

“Una trappola ben studiata…” dice Drago perplesso,  “se ci fossimo avvicinati troppo…”

“Sì.” continuiamo,  “abbiamo di fronte un nemico astuto, la prossima volta…”

Drago ci interrompe: “Non ci sarà una prossima volta.”

Un cicalino si mette a vibrare da un piccolo ricevitore sul tavolo. Drago lo prende e lo avvicina all’orecchio: “Si?...tutto bene Micia, poi ti racconto...come?...non ti arrabbiare, è andato tutto bene...ma perchè dici così?...va bene, te lo mando subito.”

Drago posa il ricevitore e ci dice: “Micia ti vuole, vai da lei.”

“Cos’è?…un ordine?”

“Sai come sono le donne.”

“Uffa…va bene.”

Durante tutto questo spazio di tempo il sole, come se nulla fosse, ha continuato il suo giro ed ora splende alto in un cielo tutto blu con qualche nuvoletta dalle forme bizzarre qua e là. Il mare è tranquillo, qualche pesce sale in superficie a guardare la nostra nave filare a tutta velocità e poi si rituffa alle proprie faccende, lo stretto si avvicina...

 
                                  Micia. 

Nell’alcova c’è una luce tenue, tremolante, azzurrognola. Sullo zampillo di una fontanella che sgorga da una conchiglia appoggiata su una piccola colonna di marmo dentro una nicchia nella parete a destra dell’ingresso c’è una piccola ballerina snodata che fa piroette, spaccate, inchini e volee alla musica di un carillon. Una luce dietro la ballerina proietta le sue movenze ingigantite sulla parete di fronte mentre il vetro della nicchia gira aggiungendo evanescenze sfumate ai movimenti dell’ombra.

Micia è seduta su una poltroncina con i piedi adagiati su un cuscino, indossa un chimono di seta disegnato con una trama confusa con molti colori che come alza le braccia per salutarci si apre a ventaglio mostrando due bellissime ali di farfalla.

Dietro di lei c’è una ragazza coi capelli bruni con mèches biondoramate pettinati a caschetto, fini occhi a mandorla, nasino da porcellina e labbra grandi pitturate di rosso sfumato ai bordi.

Indossa un leggero chimono dipinto a fiori di ciliegio con rami dorati e libellule svolazzanti aperto sul petto da dove sporgono i contorni di due grandi tette.

Sta pettinando Micia che ha i capelli sciolti sulle spalle.

“È arrivato il nostro eroe!” strilla con  voce vellutata Micia tenendo le braccia alzate per esibire la farfalla in tutta la sua bellezza.

Pensavamo di trovarla di cattivo umore invece ha gli occhi che brillano ed è vistosamente allegra.

“Una bella emozione” diciamo,  "c’erano quattro navi che arrivavano bombardando e il ponte tutto coperto di morti e feriti e...”

Micia ci interrompe: “Non dire nulla, so già tutto, quella testa matta di Drago ha rischiato di compromettere la missione ma mi sentirà!”

“Adesso ci stanno inseguendo, forse è meglio che torni su.”

"Non ti preoccupare. Questa nave è veloce ed all’occorrenza può fare cose che nessuno crederebbe... ormai sanno che ci stiamo dirigendo allo stretto e ci staranno aspettando là, per almeno tre ore possiamo stare in pace e poi vedrai che Drago se la saprà cavare benissimo anche senza di te.”

“Ma a me interessa, voglio imparare, le mie storie si arricchiranno di idee.”

“Va bene, quando arriveremo allo stretto ti lascerò andare, adesso vieni qui.”

Fa un languido gesto d’invito con la mano, gli occhi e la bocca.

Ci avviciniamo. Micia ci abbraccia baciandoci le labbra e dice: “L’equipaggio non fa che parlare di te, dicono che la tigre è tornata.”

“Chi è questa tigre?"

“La tigre è l’animale più astuto e feroce della giungla." risponde Micia guardandoci negli occhi. Rimane qualche secondo silenziosa e aggiunge:

“Quando il principe mi prese avevo la tua età e lui gli stessi anni che ho adesso... che curiosa combinazione, mi chiedo se... oh! sei macchiato di sangue, ti sei ferito, dove?”

“Un graffio, roba da niente, l’orecchio.”

Lei controlla il cerottino che copre la ferita e mormora: "Un pelo più in là e ti portava via la testa...sei stato fortunato.”

“Cose che capitano.”

"In futuro stai più attento, adesso ti devi cambiare, sei tutto impolverato, ci vuole un bel bagno e poi un massaggio, intanto farò portare una tuta pulita.”

Si rivolge alla ragazza: “Zuzù, accompagnalo in bagno e aiutalo.”

Seguiamo la ragazza nel bagno. Mentre  fa scorrere l’acqua nella vasca e la profuma di sali e schiume ne approfittiamo per sederci sul water e fare i bisogni, nel mentre allunghiamo una mano sotto il chimono di Zuzù e le palpiamo il sedere tondo e bello morbido.

Lei fa uno scatto e ci toglie la mano. “Che fai? Per chi mi hai presa?

“Quante storie…è solo un culo.”

“Tieni giù le mani...sto lavorando…”

Ci guarda di sottecchi e dice: “Non mi piacciono i mocciosi.”

Proprio in quel momento ci esce la cacca e ci concentriamo sull’atto.

“Che odorino…” mormora lei storcendo il naso.

Tiriamo l’acqua e ci sediamo sul bidè per pulirci. Intanto il bagno e pronto. Sfilo la tuta e ci entriamo dentro. Zuzù ci insapona i capelli e poi inizia a sfregarci il corpo con una spugna. Le sue grandi tette di tanto in tanto ci sfiorano, sono molto eccitanti.

“Perchè non ti levi il chimono, cosi lo bagnerai tutto.”

“Non importa, ne ho un altro.”

 “Se entri nel bagno anche tu faremo prima…”

“Smettila!”

Aspettiamo che si avvicini e con un morso le stringiamo una tetta, sempre a morsi le scostiamo il lembo del chimono e poi addentiamo un capezzolo facendocelo scivolare fino in gola. Un capezzolo enorme, come quello di Thema al bordello, forse ancora più grande.

Non ci lascia il tempo di gustarlo. Con tutte e due le mani ci spinge la testa sotto l’acqua e dobbiamo mollare la presa.

Lei si massaggia il capezzolo con la mano e dice: “Che male... volevi mangiarlo? Se  lo fai ancora strillo e chiamo Micia!”

“Uffa…fai la preziosa... va be’,  sarà per un’altra volta.”

Lei continua a guardarci di sottecchi malcelando la sua delusione per la nostra rinuncia.

Ha finito di sfregarci le gambe e adesso ci sta passando la spugna sul cazzo.

“La spugna prude.” le diciamo.

“E tu gratta.” risponde lei.

“Ho detto che prude!”

Lei ci guarda spalancando gli occhi, soffoca una battuta di protesta e inizia ad insaponarlo con le mani, prima timidamente poi con una foga che ce lo fa venire duro come un’incudine.

"Va bene così?"

“Si potrebbe fare meglio…”

 Zuzù sospira interrompendo il massaggio: “Adesso basta, Micia ha detto di lavarti bene, profumarti e poi... chissà, forse continuerà lei.”

“Ma a me piaci tu!"

“Davvero?…” Riprende a massaggiarlo ma si interrompe nuovamente e dice:

"No! Micia mi spedirebbe a pelar patate per un anno. Ma se davvero ti piaccio ci possiamo vedere dopo, le occasioni non mancheranno. Adesso alzati.”

“Uffa!”

Usciamo dalla vasca, ci asciuga con un panno morbido, ci unge d’olio profumato e ci fa indossare un chimono azzurro con un piccolo sole d’oro all’altezza del cuore, si allontana di qualche passo per osservare, torna a ravvivarci i capelli con la mano ed esclama: “Perfetto!”

Rientriamo nell’alcova.

La luce è cambiata, ora è rossiccia, viene da una lampada appesa al soffitto, una boccia con disegni serigrafati che ruota proiettando sulle pareti figure di amorini alati che si rincorrono svolazzando con farfalle ed uccelli dalla lunga coda.

Micia dalla poltroncina fa un gridolino, si lecca le labbra compiaciuta e fa cenno di avvicinarci.

“Ti piace?" chiede, accarezzando un lembo del chimono.

“È la prima volta che ne indosso uno.”

“Questo l’avevo tessuto con le mie mani per il principe ma non ebbe mai occasione di metterlo, ho passato tutta la notte per adattarlo alla tua misura.”

“Parli sempre di lui... dovevi amarlo molto.”

“Sì, era un’altra vita, un altro mondo.”

"Come vi siete conosciuti?”

“Aspetta, mettiamoci comodi e ti racconto tutto.”

Spinge la poltroncina al letto e con movimenti agili e leggeri delle braccia si siede con la schiena appoggiata ai cuscini della spalliera.

“Zuzù, vai al guardaroba e fatti dare una tuta nuova della sua misura. Ritorna fra un po’, non avere fretta.”

“Va bene.“ Zuzù esce.

“Vieni qui…”dice con tono mielato, oggi mi hai salvato la vita... voglio massaggiarti con le mie mani.”

"Come? dove vuoi che mi metta?”

“Qui.” Indica il suo grembo,  “siediti a cavallo delle mie gambe.”

 “Se lo dici tu…”

Con delicatezza ci accovacciamo sulle sue cosce. Restiamo per un po' viso contro viso poi ci apre il chimono e ce lo sfila lasciandoci nudi. Con due dita raccoglie della crema da una boccetta posata sul comodino al suo fianco e comincia a massaggiarci il petto.

“Quattordici anni... però!... sembri già un ometto. Scommetto che in amore sei un ciclone…”

“Mmm... me la cavo...hai detto che mi raccontavi del principe.”

“Ti interessa?… Quanti tempo è passato…non so da dove iniziare, facciamo dall’inizio così saprai anche la mia storia…a dieci anni venni ammessa al noviziato nel bordello della capitale. Tre anni, imparai in fretta, a quattordici partecipai al concorso per la più bella della Cina e lo vinsi, vinsi anche il primo premio per la danza, il canto, il ricamo e la cucina, le sbaragliai tutte, erano centinaia venute da ogni parte…venni così eletta prima principessa, il popolo mi acclamava, fui portata in trionfo per le vie della capitale. In quei giorni il principe era in visita da noi, mi vide e mi prese con sé, semplicemente.

“Lasciasti tutto per seguirlo?”

“Sì, m’ero innamorata al primo sguardo, come se lo conoscessi già e fossi da sempre stata con lui, era bellissimo, regale, magnifico, splendeva come un fuoco tra le stelle…”

“Nessuno protestò?”

“Non so…perché? Ero libera…iniziammo un viaggio in giro per il mondo,  feste, avventure, amore...e poi…”

Rimane in silenzio ed il suo sguardo si annebbia.

“Ho capito, poi…una principessa non dovrebbe farsi spaventare da un nome, poi arrivò Becca... perchè ce l’hai tanto con lei?”

Con voce leggermente roca risponde: "Credevo fosse solo un capriccio invece...lui diceva che il principe è servo della ragion di stato e che il miglior modo di servire è divertendosi...non voglio parlare di lei.”

“Come morì il principe?"

Adesso ci sta massaggiando i fianchi, è davvero piacevole, ha un tocco delicato e sensuale, nascendo in un bordello di tocchi così ne abbiamo già sentiti ma il suo li batte tutti.

Lei continua: "Fu una decisione improvvisa. Eravamo in Giappone, ospiti di Arko nella residenza che si erano costruiti all’interno di un vulcano. Disse che doveva rinascere per seguire le coincidenze del tempo, inoltre voleva provare un’esperienza nuova, a modo suo. Si tuffò nella lava del vulcano, fu un attimo. Nessuno se lo aspettava. In quei giorni mi trascurava per Becca ma non l’odiavo per questo... era… credetti di impazzire. Cercai di gettarmi nella lava dietro a lui ma me lo impedirono, allora corsi alla nave e presi la pozione di veleno che tenevo per il giorno che avessi deciso di rinascere. Rimasi in coma... quando rinvenni avevo perso l’uso delle gambe, volevo ancora morire ma poi casualmente aprii la scatola che conteneva quel veleno e ci trovai dentro un messaggio nascosto nella fodera. Era suo, c'era scritto: - aspettami - ed ora…”

Ci fa sollevare, inizia a massaggiarci l’inguine poi con un gesto improvviso ci addenta il cazzo e guardandolo gli dice: “Sei tornato Bastardo, vediamo come te la cavi questa volta.”

Inizia a massaggiarlo e quello senza farsi pregare ci viene subito più duro di una montagna di incudini saldate insieme.

Bacia la punta poi con la lingua ne segue più volte la lunghezza ed infine lo inghiotte ed inizia a muovere la testa avanti ed indietro stringendolo tra i denti e spazzolandolo con la lingua.”

“Mmm…” gemiamo goduti,  “che bello.”

Micia si accalora, ci stringe le natiche con le mani e ci spinge verso di lei come se insieme al cazzo volesse ingoiarci tutti... lottiamo così per una decina di minuti fin quando le veniamo in bocca. Sentiamo il rumore della sua deglutizione, continua ancora un po’ delicatamente a leccarlo qua e là succhiandosi ogni goccia e poi:

“Cosa ne dici?” chiede.

“È  stato fantastico, peccato che sia su un foglio di carta…”

"Cos‘è?"

“Una nota dell’autore.”

“Non parlare difficile, mi hai salvato la vita ed ho voluto sdebitarmi.”

“In tal caso te la salverò tutti i giorni.”

“Ricomincerei…” ride e poi ci bacia la bocca: “Ne vuoi un altro?” chiede con voce invitante.

In quel momento bussano alla porta. E Zuzù con la tuta di ricambio: “Posso entrare?”

“Zuzù è la tua cameriera?” domandiamo a Micia.

“Sì,  perché… la vuoi?"

“Quel che voglio lo prendo!” ribattiamo mordendole un capezzolo.

Scendiamo dal letto e andiamo incontro a Zuzù per prendere la tuta e rivestirci. Fatta la cosa torniamo da Micia e diciamo: “Finita questa avventura tornerò per studiare gli appunti del principe ed allora ne riparleremo…”

“D’accordo!" Guarda  l’orologio a pendolo su una parete e aggiunge: "Manca poco allo stretto, troveremo un intera flotta ad aspettarci.”

“Come fai ad essere così tranquilla...come faremo?”

 “Lo vedrai... questa è una nave che il principe si tramanda dal primo giorno, rinascita dopo rinascita. Nel tempo sono state fatte sostituzioni alla struttura esterna ma il cuore della nave è rimasto lo stesso da miliaia di anni.”

“Cos’è?”

“Nessuno lo sa…è rinchiuso in una grande scatola di metallo inossidabile impossibile da aprire... il principe conosceva il segreto e forse lo sa anche Archimede che a quella scatola lavora ed è l’unico che la sappia usare. Adesso sta diventando vecchio e dovrà passare il segreto.”

“Sono ansioso di conoscerlo questo Archimede.”

"Credo che interessi anche a lui…aspetta, è ancora presto, avrai fame, ti faccio preparare uno spuntino…”

“No... assaggerei volentieri te ma non voglio perdermi neanche un secondo dello spettacolo, mangerò qualcosa sul ponte. A presto.”

Usciamo. Fuori il cielo si sta rannuvolando, la nave continua la sua corsa con la prua impennata e l’elica che gira vorticosa, lontani tre puntini appena visibili ci inseguono. L’aria intorno alla vela è elettrica, quasi luminosa, l’equipaggio è indaffarato sul ponte a stringere i bulloni dello scafo e c’è un delizioso profumino di pesce fritto e pane appena sfornato che il vento mescola a piacere.

 

Grossi nuvoloni neri gonfiano a sud, altri immensi plumbei carichi di fulmini  spinti da un vento impetuoso arrivano da ovest, un cielo striato di nuvole fitte lunghe e filiformi stagna a nord, l’oriente è ancora sereno ma la tempesta lo sta raggiungendo. Il sole va e viene tra i nuvoloni impazziti, sembra si siano dati convegno sopra le nostre teste per l’ultima battaglia.

“Sta per scoppiare una tempesta.” dice Drago,  “forse è una fortuna, stiamo per arrivare allo stretto.” Annusa l’aria, ci guarda e chiede: “Come sta Micia, che ti ha detto?"

“Stava bene, allegra, molto piacevole.”

“Allegra?... al telefono sembrava una vipera infuriata.”

“Bah? valle a capire le donne…”

Drago ride: “Donne... Micia è qualcosa più di una donna, lei è... Quando aveva la tua età che ballerina, che classe, che grazia... il principe non si stancava mai di guardarla danzare e lei per fargli piacere andava avanti fino a farsi sanguinare i piedi... e lui glieli baciava in estasi!”

"Uffa! Questo principe…non si parla d’altro.”

“Drago ci guarda divertito: “Forse hai ragione... acqua passata. Il profumo che hai addosso mi ha risvegliato il ricordo, te lo ha dato Micia?”

“L’ami molto?”

“Amore... la adoro...come l’adora tutto l’equipaggio ma per lei sono solo un oggetto, una cosa da usare e gettare…pur di starle vicino e servirla farei qualsiasi cosa.”

“Forse le dai troppa importanza…al bordello ne ho viste a dozzine come lei e tutte danzavano divinamente, una più bella dell’altra.”

 Drago ci guarda torvo: “Parli così perchè non la conosci ancora, adesso è vecchia e non può usare le gambe…” rimane qualche secondo a rimuginare e continua: “Il brutto di voi è che ci portate alle stelle solo per usarci e quando non vi serviamo più ci buttate senza pietà.”

"Voi…a chi alludi?”

“Scherzavo, Micia è…mi piacerebbe vederla ancora ballare.”

“Sei sicuro che non possa guarire?”

“L’hanno visitata medici di tutto il mondo, i migliori, metà dei soldi che ho razziato sono finiti nelle loro tasche... tutto inutile, dicono che è una questione di nervi, un blocco traumatico effetto di quel veleno. Hanno provato a prescriverle delle medicine ma lei non ha mai voluto prendere nulla, sembra felice di vivere su una sedia a rotelle.”

“È strano, se veramente è stato il principe a sostituire quel veleno che motivo aveva di azzopparla?”

“Forse non aveva previsto l’effetto…”

“Non credo, se avesse preso il veleno sarebbe morta, lei voleva morire, il principe lo sapeva, quello di Micia doveva essere un attaccamento morboso, fanatico, isterico,  la causa è precedente, doveva essere successo qualcosa è questo qualcosa non doveva essere un caso…”

Drago, con lo sguardo aperto nei ricordi, continua: “Certe volte le scodinzolava dietro come una cagna, assecondava tutti i suoi desideri, gli preparava e portava a letto tutte le donne di cui si incapricciava, altre esplodeva come una furia, spaccava tutto, lo aggrediva mordendolo a sangue…”

“Non intendevo questo. Da bambino, vivendo tra le bagasce ho avuto modo di osservare i comportamenti più assurdi, ce n’erano che sembrano godere nel farsi del male, una forma sublimata di amore negativo, forse il male di Micia, forse è la sua volontà negata che le blocca le gambe, per farsi del male, per punirsi o per rimanere al centro dell’attenzione.”

“Credi che se volesse potrebbe guarire?”

“Si può guarire da un male... ma se il male non esiste? Forse il principe non mise nessuna droga al posto del veleno, forse era solo un innocuo zuccherino, tutto il resto lo ha fatto lei.”

"Drago rimane un attimo pensoso e dice: “Per essere solo un moccioso parli meglio di tutti quei medici che l’hanno visitata, credi di poter fare qualcosa per aiutarla?”

“Chi lo sa?…sono uno scrittore, la psicologia è il mio mestiere, a scuola i maestri dicevano che ho un talento naturale nel vestire il comportamento dei personaggi, l’intuito mi dice che c’è un messaggio nascosto in questa storia da decifrare…Micia è innamorata solo di se stessa, dev’essere questo, Micia e se stessa, una che invecchia e l‘altra…”

“Per il corno del Drago, parli difficile!” esclama Drago urtato dalle parole,  “non è vecchia, sarebbe bello vederla ancora danzare.”

Uncino ci interrompe: “Ci siamo, mancano venti miglia allo stretto.” 

“Bene!” esclama Drago facendosi serio e affilato come una lama. 

Il mare si è messo a bollire sbattuto da un vento che cambia idea ogni momento, la verità sta tra le pieghe dell’assurdo ed agita cavalloni nella furia uno contro l’altro e tutti insieme contro le fiancate della nave che va su e giù inghiottita e risputata dalle onde, onde impazzite d’energia da scaricare,  scaricare… Il cielo è tutto coperto, nero, plumbeo, lampi apocalittici squarciano l’orizzonte esplodendo in boati che rimbombano all’infinito come la lunga serie di scatole da aprire. Sui lati si iniziano ad intravvedere le linee confuse della costa stringersi ad imbuto verso ovest.

Dopo un lampo che si ramifica in ogni direzione seguito da un tuono assordante il mare si calma improvvisamente, davanti a noi si vedono chiaramente le sagome di numerose navi da guerra che ci bloccano la strada, dietro le tre navi inseguitrici si stanno avvicinando, a loro se ne stanno aggiungendo altre, ci stanno chiudendo in una morsa inesorabile.

“Motori al minimo, fermate la nave... i cannoni sono puntati?” domanda Drago all’imboccatura del tubo.”

“Sì capo, tutto pronto.”

 “Passami Archimede!”

 “Agli ordini!”

 “Al fuoco conta uno e alza! Mi raccomando, tutto dipende da te.”

 “Conto uno e alzo! Agli ordini capo!”

 “Bene, issate la bandiera bianca, state pronti.”

 “Come sarebbe la bandiera bianca?" domandiamo sorpresi da quell’ordine.

“Eh eh eh…” sghignazza Drago, stai tranquillo, è solo una finta, un giochetto che ho visto fare una volta al principe, sono certo che ti piacerà, impara…”

“Staremo a vedere.” mormoro poco convinto.

 Lo stretto separa il mare interno dall’oceano, quel che oggi sono le colonne d’Ercole. È largo circa cinque chilometri, completamente sbarrato da una flotta di navi.

La nostra si ferma a circa un miglio dallo sbarramento, la bandiera bianca sventola sull’albero maestro. Quattro incrociatori si staccano dal blocco e ci circondano ad una distanza di duecento metri, due davanti ed una per lato, dietro ci hanno raggiunti le navi inseguitrici che ora sono ferme con tutti i cannoni puntati.

Drago esce sul ponte con un megafono. Da una delle navi di fronte si sente una voce amplificata gridare: "Vi arrendete? Salite tutti sul ponte con le mani alzate,  una sola mossa falsa e affonderemo la nave!”

“Che cosa avete contro di noi? Che abbiamo fatto di male?” grida Drago in risposta.

“Nessuna discussione! Fate come ho detto, avete cinque minuti!”

Drago si avvicina al tubo di comunicazione sul ponte e dice: “Pronti?”

“Sì!”

“Fuoco!”

Con un boato assordante una lunga lingua di fuoco esce dalla bocca del drago a prua andando a colpire la nave da dove proveniva la voce con un’esplosione violentissima, nello stesso tempo tutti i cannoni sparano contro le navi che ci circondano, l’attimo dopo le navi nemiche rispondono al fuoco mentre la nostra si solleva in verticale velocissima verso il cielo.

Non abbiamo il tempo di sorprenderci. Drago si affaccia al parapetto del ponte e scoppia in una risata: “Ah ah ah! Ci sono cascati! Vieni a vedere!”

Sotto si vedono tutte le navi che ci circondavano in preda al fuoco, certe spezzate in più parti, altre stanno affondando con le fiancate completamente squarciate. Rispondendo al fuoco e non trovando più la nostra nave i loro proiettili han continuato la corsa e si sono colpiti a vicenda. Un disastro che il vento della tempesta aumenta spingendo il fuoco e le navi alla deriva verso il blocco davanti allo stretto. Una nave esplode con un boato fragoroso lanciando spezzoni incandescenti, subito dopo ne esplode un’altra vicino a due navi del blocco che prendono fuoco e vanno a scontrarsi con quelle a fianco, altre esplosioni, un disastro!

La nostra nave raggiunge  le nuvole e scompare dentro di esse per riapparire poco dopo nel cielo sereno.

La salita verticale si arresta, tutte le giunture dello scafo gemono stridendo per la tensione.

Sotto di noi un mare di nubi agitate brillanti di sole a perdita d’occhio, bagliori di fulmini, sbuffi di vapori si frangono contro le fiancate.

“Com’è possibile?" domandiamo.

Drago rimane qualche secondo in silenzio incantato dal mare di nuvole e risponde: “Non lo so con precisione... dovresti chiederlo ad Archimede, è lui che aziona la macchina.”

“Lo farò senz’altro... questa nave vola... è incredibile, magnifico!...che emozione... ma la bandiera bianca, tutte quelle navi distrutte...perchè? Potevamo alzarci prima.”

“È  vero.” dice Drago con la voce seria, potevamo alzarci prima ed evitare quel disastro ma vuoi mettere il divertimento?... parleranno per un pezzo di noi.”

“La bandiera bianca però…non è stato leale.”

“Lealtà?... di quale lealtà parli?  Se ci avessero presi saremo finiti tutti impiccati ai loro pennoni, Micia compresa, non si vincono le guerre con la lealtà, il nemico va sempre ingannato diceva il principe, è lui che mi ha insegnato. Diceva anche che i cantieri hanno bisogno di lavoro e che più navi si distruggono più se ne costruiscono, per lui tutto era gioco e nello stesso tempo utile. C’è un’altra cosa che non sai. Questa nave può volare ma non può stare sollevata per più di un’ora altrimenti le giunture rischiano di saltare e lei di disintegrarsi, quindi dovevamo aspettare l’ultimo momento ed ora è meglio che ci muoviamo e in fretta.”

Drago rientra in cabina. Un attimo dopo, annunciato da uno sferragliante cigolio, l’elica si mette a girare e la nave si muove lentamente verso occidente in linea orizzontale rasentando il mare di nuvole  come se ci navigasse sopra. Il sole splende ed il cielo è terso e luminoso, l’aria frizzante, infinita la distesa di vuoto.

L’equipaggio sta salendo in coperta, con movenze posate sistemano delle panche sotto l’albero maestro, da degli astucci tirano fuori strumenti musicali,  violini, violoncelli, contrabbassi, trombe, cornette, tromboni, sax, batterie, tamburi, gran

casse, bonga, piatti, gong ed altri che non abbiamo mai visto prima, i giovani hanno tamburelli, fischietti, nacchere ecc. tra loro vediamo Li ò e Furfante,  ci sono anche Scintilla, Saetta e Micia.

Concerto sopra le nuvole, schitarrata letterale, Drago  siede al pianoforte, il sole alza un raggio, lo fa picchiettare sul leggio invisibile della poesia e dà il via.

Micia con voce da soprano, morbidi toni bassi che salgono gorgheggiando ad un acuto aperto dove Drago con voce da baritono entra con un possente urlo di abbandono, Micia riparte dai bassi ed intorno, mentre la sua voce sale, si intrecciano i tenori in vocalizzi di saliscendi veloci di tre semitoni ogni volta aumentati di uno sul crescere del  soprano, le voci bianche, ognuna la stessa nota modulata con suono diverso, esplodono in un boato da cui si libra l’acuto del soprano, si accendono altre voci femminili scendendo a scia dietro al soprano mentre i tenori improvvisano motivi zigzaganti acuti che Drago, con la sua voce possente riprende per riportare a tonalità più basse dove le voci risalgono allargandosi in giochi di solfeggi... qualche aquila sbuca dalle nuvole e si unisce al coro con grida stridenti, un gong rimbomba grave ed attaccano le percussioni,  rullate lunghe e secche, tam tam a ritmo acceso, tamburi tu tu tum tu tu tum! ogni tanto il colpo pesante della grancassa tra il vibrare chiassoso dei piatti, il ritmo accelera, entrano i violini, una squillante esplosione di gioia, una salita interminabile, le viole ed i violoncelli  intrecciano sinuose melodie contrappuntate, il contrabbasso ricama il tempo, si aggiungono i fiati, le trombe, i tromboni, soffi di note che si scontrano a guizzi d’allegria dei sassofoni ravvivati da altri guizzi delle cornette, il ritmo si fa eccitante, una fontana di musica si alza dal ponte scendendo a cascata verso le nuvole, Scintilla si lancia in una danza sfrenata subito seguita dal corpo di ballo, capriole, volteggi,  giravolte, salti mortali, qualcuno si attacca alle corde che pendono dall’albero e si alza in volo intorno al getto di note.

Il sole muove il suo raggio da maestro, nessuna partitura, pura improvvisazione,  molti  han posato gli strumenti e si sono aggiunti alla danza, solo le percussioni continuano incessanti, i corpi si liberano sciolti, scatenati... Scintilla sembra avere  una luce che la segue ed ovunque si muove splende.

Micia la sta guardando ammirata accarezzandosi le gambe immobili. Le andiamo vicino e le prendiamo una mano.

“Alzati, balla anche tu.” Le sussurriamo.

“Lei ha un sussulto, per un attimo le sue gambe sembrano rispondere poi si rilassano nuovamente. Ride e batte le mani seguendo il ritmo poi strilla un acuto  diritto al sole e lo osserva  volare fin quando arriva.

Le danze vanno avanti per un po’ mentre la nave continua a navigare sopra le nuvole poi il sole ritira la sua bacchetta, fa un inchino al pubblico e torna a splendere come prima.

I musicisti  ripongono gli strumenti, qualcuno balla ancora tamburellando coi piedi sulle assi del ponte, un sassofonista si lancia in un ultimo assolo ad ali aperte che fa il giro della nave ed infine ognuno torna alle sue faccende.

Scintilla sola balla ancora come in preda ad un raptus irrefrenabile,  completamente assorta nei movimenti del corpo...uno spettacolo... si accorge che la guardiamo e si blocca di colpo, ride poi scappa correndo insieme a Saetta  scomparendo dentro un boccaporto.

Le nuvole sotto di noi si sono diradate lasciando aperti ampi squarci da dove si vede il mare increspato di spuma.

Entriamo nella cabina di comando. Drago gira il timone e fa virare la nave verso sudest. “Tra un po’ dovremo scendere.” dice,  “Dopo quel che è successo ci daranno la caccia per tutti i mari, adesso si staranno leccando le ferite, sarà bene trovare un rifugio sicuro ed aspettare che le acque si calmino.”

“Che intenzioni hai?” gli chiediamo.

"Conosco un posto laggiù…" indica un punto lontano nell’entroterra del continente che sta apparendo all‘orizzonte,  “bisogna risalire un fiume  in mezzo ad una giungla selvaggia, seguire un piccolo affluente fino ad un lago circondato da montagne inaccessibili dove c’è una grande caverna dentro la quale si può nascondere la nave. Ci andavamo spesso quando il principe si divertiva a fare il pirata per contare il malloppo e spartirlo, è un posto sicuro, l’unico problema  è che è pieno di cannibali feroci e bisognerà fare attenzione.”

“Che bello, non ho mai visto un cannibale da vicino!…”

La nave continua il suo volo per una decina di minuti poi si sente una campana d’allarme tintinnare sui cigolii delle giunture che si stan facendo preoccupanti e Drago dà ordine di ammarare.

La nave scende in verticale fino a posarsi sul mare e subito si dirige verso la costa.

 

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